Lecce, Ozpetek: «No a un altro film, della città un ricordo nostalgico»

Ferzan Ozpetek
Ferzan Ozpetek
di Nemola ZECCA
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Domenica 8 Ottobre 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 9 Ottobre, 14:41

«Lecce è una città di cui sono enormemente innamorato. Fare un nuovo film qui? Per ora no. È una città diversa rispetto a quella cui ero legato. Al momento, dunque, non ho in programma nessuna nuova produzione, qui. Ma, semmai nei prossimi anni dovessi smentirmi, sono ben certo che sarà un film nostalgico e malinconico, il ricordo di un periodo che non c’è più».
Il regista Ferzan Özpetek chiude con queste parole l’incontro di ieri pomeriggio al Convitto Palmieri, all’interno della rassegna Semi (Storie di eccellenza merito e innovazione), promossa dall’associazione Cultura Italiae. Dopo Matera, Parma, Siena, Ravenna, Bergamo e Brescia, quest’anno è stato scelto il capoluogo salentino, emblema - per natura geografica e memoria storica - del tema portante dell’edizione 2023: “Mediterraneo, radici e speranze”. Tra gli ospiti, oltre a Nina Zilli, Enrico Lo Verso, Pippo Delbono, Dario Vergassola, anche Ferzan Özpetek, regista e sceneggiatore, noto per la sua (ormai suffragata) affezione alle bellezze intime e autentiche di Lecce. 

Set d'eccezione di molti suoi film 

Set d’eccezione di molti suoi film, da “Mine Vaganti” ad “Allacciate le cinture”, e - non in ultimo - dello spot pubblicitario targato Maserati e da lui diretto, Lecce rappresenta per il regista italo-turco la cornice privilegiata di storie dal sapore genuino e raffinato, che hanno trovato proprio nel capoluogo salentino una delle loro cifre caratterizzanti.
«Dopo il successo di Mine Vaganti, Lecce ha conosciuto un aumento del turismo pari a circa il 40%», afferma con riconoscente orgoglio Özpetek, nel corso della conversazione con il critico e giornalista Vito Luperto.
Un dialogo intimo, per l’appunto, che - spaziando dai ricordi all’aneddotica - ha restituito al nutrito e fortunato pubblico presente il volto più autentico e personale di un artista tanto poliedrico quanto audace.

Dal racconto dell’infanzia in Turchia e del rapporto col padre (che lo avrebbe voluto traduttore), passando per il ricordo dell’attività di corniciaio e dunque pittore, per poi finire alla memoria della sua prima collaborazione (con Massimo Troisi) come assistente e aiuto regia, Özpetek ha ripercorso le tappe principali di un viaggio tutt’altro che lineare e, a tratti, fatalistico, che lo ha condotto - dall’esordio, nel 1997, con “Il bagno turco alla Quinzaine des Réalisateurs” del 50º Festival di Cannes - a diventare oggi uno dei registi più popolari e apprezzati dal pubblico e dalla critica internazionale. 

Le storie di vita ordinaria 

Quelle di Özpetek, sono storie di vita ordinaria e apparentemente ordinata, in cui il diverso, col suo prorompente sopraggiungere, fa da protagonista, generando caos e svelando l’ipocrito volto di propugnate verità. A queste storie, il capoluogo salentino ha - a più riprese - offerto la propria cornice, facendo della sua tortuosità barocca l’emblema caratterizzante di personalità alle prese con una labirintica ricerca del sé, dove lo spazio, fondendosi con l’interiorità, smette di essere pura e semplice ambientazione per diventare altro, luogo di narrazione evocativa e immersiva. 
«È qualcosa che, come l’innamoramento, non ha ragioni né si può spiegare», afferma il regista, a proposito dello stretto rapporto che lo lega a Lecce. Alla domanda se, per il prossimo futuro, ha in programma una nuova produzione su Lecce, Özpetek risponde tuttavia di no: «È una città di cui sono enormemente innamorato e che per me ha significato tanto. Ma negli ultimi anni, è cambiata, come - d’altra parte - sono cambiato io e sono cambiate le relazioni che, con molti degli abitanti del posto, avevo. È mutato il pubblico con i suoi gusti e i suoi valori. Tutto ciò rende Lecce una città, se non nuova, certamente diversa rispetto a quella cui ero legato. Al momento, dunque, non ho in programma nessuna nuova produzione, qui. Ma, semmai nei prossimi anni dovessi smentirmi, sono ben certo che sarà un film nostalgico e malinconico, il ricordo di un periodo che non c’è più».

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