Roberto Tanisi compie 70 anni e va in pensione. Il video

Roberto Tanisi compie 70 anni e va in pensione. Il video
di Roberta GRASSI
5 Minuti di Lettura
Lunedì 27 Novembre 2023, 17:10 - Ultimo aggiornamento: 18:15

Settanta candeline, un compleanno che per un magistrato segna anche il momento del congedo dal servizio. Roberto Tanisi, festeggia oggi da presidente del Tribunale. Dopo l'ultima collegiale, appena dieci giorni fa (con camera di consiglio interminabile) e un udienza al civile che ha chiuso l'infinita lista di udienze, con una predilezione per il monocratico che la dice lunga sull'amore per la magistratura e per la funzione giudicante, nella sua massima espressione. Lunga la carriera, moltissima la stima di chi gli è stato accanto: i colleghi, che hanno condiviso gioie e dolori dei provvedimenti giudiziari. I cancellieri, il personale amministrativo tutto (in forma anonima, per liberare il pensiero e la parola, rispondendo a domanda del suo team più stretto, la segreteria di presidenza).
«Per me ha rappresentato, in questi ultimi anni, il coraggio di andare avanti in un ambiente difficile. È stato lui ad insegnarmi, dimostrandomelo giornalmente, che chi riveste un ruolo di potere può servirsi della forza che da quel potere deriva sia come strumento per incutere timore e tenere le distanze sia, volendo come magnete, per calamitare chi ti è accanto con un'attrazione fortissima, fatta di stima e di affetto», esordisce un collega. Ancora: «L'impressione è quella di un magistrato il cui amore per la giustizia sta nella sua umanità ed empatia, umanità ed empatia che riscontravo anche con noi amministrativi». «Una persona meravigliosa, sia sotto il profilo umano, che come magistrato», dice chi ha lavorato con lui nel periodo in cui ha presieduto la Corte d'Appello. «Presidente, ma alla fine chi era Piero Calamandrei? Buone cose e buona vita», messaggio che rimanda a una delle tante conversazioni avute nei corridoi del palazzo di giustizia. E poi: «Un uomo col rigore di un giudice. Un giudice col sorriso di un bambino». Dalla segreteria di presidenza: «È stata la mia prima esperienza come presidente effettivo, essendo io in segreteria di presidenza da un paio di anni. Ritengo che sia una persona molto alla mano, molto sincera, molto buona di carattere, per cui non posso che dire cose buone su di lui. Forse troppo buono».

I messaggi dei colleghi

I colleghi di sempre: «Ti ricordo sin dal primo giorno in cui ho messo piede in questo ufficio ed eravamo alla pretura circondariale. Ho capito da subito che eri una persona diversa e, quindi, anche un magistrato diverso. Anche se noi non abbiamo mai avuto stretti contatti di lavoro, ci siamo seguiti nel tempo, siamo stati vicini nei momenti di tristezza e anche nei momenti di felicità». L'augurio: «Presidente, sono contento che ve ne andiate in pensione, non è una sfortuna. Soprattutto persone, come voi, abituate al lavoro troveranno la maniera di passare le giornate velocemente come quando erano a lavoro e, quindi, non vi peserà sicuramente. Dopo ormai tanti anni, ho avuto il piacere di conoscere diverse persone che sono state Presidente di Tribunale. La differenza che vedo in voi, e che altri non hanno avuto, è che, più di tutti, avete colmato quel baratro che si crea tra il personale e il presidente. E questa volta, Presidente, sono io a dedicarvi la citazione di un poeta storico, Gaio Valerio Catullo, che disse: "Difficile est longum subito deponere amore"». E gli ultimi arrivati, l'ufficio del processo: «Abbiamo avuto il privilegio di incontrarla ogni mattina, di incrociare il suo sguardo paterno, di trovare il suo confortante sorriso come risposta al nostro timido saluto. Grazie presidente per la sua umiltà: per non aver mai disdegnato i momenti di convivialità con i dipendenti, per aver partecipato alle nostre feste, per averci dato fiducia e coraggio! Le auguriamo di cuore di godere al meglio di questa meritata pensione e l'aspettiamo alla nostra festa per l'auspicata stabilizzazione!».
Andando avanti: «La sapiente ed autorevole guida da presidente, unita all'indole paterna accogliente e comprensiva assolutamente mai autoreferenziale, ma sempre aperta al dialogo, al confronto e alla condivisione, hanno consentito di percorrere insieme, con grande serenità, un bellissimo tratto del nostro percorso professionale "a braccetto"». «Dirigente, magistrato e, prima ancora, uomo dotato di equilibrio e saggezza tali da rappresentare il "porto sicuro" per ogni naufrago del palazzo di Viale de Pietro». Gli aneddoti: «Roberto Tanisi, un Presidente un po' anomalo. Arriva un carrello di faldoni e la prima cosa che pensa non è "a chi dovrò assegnare questo processo?" perché lui ha già deciso: lo assegnerà a sé stesso. Non fatelo però arrabbiare con inutili formalismi perché "noi lavoriamo a servizio dei cittadini" continua a ripetere "i problemi li dobbiamo risolvere non creare!». E ancora: «Verba docent, exempla trahunt. Caro Roberto, se ripenso a quando ho iniziato, come giovane giudice a latere del collegio da te presieduto, mi vengono in mente anni bellissimi. Accanto alla fatica del lavoro e dell'impegno, c'è sempre stato spazio per riflettere a fondo sulle vicende della vita che i processi proiettano». «Giorni addietro - altro racconto - passando a salutarlo dalla sua stanza, mi ha indicato un mobile completamente ricoperto da faldoni, dicendomi che era un processo assai impegnativo che si sarebbe concluso due giorni prima del suo pensionamento e del quale si era assunto egli stesso il compito di redigere la sentenza, instancabile lavoratore sino all'ultimo istante delle sue funzioni».
«A me piace pensarlo - un altro collega - come un magistrato nel quale l'uomo e il giudice si sono fusi in un unico grande esempio di umanità, grazie al quale il diritto può "respirare" e diventare prossimo ad ogni uomo, attraverso il ricorso alla sensibilità e alla cultura. Un uomo limpido, profondo e buono, un magistrato che non ha mai avuto il "problema" di essere magistrato». «Innamorato del proprio lavoro - dice un giudice - ha sempre saputo infondere in chi lavorava con lui passione ed entusiasmo, insegnandoci a prestare estrema attenzione non solo alle carte processuali, ma anche, e soprattutto, alle vicende umane, spesso tragiche, all'interno delle quali eravamo chiamati ad assumere decisioni, che solo in minima parte avrebbero potuto ricomporre equilibri ormai definitivamente compromessi; insegnandoci un profondo rispetto verso tutti i protagonisti di quelle vicende, che da noi attendevano risposte; in poche parole, insegnandoci a emettere giudizi senza giudicare'».
«Per me Roberto Tanisi ha dato un volto al "buon padre di famiglia" - un altro ancora - ma non nel significato che i manuali di diritto civile utilizzano per intendere la persona diligente che si prende cura di sé e degli interessi collettivi, quanto in quello più umano del padre buono che ha a cuore la propria famiglia».
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA