Torna l'erosione. I lidi: «Così è inutile investire»

Torna l'erosione. I lidi: «Così è inutile investire»
di Alessandra LEZZI
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Giovedì 10 Marzo 2016, 20:52
La sensazione che prevale è lo sconforto. E non per pessimismo di facciata, ma per la consapevolezza che il perenne ritardo dei tempi di intervento porta, quando va bene, a soluzione tampone che poco o nulla incidono in termini di positività. Al degrado, all’incuria, all’assenza di servizi minimi essenziali, alla mancanza di progettualità di sviluppo, San Cataldo associa anche l’annoso problema dell’erosione costiera.
L’inverno è stato tutt’altro che rigido, la primavera ormai è dietro l’angolo e le vicinissime festività pasquali saranno occasione per molti titolari degli stabilimenti balneari per riaprire i battenti, rispolverare le mensole, rimettere in sesto le cucine e le macchine del caffè con larghissimo anticipo.
«Non si può pensare di cercare risposte adesso. L’erosione costiera non si risolve buttando quattro massi in mare», è il coro unanime di protesta. «Il paradosso normativo è che se la spiaggia risulta inferiore a quindici metri si ritira la concessione – spiega Andrea Peschiulli di Lido Ponticelli – ma poi in fondo la colpa della riduzione della spiaggia è di chi aveva la responsabilità di proteggerla e nulla ha fatto. Le soluzioni sono tantissime: quelle di buttare i sacchi pieni di sabbia sono a bassissimo impatto ambientale. E poi ci sono le barriere soffolte». Si tratta di scogliere artificiali realizzate in calcestruzzo e posizionate in fondo al mare. In diverse parti del mondo si è riusciti in questo modo a contenere significativamente la spinta ondosa.
«I pennelli che ha utilizzato l’amministrazione leccese – continua Peschiulli – creano un vortice che, a seconda dei venti, svuotano al centro e riempiono ai lati, o viceversa». Dello stesso parere anche Alfredo Prete, di Lido York. «Non si può puntualmente pensare a interventi di emergenza. Anche perché il rischio è di fare danni maggiori. A Ostia per esempio, con il ripascimento morbido (per mezzo del quale la sabbia si prende dal mare) le mareggiate hanno spazzato via tutto. Non c’è più nulla. I pennelli – ricorda – dovevano essere riempiti di sabbia, ma non è mai stato fatto. E il risultato non mi pare eccellente».
Prete si augura venga concessa ai privati una soluzione di transito, che consenta loro di affrontare almeno la stagione 2016: si tratta di trasportare sabbia verso l’interno, approfittando di questi periodi di bassa marea. In questo modo, mentre il marea crea un ripascimento naturale, si realizzano delle mini dune che altro non sono che sabbia di riserva da ristendere poi al momento di attrezzare il tratto con gli ombrelloni.
«Ci danno le concessioni, ce le fanno pagare e poi non solo non investono, ma ci impediscono di fare qualunque cosa» si sfoga Piero Imparato del Lido Pachamama. «Rischiamo l’arresto se cerchiamo di salvaguardarci la stagione estiva», sostiene.
Il punto è che qualunque soluzione non può prescindere da uno studio delle correnti. Attraverso un software che funge da simulatore si ricrea la dinamica delle mareggiate, che sono cicliche. «Una sola pietra in acqua, posizionata senza cognizione di causa, modifica il moto ondoso», ricorda Prete, e questo può creare gravissimi danni. A questo si aggiunge un ormai inarrestabile naturale innalzamento del mare, i troppi varchi di accesso che inevitabilmente favoriscono lo “svolazzamento” della sabbia e la distruzione per mano umana di buona parte delle dune, che una funzione determinante in termini di protezione di certo hanno sempre avuto«. E il quadro sembra tutt’altro che rassicurante.
 
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