«Stando in questo governo rischiamo di affossarci». È la prima volta che Salvini prende in considerazione con i suoi l’ipotesi di staccarsi dall’esecutivo Draghi. Ma questa è anche la prima volta che si ritrova a dover gestire una sconfitta bruciante. Si aggrappa al risultato dei piccoli comuni, al fatto che «il centrodestra esce da questo tornata elettorale con più sindaci», dà la colpa ad una campagna elettorale «surreale», tutta tesa a rincorrere «fascisti che sono solo sui libri di scuola», se la prende con i giornalisti e con le procure che, a proposito di Arcuri, «rinviano quando si tratta di indagare quelli del centrosinistra mentre con noi vanno a spulciare anche nelle case». Tutte giustificazioni che, a suo dire, al pari di una scelta sbagliata e tardiva dei candidati, hanno allontanato gli elettori dalle urne. Ma il tema dei temi è un altro.
LA DOMANDA
«Che ci stiamo al governo se non possiamo incidere?», l’interrogativo di Matteo. Una parte della Lega la pensa come lui. Non l’ala governista, però. Giorgetti aveva previsto in largo anticipo la sconfitta, ne aveva elencato i motivi. Ma se la tesi “pro sostegno a Draghi” è quella per cui occorrerebbe cavalcare l’operato del governo, piuttosto che mettersi contro, il Capitano ora non fa mistero che non paga sedersi in Consiglio dei ministri e avallare decisioni che vengono prese senza ascoltare le sirene leghiste. E secondo lui non giova neanche a chi – come Giorgetti e Zaia – ha perso in casa propria. Il Doge, per esempio, deve registrare il ko a Conegliano, il ministro dello Sviluppo a Varese dove erano stati celebrati gli Stati generali del partito di via Bellerio.
«Non otteniamo risultati», la consapevolezza dell’ex ministro dell’Interno che da domani attaccherà a testa bassa su reddito di cittadinanza, pensioni e taglio delle tasse.
Per non parlare dell’argomento green pass.
SUL TITANIC
In ogni caso l’ala governista pur non mettendo in discussione la leadership del capitano, non ha intenzione di farsi mettere all’angolo. «Salvini – spiega un esponente di primo piano – non può scaricare colpe. La direzione giusta è quella di assecondare la ripresa economica e di venire incontro alle esigenze delle categorie da sempre nostro punto di riferimento». E se nelle chat c’è chi esulta per le vittorie dei piccoli comuni, il timore di tanti è un altro. «Siamo come sul Titanic – dice un deputato -. Matteo ci deve tirare fuori dalla tempesta».