Accusato di essere un marito violento, assolto dopo l'arresto: «Racconto il mio calvario»

Accusato di essere un marito violento, assolto dopo l'arresto: «Racconto il mio calvario»
di Roberta GRASSI
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Mercoledì 29 Novembre 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 11:52

Assolto con formula piena. Dopo l’arresto in carcere, con tanto dolore accumulato per aver dovuto affrontare gli sguardi dei figli con un fardello pesantissimo, l’accusa di essere stato un marito violento
È la storia di un uomo di 42 anni, di Squinzano, che ha perfino dubitato di se stesso. E che ha sempre combattuto, in sede giudiziaria e all'esterno, perché anche il proprio spicchio di verità venisse riconosciuto. Non un marito violento, ha sempre affermato (e poi provato). Nessuna condotta abusante, ha sempre affermato (e poi provato). Ma un gesto sbagliato (non lo nega) che proprio per la propria unicità non può essere considerato espressione di sistematici maltrattamenti in famiglia.

Il percorso nel centro antiviolenza

I giudici del Tribunale di Lecce hanno condiviso le tesi degli avvocati avvocato Paolo Spalluto e Mario Pede che ha rappresentato al collegio (presidente Fabrizio Malagnino, a latere Maddalena Torelli e Marco Marangio Mauro) l’esistenza di un clima di litigiosità fomentato da entrambe le parti in causa.

Lui, il protagonista, che era finito in carcere nel novembre 2022, ha voluto raccontare il propro calvario. Era accusato di aver rivolto alla ex frasi offensive, e di averle dato alcuni schiaffi facendola cadere per terra. Dopo i fatti si è rivolto a un centro antiviolenza per intraprendere un percorso di rinascita, che partisse anzitutto da una profonda analisi da compiere su se stesso. 

Il racconto del calvario

«È stato veramente molto difficile e doloroso. Il gesto che ho fatto non me lo potrò mai perdonare e ho chiesto più volte perdono alla mia ex moglie. Partiamo dal mio arresto giorno 1 novembre 2022, ho trascorso tutta la notte in caserma in attesa di essere trasferito a Borgo San Nicola. La mattina all'alba sono arrivato e sono stato trasferito nelle celle di ingresso. Da lì il calvario...Io una persona dedita al lavoro che non ha mai fatto mancare nulla ai propri cari che la mattina si alzava per portare il pane a casa, che si privava di tante cose pur di tenere la propria famiglia nelle migliori condizioni possibili ero lì. Ero lì, solo, in quattro mura, a cercare la cortesia della prima persona che passava per poter avere un dialogo, un po' di calore umano. Ho pianto e non mi vergogno a dirlo». E poi ancora: «Pensavo ai miei figli, a 13 anni di matrimonio, ad una casa spariti in meno di pochi minuti. Ti senti in un tunnel nero e senza uscita, senza luce. Il quarto giorno, di pomeriggio, sono uscito. Mi sentivo spaesato, un senzatetto, una nullità. Per rispettare l'allontanamento imposto dal giudice ho dovuto cambiare 2 volte abitazione. Per i due mesi successivi sono uscito solo per andare a lavorare, tornavo a casa, mi stendevo sul divano a vedere qualche film, ma la mia testa era sempre altrove. Non riesci a vedere una via d'uscita. Ero distrutto. Le uniche persone che mi regalavano un po’ di gioia erano i miei figli, uscire con loro, mangiare insieme, giocare insieme».

La vicenda giudiziaria e la difesa

Quindi la vicenda giudiziara: «Servivano prove, per difendermi, ho dovuto ripercorrere ancora una volta anni e anni di messaggi, foto, video, e tantissimi altri eventi negativamente struggenti. Offese di ogni tipo, accuse infondate, calunnie, maltrattamenti sia psicologici che fisici che durante il matrimonio riponevo in un angolo della mente per il bene della famiglia, per non creare ulteriori problemi, ma dovevo farlo e andare avanti e difendermi dalle accuse che mi imputavano. E quindi dolore su dolore. Mi appuntavo cosa accadeva, nei casi più gravi registravo, filmavo perché ero costantemente accusato di cose che non dicevo o facevo. A un certo punto inizi a pensare di essere sbagliato, di fare qualcosa di sbagliato ma io sapevo di non essere così, che alcune parole o gesti o azioni non erano mie, ma mi venivano attribuite» 
«Sono stato assolto, la mia ex moglie non si è costituita parte civile, non ho perso il lavoro. Ho già perso tutto, vivo con la speranza che un giorno i miei figli capiscano chi realmente è il loro papà e il motivo del mio silenzio quando ero attaccato per futili motivi o accusato di relazioni extraconiugali assolutamente prive di qualsiasi fondamento. Sono ancora piccoli, ma un giorno capiranno. Oggi sono ancora in balia delle onde. È vero ho di nuovo tanti amici intorno me, ma mi manca tantissimo il calore dei miei figli a casa nostra, insieme. Un peso, un magone che non va mai via».
 

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