Controlli sui decibel, locali in rivolta: «Così andremo via»

Controlli sui decibel, locali in rivolta: «Così andremo via»
di Stefania DE CESARE
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Giovedì 29 Giugno 2017, 13:36 - Ultimo aggiornamento: 19:16
«Se non ci vogliono o non ci permettono di lavorare andremo via». Si scaldano gli animi in vista della stretta sui controlli contro il “decibel selvaggio” nel centro storico della città. Dopo l’incontro tra i comandanti delle Municipali della provincia e il pubblico ministero Elsa Valeria Mignone, volto a tutelare la quiete pubblica nelle ore notturne messa in pericolo dalla musica dal vivo nei locali a tarda ora, gli imprenditori della movida leccese alzano i toni e invocano regole più morbide per poter animare la vita notturna della città che invece rischia di spegnersi.
«Vietare la musica all’esterno dei locali dopo la mezzanotte è qualcosa di ridicolo. D’estate alle 24 inizia a esserci il flusso maggiore di turisti nei locali. È come se si vietasse di fare il bagno lungo le coste del Salento dopo le 12 - afferma Miro Maranesi, titolare del locale “MaraMirò” di piazza Sant’Oronzo -. Si impongono regole che tagliano le gambe a noi imprenditori del food & beverage. Servono regole più flessibili e invece sembra che commettiamo un reato e che dobbiamo essere perseguiti con ogni pretesto».
Nei prossimi mesi non saranno accettati sforamenti di orario in cui dovrebbe cessare la musica dal vivo, oppure il permanere dei clienti all’esterno dei locali che disturbano chi invece vuole dormire. Non mancano, infatti, i primi esposti contro gli schiamazzi notturni, che potrebbero aumentare proprio con l’avvio della stagione estiva. Per questo le Polizie municipali stanno mettendo a punto un piano d’azione per porre un freno all’inquinamento acustico e ambientale, che tradotto vuol dire più controlli e più verbali.
Esasperati i titolari delle attività che invece non accettano l’ennesima stretta da parte degli agenti: la protesta monta anche sui social, dove anche i frequentatori assidui della movida insorgono contro il giro di vite che rischia di “spegnere” il divertimento in città. «Siamo molto scoraggiati. Hanno voluto dare a Lecce l’impronta di città turistica e poi mettono i freni - afferma Paolo La Peruta, titolare del “Caffè Letterario” -. Il problema sono le norme che sono sul filo dell’inapplicabilità. Nessun locale potrà mai essere veramente in regola su tutto perché è impossibile. L’intero comparto è in affanno. Sembra che ormai ci siano solo due alternative: le multe o la chiusura. Per chi resiste, arriva il verbale e chi non riesce ad andare avanti, chiude».
Musica fino a mezzanotte d’inverno e fino all’una di notte nei mesi di luglio e agosto. È questo quello che stabilisce il Regolamento comunale inerente la vivibilità, l’igiene ed il pubblico decoro. Scontato che le attività nelle quali si suona musica dal vivo sono tenute poi anche al rispetto dei limiti di decibel. I titolari dei locali con tavolini all’esterno, devono inoltre assicurarsi che i clienti non facciano troppo rumore. E se questo accade, scattano le sanzioni. Chi è recidivo paga invece con la chiusura del locale per almeno dieci giorni.
«Se continuano così la movida diventerà un mortorio - afferma Antonio Calogiuri, titolare “Ral9010” -. Siamo in estate, le persone escono tardi. Come possiamo spegnere prima? La musica attira le persone, è un intrattenimento per i clienti e per i turisti. I giovani che vengono a Lecce si trovano un centro dove non c’è niente e scappano tutti via. Stanno uccidendo il centro storico».
Le regole mettono in fuga i clienti quindi, e non sono pochi gli imprenditori che “minacciano” di abbandonare il centro della città. «Ho avviato una trattativa di vendita perché come si fa a lavorare in queste condizioni? - aggiunge Calogiuri - Meglio andare via. E non solo il solo. Prima distribuiscono licenze ma poi non si preoccupano delle nostre difficoltà. Prima ti fanno aprire e poi arrivano le batoste».
«Non credo ci sia questo grave problema di decibel - racconta Danilo Stendardo, titolare del “Road66” -. Siamo alle porte dell’estate, l’afflusso di persone aumenta e quindi “potremmo” lavorare di più e invece siano messi in difficoltà, costretti a lavorare con questa spada di Damocle che ci perseguita. Alla fine si parla di centro storico: la gente deve pur parlare e deve essere sempre libera di godere la movida».
 
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