Pellegrino: «Se non vuole perdere il Pd non trascuri la carta Delli Noci»

Pellegrino: «Se non vuole perdere il Pd non trascuri la carta Delli Noci»
di Paola COLACI
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Martedì 1 Novembre 2016, 09:50
Avvocato Giovanni Pellegrino, a distanza di due mesi ci ritroviamo a parlare di candidature: lei disse che bisognava individuare un Paolo Perrone di sinistra per vincere, ma Pd e centrosinistra sembrano ancora in alto mare. Da dove si riparte?
«Guardi, non avessi mai concesso quell’intervista a Quotidiano. Dal giorno dopo cominciarono ad accusarmi di voler aprire la strada a mio figlio Giangi o di voler spianare la strada a Dario Stefàno. Non so a più a quante persone avrei dovuto aprire questa benedetta strada. Nemmeno fossi l’Anas».
L’hanno accusata di tradimento verso il Pd: è così?
«Quando dichiarai che per Lecce occorreva individuare un Perrone di sinistra intendevo dire che bisognava fare emergere dalla città un nome insieme con un progetto. Però, le idee camminano sulle gambe degli uomini. È necessario trovare un uomo adatto a quel progetto».
I vertici del Pd ci hanno provato offrendo la candidatura a sindaco prima all’avvocato Saverio Sticchi Damiani e poi al presidente della Camera di Commercio Alfredo Prete...
«Ecco, Prete sarebbe stato un ottimo nome: un candidato borderline tra i due schieramenti, ma on avrebbero potuto sceglierlo in modo peggiore. Prete è stato individuato nel chiuso di una riunione di cabinet. E tutti coloro che non erano stati coinvolti nella scelta avranno sospettato, probabilmente, che Prete avesse già fatto un patto di alleanza con coloro che lo sceglievano. Prete, a sua volta, è stato ingenuo: non avrebbe dovuto dire subito sì, ma invece prendere tempo, dirsi lusingato e richiedere il parere degli altri. Occorreva chiedere un’investitura ufficiale del Pd e della coalizione».
Si è parlato di guerra fra correnti Dem giunte ormai al culmine. Conferma?
«Non sono in grado di valutarlo poiché non vivo dall’interno la realtà del Pd».
Un dato, però, è oggettivo: il tempo passa.
«Glielo dico subito, il Pd è nei guai».
Ma se fosse il segretario provinciale lei cosa farebbe?
«Non ho mai avuto ruoli di dirigenza dal mio partito e non li ho mai cercati. Anzi, credo che il partito abbia fatto bene a non darmeli».
Però, il partito è nei guai, lei dice. E allora come uscirne?
«Da lettore affezionato di Quotidiano fossi in Salvatore Piconese leggerei con molta attenzione il giornale in questi giorni. Personalmente sto seguendo con notevole interesse questo approfondimento sui temi della città che il giornale sta portando avanti tra fotografia dell’esistente e dibattito sulle proposte».
Cosa vuol dire?
«Che bisogna partire dalle cose concrete di cui discute la città. Il Pd potrebbe uscire da questa situazione lasciando che ad elaborare il progetto politico della città futura sia quella parte dell’elettorato appartenente al mondo delle professioni e non schierata né con il centrodestra né a sinistra. A quel punto non sarebbe difficile trovare le gambe di quell’uomo su cui le idee possono camminare meglio. Io mi domando, ad esempio, chi ci sia dietro la possibile candidatura bipartisan dell’assessore Alessandro Delli Noci».
Chi potrebbe esserci?
«Non lo so, ma ritengo che quella, per il Pd e il centrosinistra, potrebbe essere una candidatura da non trascurare. Conoscevo molto bene il padre di Delli Noci e quella della sua famiglia è una cultura tradizionalmente della sinistra socialista. Delli Noci si è presentato con una sua lista a sostegno di Perrone e ha preso molti voti diventando assessore».
Delli Noci è un assessore dell’amministrazione di centrodestra. È immaginabile che il Pd possa sostenerlo?
«Non si può determinare un ostracismo pregiudiziale rispetto al consenso di Delli Noci. In questa maniera ci si condanna già a perdere. Io sto guardando con molta interesse alla vicenda di questo assessore».
Neanche il centrodestra sembra aver ancora individuato l’erede del sindaco uscente...
«Dicevo Mao: “La confusione sotto il cielo è grande, la situazione dunque è eccellente”. E, se non fossimo a Lecce, la vittoria sarebbe già nelle mani del Movimento 5 Stelle. Tutte queste incertezze degli schieramenti non fanno che alimentare la spinta dell’antipolitica che si contrasta solo mettendo in campo un progetto preciso per la città. Ora, però, una domanda la faccio io a lei: qual è il vero pensiero di Adriana Poli Bortone?».
Ce lo dica lei, senatore...
«Poli Bortone è stata una donna che ha avuto un ruolo importantissimo nella politica di questa terra. Io l’ho a lungo contrastata senza mai sottovalutarla grazie all’arcivescovo Cosmo Francesco Ruppi che ci impose di andare d’accordo. Strinsi con lei una buona convivenza durante la mia presidenza della Provincia. E, se mi fossi ricandidato, mi avrebbe fatto votare. In questa fase, se lei ha in mente di candidarsi personalmente per far perdere i Cor di Raffaele Fitto, avrà successo. Se, invece, ha un piano diverso, potrebbe contribuire a trovare il candidato di quella che io chiamo terra di mezzo».
Come finirà questa partita?
«Se lo sapessi mi giocherei una schedina al Totocalcio. Anzi, no. Con il Totocalcio si vince poco ormai. Meglio i numeri del lotto».
Senatore, di cosa l’accuseranno, questa volta nel Pd?
«Di non essere mai stato veramente di sinistra. O, forse, di non essere mai stato comunista. In realtà, penso che nel panorama locale non ci sia mai stato un amministratore che abbia condotto azioni più di sinistra delle mie nel periodo in cui sono stato presidente della Provincia».
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