L'addetto stampa fa causa, condannati Pd e Bellanova. La viceministra: «Decisione infondata, impugneremo»

In primo grado, in Tribunale, la richiesta del lavoratore era stata rigettata. Ci sarà il terzo grado

L'addetto stampa fa causa, condannati Pd e Bellanova. La viceministra: «Decisione infondata, impugneremo»
di Andrea TAFURO
3 Minuti di Lettura
Mercoledì 14 Settembre 2022, 20:08 - Ultimo aggiornamento: 18 Febbraio, 00:11

L'addetto stampa fa causa, condannati Pd e Bellanova. Il viceministro: «Decisione infondata, impugneremo». Il Partito democratico di Lecce e la viceministra delle Infrastrutture Teresa Bellanova condannati dalla Corte d'appello di Lecce per aver utilizzato un addetto stampa con contratto co.co.co e a partita iva per 1.200 euro lordi al mese, mentre di fatto nel ricorso giudicato dai giudici leccesi è emerso che era un dipendente con un rapporto di lavoro subordinato. La vicenda complessiva risale al periodo marzo 2010 - giugno 2013, ed ora, a seguito della sentenza il Pd e Bellanova, ora in quota a Italia Viva, dovranno pagare a Maurizio Pascali, la controparte, 50mila euro: oltre 43mila euro il partito, il resto in solido con l’ex sindacalista, che nell’annunciare ricorso in Cassazione tramite i suoi legali, ha aggiunto: «Le sentenze non si commentano, si rispettano».

La decisione dei giudici

Secondo i giudici della sezione lavoro della Corte di appello di Lecce, che si sono espressi sul caso lo scorso giugno, “l’attività di Pascali era meramente esecutiva delle richieste degli esponenti del Pd, rispetto ai quali si poneva come interfaccia con gli organi di stampa locale, anche monitorando e segnalando la pubblicazione di interventi di soggetti di diverso orientamento politico ai quali il Pd potesse replicare”.

Pascali - si legge ancora nella sentenza – “fu direttamente chiamato dall'onorevole Bellanova per integrare il suo personale staff” nel periodo gennaio – giugno 2013. Da qui la sentenza di condanna per il Partito Democratico e Bellanova, con risarcimento al lavoratore oltre al pagamento delle spese di giudizio, calcolate in altri 18mila euro.

Le dichiarazione della viceministra

Teresa Bellanova, in merito alla sentenza della Corte di Appello di Lecce, fa sapere di aver già versato i circa 1.300 euro disposti a suo carico e aggiunge: «Nel primo grado di giudizio innanzi al Tribunale le richieste del ricorrente erano state totalmente rigettate dal Giudice, il quale aveva ritenuto che la prestazione di lavoro oggetto della controversia fosse completamente autonoma. Successivamente – precisa la viceministra - la sentenza della Corte d’Appello di Lecce ha ritenuto di qualificare la stessa prestazione come collaborazione coordinata e continuativa che, come è noto, è, comunque, un rapporto di lavoro autonomo, escludendo, dunque, la natura subordinata del rapporto. In virtù di questa valutazione discrezionale, che i miei legali ritengono del tutto infondata e che sarà, pertanto, oggetto di impugnazione in Cassazione, sono stati applicati gli effetti della cosiddetta legge Biagi secondo cui, in mancanza del “progetto” (previsto, appunto, per le collaborazioni coordinate e continuative), al collaboratore è riconosciuta la medesima retribuzione del lavoratore subordinato».

© RIPRODUZIONE RISERVATA