Test sierologici ai prof, metà dei medici salentini dice no e incrocia le braccia

Test sierologici ai prof, metà dei medici salentini dice no e incrocia le braccia
di Maddalena MONGIò
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Sabato 5 Settembre 2020, 08:04
Test sierologici: quasi la metà dei medici di famiglia incrociano le braccia e il personale della scuola è in fibrillazione. La partecipazione è volontaria e, su una platea di 14mila fra docenti e personale Ata, si stima che più della metà farà richiesta di sottoporsi al test rapido. Una mole di lavoro enorme che si sta riversando sul Dipartimento di prevenzione della Asl di Lecce chiamato a sopperire al vuoto lasciato dai medici che non intendono effettuare i test. E bisogna correre.

I test dovranno essere effettuati prima dell'inizio dell'anno scolastico che, secondo il calendario regionale, è fissato per il 24 di questo mese, ma ci sono scuole che inizieranno a partire dal 14. Il direttore del Servizio di Igiene e sanità pubblica della Asl di Lecce, Alberto Fedele, assicura che «non ci sarà alcun problema a fare i test, la scuola comincia il 24 e c'è tutto il tempo per farli. Ci stiamo organizzando perché non ci aspettavamo una così massiccia non adesione da parte dei medici di medicina generale. Si tratta di un'ulteriore attività che grava sui soliti noti».

Un dato è più che certo: i sindacati sono divisi. Da una parte la Fimmg, il sindacato che annovera più iscritti tra i medici di famiglia, dall'altra Fismu, Intesa sindacale, Smi e Snami. I sindacati dei medici di medicina generale sono, perciò, su fronti opposti. Se Fimmg ha aderito senza dubbi e remore al progetto pensato per una ripresa in sicurezza dell'anno scolastico, le altre sigle sollevano molti dubbi e, di conseguenza, non hanno aderito alla campagna.

Tutto ciò nel Salento si traduce con circa 300 medici su 600 che non intendono effettuare il test e il presidente dell'Ordine dei medici di Lecce, Donato De Giorgi, invita tutti a fare la propria parte tenuto conto dell'eccezionalità del momento che stiamo vivendo. «È evidente che non deve essere dimenticato da nessuno che siamo in una situazione emergenziale - sottolinea De Giorgi-  e soprattutto non deve essere dimenticato da chi si è sempre considerato al centro di questa emergenza, cioè i medici. Non c'è dubbio che solo se i medici riescono ad avere piena consapevolezza di quello che fanno, si può avere una risposta positiva da parte di tutti. Voglio dire che oggi i medici devono fare le cose che gli assistiti si aspettano che facciano. I test sierologici negli studi dei medici di medicina generale sono arrivati per una scelta della Fimmg che è il sindacato maggioritario della categoria, ma non è l'unico sindacato e altri hanno fatto riferimento ad altre normative. Se analizziamo la questione da un punto di vista normativo, la Fimmg ha commesso un errore, ma se noi siamo l'espressione di quello che il cittadino si aspetta da un medico: nessuno può chiamarsi fuori».

Antonio De Maria vicesegretario vicario della Fimmg di Lecce, difende la posizione assunta dal sindacato: «È un progetto che abbiamo sposato perché riteniamo che la medicina generale, in questa fase, debba dare il suo contributo. È un impegno che ci è stato chiesto dallo Stato e noi non ci siamo sottratti. La medicina generale per quanto riguarda Fimmg ha fatto il suo dovere anche nei mesi di marzo, aprile e maggio tenendo gli studi medici aperti, checché se ne dica. Noi abbiamo già iniziato a fare i test sierologici: nel distretto di Galatina stanno partecipando tutti i medici, tranne due. Nei distretti di Casarano, Nardò, Gagliano, Gallipoli, c'è una buona partecipazione, su Lecce ci sono venti medici Fimmg che stanno effettuando i test. L'esame non comporta alcun rischio per il medico perché dura poco e quindi non può svilupparsi un contagio, in ogni caso molti sono pazienti che visitiamo frequentemente. Lo facciamo in orari che non coincidono con quelli dell'ambulatorio e a titolo gratuito, perché vogliamo fare la nostra parte».

I dubbi li esprime Raffaele Giancane della Fismu: «Non si può inventare in uno studio di medicina generale, un laboratorio analisi. Le procedure possono essere relativamente semplice, ma non possono trovare spazio nel nostro ambito per motivi tecnici e di organizzazione degli spazi per l'affluenza di un certo numero di persone. Abbiamo valutato anche il rischio contagio, ma nel nostro rifiuto c'è anche la considerazione che, ancora una volta, ci viene calato dall'alto. Ora le Asl si stanno facendo carico del problema, finalmente il Dipartimento di prevenzione si sta organizzando in questo senso. Non capisco perché docenti e non docenti possano decidere su base volontaria se fare o meno il test e noi dobbiamo essere censurati e siamo giudicati non collaborativi».
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