Boss condannato ad 8 anni: «Ubriacò e violentò una 15enne in albergo»

Il Tribunale di Lecce
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Giovedì 2 Dicembre 2021, 15:56 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 12:26

Violentata a 15 anni dopo essere stata ubriacata con sei bicchieri di Tequila. Soggiogata ed intimorita dopo averle riempito la testa di racconti dei suoi trascorsi mafiosi fatti di atti di prepotenza, di omicidi, di onore e di rispetto. Per farle credere di essere il suo protettore, di essere la persona che l’avrebbe inserita nella vita ancora meglio dei suoi genitori. Con queste accuse è stato condannato ad otto anni di reclusione Roberto Rapisarda 55 anni, di Belpasso (in provincia di Catania), con condanne passate in giudicato per mafia, per associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, per rapina in concorso, lesioni a pubblico ufficiale ed altro. Pena accessoria, due anni di misura di sicurezza, una volta sconotata la condanna.

Il processo

Il giudice per l'udienza preliminare del Tribunale di Lecce, Alcide Maritati, lo ha ritenuto responsabile dell'accusa di  violenza sessuale aggravata dall’uso di sostanze alcoliche, da motivi abietti, da abuso di ospitalità, nonché perché la vittima aveva meno di 18 anni e per avere ostacolato i suoi tentativi di difendersi. Vittima una ragazza di 15 anni ospite con la sua famiglia la scorsa estate in una struttura turistica di Gallipoli e costituitasi parte civile con l'avvocato Luigi Covella. Diciotto anni di reclusione sono stati invocati dal pubblico ministero della Procura di Lecce, Luigi Mastroniani, titolare dell'inchiesta condotta con i poliziotti del commissariato di Gallipoli diretti dal vicequestore Monica Sammati.

L'assoluzione è stata invocata dall'avvocato difensore Francesca Conte.

L'inchiesta

L’accusa si è sostanziata sia sulle dichiarazioni della ragazza acquisite nel processo con il rito dell'incidente probatorio ma anche sulle centinaia di messaggi trovati nel suo telefono ed in quello di Rapisarda. Emblematici - dicono questo le carte del processo - del rapporto violento consumato quella notte ma anche della scansione temporale attraverso cui la ragazza sarebbe stata circuita ed intimorita: dicendole sì di stare dalla sua parte perché lui era un mafioso, ma anche promettendole di portala in discoteca di nascosto dai genitori. E di regalarle quel costume da bagno che papà e mamma non volevano comprarle. Un martellamento continuo con messaggi ora adulatori ora in stile mafioso ma anche presentandosi un giorno con piccoli regali come magliette, bevande e i suoi cibi preferiti. E non mancando mai di darle prova di come riuscisse a sottomettere gli altri ai suoi voleri. A cominciare con il farle notare che fosse l’unico dipendente con una stanza tutta sua. Un privilegio accordatogli - sottolineò - perché era mafioso. A 15 anni nessun sospetto che quell’uomo non la stesse circuendo per avere un rapporto sessuale? No, no perché la rassicurava che nel codice della mafia non si fanno certe cose alle ragazzine. La sentenza di primo grado ha raccontato un'altra verità.

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