A Montecitorio, in queste ore dove tutti gli occhi sono rivolti alle vicende della trattativa tosta e dura di Bruxelles, si parla della nascita di un nuovo partito. A cui è stato trovato questo nomignolo informale e maccheronico: la Lega Europa Nord. Di che cosa si tratta? Non c’entra Salvini. C’entra la battaglia sul Recovery Fund. E’ quella che a livello europeo ha partorito una strana alleanza trasversale, una lega molto nordica tra i Paesi non disposti a varare aiuti economici all’Italia e alle altre nazioni del Sud, come la Spagna, particolarmente colpite dal Covid.
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I Frugali insomma hanno creato una variopinta Lega Europa Nord, con dentro il liberale olandese Rutte, il popolare austriaco Kurz e i tre premier socialisti: lo svedese Lofven, Mette Frederiksen per la Danimarca e Sanna Marin la super-trendy giovane guida del governo della Finlandia, quella che è diventata il mito della sinistra italiana - ah quanto è innovativa, uh quanto è brava, ed è pure bella e progressista doc e «siamo tutti Sanna Marin!» - peccato però che la bella statista abbia tradito però tante italo-speranze in lei e sia schierata con quelli che nel Pd, e anche nei 5 stelle, chiamano «i nemici del Belpaese». E insomma, la nuova Lega Europa Nord turba i sonni quaggiù nello Stivale.
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Ma i neo-euro (o neuro) leghisti al seguito di Rutte non sono, come Rutte stesso, dei pasdaran tremendi e vogliosi di affossare noi poveri meridionali. Certo, ci sono anche in alcuni di loro - nell’olandese per esempio - dei sottofondi di pregiudizi di natura antropologico-culturale. Del tipo noi nordici pieni di etica protestante, voi latini e cattolici e papisti gonfi di dissolutezza, tendenti a scialacquare, colpevoli di fare debiti e meritevoli di redenzione (che adesso si chiama «condizionalità», ossia controlli su come spendiamo). E per dire: il Club Med è un nomignolo che dalle parti dei Paesi Bassi e dintorni è stato affibbiato a Italia e Spagna, come se fossimo dei posti capaci al massimo di fare e di ospitare vacanze.
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Però, più concretamente, la Lega Europa Nord nasce trasversalmente sulla base di una comune paura di Rutte e degli altri, compresa la bella Marin: il terrore che i loro governi, debolucci in verità, vengano spazzati via dall’ondata ultra-sovranista che sta imperversando in quei Paesi. «Ognuno ha il suo Salvini», dice Conte di Rutte e in effetti il premier olandese deve vedersela con Wilders, il salvinista fiammingo, che alle elezioni del 2021 potrebbe mandarlo a casa. La socialdemocrazia svendese da questo punto di vista non sta messa moto meglio: arranca, non sa gestire la bomba immigrazione con xenofobia crescente e Lofven sembra sovrastato da problemi più grandi di lui. Tutto vero, a sta di fatto che in queste ore nella sinistra italiana la delusione è forte nel vedere i compagni nordici farci i dispetti. Non sono serviti a nulla quattro giorni di trattative per superare lo sbarramento degli Stati “frugali”, perché questi non mollano.
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E sta servendo a poco la circostanza tutt’altro che trascurabile per cui chi ha nelle mani o segue da vicino la trattativa da parte italiana è un quintetto tutto di sinistra - Conte e il ministro dem Amendola, il commissario europeo Gentiloni più Sassoli come presidente dell’Europarlamento e Gualtieri come super-titolare del super-dicastero delle Finanze - ma i colleghi e compagni delle altre latitudini non s’inteneriscono neppure di fronte a ciò. E stanno rendendo all’Italia assai più difficile rispetto al previsto la trattativa per i fondi di ricostruzione.
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E al Pd masticano amaro di fronte al rischio che, per colpa dei socialisti del Nord, il partito di Zingaretti (ma anche di Sassoli, Amendola e Gualtieri) finisca per non avere una grande arma propagandistica e di consenso per le prossime elezioni regionali a settembre: ovvero un tesoretto grasso e pingue per la patria, ricevuto da Bruxelles.