San Cataldo, dal piano coste al Pug:
si scrive il futuro del mare

San Cataldo, dal piano coste al Pug: si scrive il futuro del mare
di Paola ANCORA
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Venerdì 26 Febbraio 2016, 21:03 - Ultimo aggiornamento: 21:04
Servizi, trasporti, strutture ricettive, fisco. Poi, ultimo, il mare. Nella scaletta da esaminare per scrivere un piano di rilancio di San Cataldo il mare, fino a oggi, è stato relegato a ultimo fra gli ultimi. Invece, dalla fruizione e valorizzazione di questa risorsa - altrove diventata una miniera d’oro - si potrebbe partire per strappare la marina al degrado e a un presente di improvvisazione e programmazione claudicante.
Un pezzo importante del futuro di San Cataldo sarà deciso, infatti, con l’approvazione del Piano urbanistico generale e del Piano coste. Perché in quest’ultimo documento, in particolare, sono contenute le informazioni utili a indirizzare lo sviluppo urbanistico e imprenditoriale dei prossimi anni. Un nodo importante, da sciogliere con cautela e attenzione, per evitare che il varo del Pug si tramuti in nuove colate di cemento e in uno sfruttamento indiscriminato della costa, invece che in opportunità di crescita armoniosa e produttiva. L’amministrazione ha sempre sostenuto che Pug e Piano coste freneranno il cemento, e non lo aumenteranno, ma i due atti devono ancora essere presentati nella loro stesura definitiva. Dunque ogni valutazione e dibattito sono prematuri.
Quel che è certo è che la cura di San Cataldo e della sua linea di costa è finora stata affidata alla buona volontà degli imprenditori privati. Dal Piano coste emerge che lungo quattro chilometri di costa fra Torre Chianca e San Cataldo sono distribuiti 33 concessionari. E a questi se ne potrebbero aggiungere di nuovi, per altri tre chilometri e 720 metri, secondo il nuovo Piano. Tradotto: il 58,1% delle spiagge del litorale leccese sono in mano a privati, mentre il limite stabilito dalla Regione è del 40%.

Di queste 33 concessioni, nove ricadono proprio in zona di erosione, là dove il Piano regionale delle Coste vieta ci siano concessioni per almeno tre anni. Soltanto trascorso questo periodo, se si dimostra che il fenomeno erosivo è stato fermato o mitigato, quelle aree possono tornare a ospitare ombrelloni e sdraio. E ancora: cinque concessionari occupano una zona fronte mare ben oltre il limite di 150 metri previsto dalla norma regionale.
Da questi dati si partirà per capire come combattere l’erosione costiera, che ogni anno divora la spiaggia mettendo a rischio la stagione balneare. E per decidere come dovrà crescere San Cataldo, tema, questo, che sarà affrontato lunedì prossimo, alle 11 nella sala Giunta di Palazzo Carafa, nel corso di un tavolo tecnico convocato dall’amministrazione proprio per aprire il confronto sulle marine, a partire da San Cataldo.
La Giunta ha esteso l’invito a tutte le associazioni imprenditoriali e di categoria del territorio, specificando che il tavolo resterà «aperto a chiunque voglia dare il suo contributo». L’idea finale è coinvolgere i privati nei progetti di sviluppo per sopperire anche all’assenza di risorse nelle casse.
Tutto in vista della manifestazione del 13 marzo prossimo, quando i “Guardiani del Farò” porteranno in piazza la voglia dei leccesi di riprendersi la loro marina.
 
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