di Romano Prodi
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Lunedì 20 Luglio 2020, 00:00

Nella maratona di Bruxelles non è stata messa in gioco solo qualche decina di miliardi di aiuti in più o in meno, ma il futuro dell’Unione Europea. È infatti inutile continuare a giocare sulle sfumature quando si ripropone ormai da tempo il vero problema di sostanza: una qualsiasi istituzione politica non può definirsi democratica e, nello stesso tempo, reggersi sulla regola dell’unanimità.

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Con l’unanimità ogni nano si sente un gigante. Nel caso europeo un Paese di poche centinaia di migliaia di abitanti può bloccare il funzionamento di un’istituzione che comprende centinaia di milioni di cittadini.

Come è naturale l’Olanda difende i suoi interessi ed i suoi obiettivi politici. I suoi interessi, da quelli fiscali a quelli commerciali, le permettono di mantenere una posizione privilegiata nei confronti dell’Unione, ma il suo principale obiettivo è quello di costruire un’Europa esclusivamente mercantile e assolutamente estranea ad ogni disegno di unione politica ed economica. Non è una posizione nuova nella tradizione olandese. Voglio solo ricordare che molti decenni fa, quando in caso di decisioni urgenti da prendere a Bruxelles, non potevano arrivare in tempo le istruzioni del governo italiano, vigeva la cosiddetta legge di Fracassi, cioè di votare contro i Paesi Bassi.

Questo perché, nonostante l’istintiva simpatia fra i due popoli, che ancora fortunatamente continua, la concezione italiana dell’Unione Europea è radicalmente diversa da quella olandese. Adesso si aggiunge un fatto nuovo: fino a pochi mesi fa l’Olanda aveva lasciato giocare alla Gran Bretagna il ruolo del poliziotto cattivo mentre ora, di fronte ad una sostanziale alleanza della Commissione Europea con Germania, Francia, Italia e Spagna, è obbligata a esporsi direttamente.

E continuerà a farlo finché la regola dell’unanimità lo permetterà. Naturalmente, data l’esperienza decennale e l’abilità personale del primo ministro Rutte, l’Olanda continuerà a cercare alleati più o meno frugali e, per perseguire i suoi obiettivi, enfatizzerà il giudizio negativo su ogni nostro comportamento ritenuto improprio da parte della sua opinione pubblica, come la proposta di utilizzare i contributi europei per diminuire le tasse, abbassare l’età di pensionamento o distribuire svariati bonus in modo indiscriminato.
È tuttavia evidente che questa contrapposizione non può durare all’infinito ed è importante che la tensione più evidente sia esplosa su un tema di particolare importanza come la necessità di una politica comune di fronte a un evento, come il Covid, che ci vede tutti ugualmente vittime, senza colpa.

È quindi molto importante e positivo che l’Italia abbia sollevato con vigore il problema e abbia combattuto questa battaglia in accordo con tutti i grandi Paesi dell’Unione Europea, ma è altrettanto chiaro che, se non si ridimensiona il ruolo del Consiglio Europeo rispetto a quello della Commissione e del Parlamento e non si supera il voto all’unanimità, l’Unione Europea continuerà ad esaurirsi in mediazioni senza fine e perderà per sempre ogni ruolo nella politica mondiale.

I tre giorni di battaglia nell’ambito del Consiglio Europeo sono l’esempio concreto di un’Europa che, se non ritrova lo spirito dei padri fondatori, è fatalmente destinata a dissolversi, qualsiasi sia il faticoso compromesso che si possa raggiungere sui singoli problemi.
Le grandi decisioni del mondo sono ormai prese in tempi rapidissimi e sono il frutto di istituzioni politiche fornite di poteri definiti e di strutture tecniche adeguate. Il Consiglio Europeo non possiede né le une né le altre.

Queste doverose riflessioni sul futuro dell’Europa non possono tuttavia mettere in secondo piano il totale cambiamento di atmosfera rispetto alla situazione di chiusura di due mesi fa. Alla fine di questi drammatici scontri, infatti, il compromesso sta per essere raggiunto e, qualsiasi sia la decisione che sarà presa tra le varie ipotesi che sono ora in discussione, il nostro Paese potrà fruire di risorse sostanzialmente equivalenti a quelle su cui noi contavamo quando il vertice è cominciato.

La strategia seguita dal nostro governo è stata quindi complessivamente lungimirante e coerente. In una prima fase, alleandosi con Spagna e Francia, ha rotto il nostro precedente isolamento. La tenuta di quest’alleanza ha, in una seconda fase, favorito la sorprendente apertura della politica tedesca che, nel vertice in corso, ha potuto contenere le conseguenze del veto olandese.

Se nella notte non ci saranno sorprese, rispetto al momento in cui scrivo, usciremo quindi con una quantità di risorse europee sufficienti per affrontare in modo adeguato la crisi in corso.

Abbiamo tuttavia di fronte a noi un duplice compito: impiegare queste risorse in modo adeguato e impegnarci nella lunga e difficile battaglia di rendere le istituzioni europee capaci di prendere le decisioni necessarie a garantirci un futuro.

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