«Quello che parla di meno è quello che conta di più», così dicono diversi grillini, riuniti in assemblea congiunta tra deputati e senatori, a proposito di Di Maio e di Conte. Il quale è super facondo ma anche poco ascoltato dai suoi. In posizione di debolezza, per conquistare il favore dei parlamentari, il presidente stellato - intenzionato ad andare nei prossimi giorni da Grillo in cerca di nuova legittimazione - chiede loro un supplemento di fiducia: «Vi chiedo di abbracciare e sostenere il nuovo corso». La platea ascolta ma non si spella le mani. Conte incalza, da leader nuovo ma già logorato: «Posso fare di più e molto meglio; ma da solo non posso farlo, ho bisogno dell'aiuto di ciascuno di voi. Ciascuno può dare un contributo, ciascuno deve dare un contributo per il futuro del M5S».
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L'assemblea
Ed è la sua ammissione che molti non lo seguono, è la sua risposta a chi - come l'ex ministro Spadafora - si dice convinto che «una scissione è possibile.
Ma la vera arma per rassicurare la pancia degli eletti pentastellati, e anche i big, è quella riguardante il governo: «Avanti con Draghi a Palazzo Chigi». Ovvero: «Vi assicuro, non voglio le elezioni anticipate». Traduzione: non sarete decimati nelle urne. «Le parole di Conte sulla prosecuzione di questa legislatura sono rassicuranti per l'Italia e per il M5S», esulta infatti il senatore Vincenzo Presutto. Ed è il mood di tutti. E tutti aspettano l'intervento di Di Maio, che a sua volta - anche in tivvù - ha una posizione tranquillizzante: «Le elezioni nel 22 fermerebbero l'Italia e ci farebbero perdere il primato nella velocità delle vaccinazioni». E ancora il ministro degli Esteri: «Non c'è dualismo con Conte. Io lo sostengo e sono sicuro che il suo percorso sarà brillante. La cravatta del capo politico non la voglio più rimettere».
Tutti vogliono tranquillizzare tutto, insomma, in M5S spaccato. E i commenti dei parlamentari alle parole di Conte sono per lo più negativi: «E' venuto a farci un discorso motivazionale. Ma perché non parla di politica?». Un po' di politica il leader parla, ma tenendosi sul generale: «Per l'elezione del Colle, più che i cosiddetti patti della lasagna serve il patto del silenzio. Sennò, arriviamo a gennaio senza nomi o senza rischiamo di bruciare i migliori».
Il mood
Di Maio è in posizione apparentemente attendista. Ma intanto tesse la sua tela per il Colle - «Luigi conosce tutti nel Palazzo, Conte invece è l'ultimo arrivato», così si sente dire nella sala al gruppo M5S - per non dire dell'operazione ingresso nei Socialisti europei che il ministro degli Esteri ha maneggiato finora con un lavoro diplomatico che poteva svolgere Conte e invece ha svolto lui. Senza un surplus di comunicazione tra i due. E comunque, dice Conte ai parlamentari: «Se avete problemi o cose da dire venite da me. Parliamone. Sarò a giorni fissi alla Camera e al Senato. Vengo io qui, vi prenotate e mi venite a parlare. Non voglio essere irraggiungibile». Un problema c'è e riguarda le comparsate televisive. Il senatore Primo Di Nicola e non solo lui contesta la scelta del leader di mandare in tivvù solo i 5 vicepresidenti appena eletti. E lui si difende attaccando: «Se vengono elette delle persone è normale che vengano fatte conoscere. Questo sarebbe un editto? Un diktat? Un attentato libertà informazione? Quando usiamo parole dobbiamo stare attenti: non si può sostenere che se si da la possibilità ai vicepresidenti di farsi conoscere si lede la libertà di informazione». A proposito di tivvù, serpeggia la preoccupazione tra le file dei grillini riuniti: «Conte non può farci perdere in un colpo solo la direzione del Tg1 e quella di Rai3. Ma glielo ha detto a Fuortes, nel pranzo dell'altro giorno, che faremo le barricate a Saxa Rubra?».