Le imprese: «Salari più alti? Difficile senza competitività»

Le imprese: «Salari più alti? Difficile senza competitività»
di Pierpaolo SPADA
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Martedì 3 Marzo 2020, 10:08
Cosa realmente rende il Salento maglia nera di Puglia nella graduatoria delle retribuzioni medie nel settore privato? I punti di vista degli imprenditori convergono: da un lato per rilevare le lacune culturali del tessuto produttivo, dall'altro per rimarcare le differenze.
La minore presenza dell'industria certamente concorre a determinare nel Salento un andamento retributivo diffusamente statico.

Ma, secondo il presidente di Confindustria Lecce, Giancarlo Negro, non si tratta dell'unica motivazione alla base di una questione che parte da lontano: «La dimensione aziendale nel nostro territorio è ancora molto contenuta, e c'è un serio problema anche di sottocapitalizzazione. Poi, c'è un aspetto legato ad una mancanza di capacità e competitività delle nostre imprese dovuta ai fatti che lamentiamo ogni giorno: lontananza dai mercati, assenza di infrastrutture che comporta costi aggiuntivi di gestione solamente a carico delle imprese, quindi tutti quegli aspetti fanno delle nostre imprese un'economia fragile. Noi continuiamo a ripetere che è necessario rafforzare la capacità strutturale delle imprese perché questo vuol dire avere delle ricadute in termini di occupazione e salari. Oggi purtroppo - aggiunge Negro - pensare di alzare automaticamente i salari, semplicemente aspettandoci che qualcosa possa cambiare, non è possibile. Quello che possiamo e dobbiamo fare è, dunque, lavorare per la crescita della sostenibilità del nostro sistema competitivo. Indubbiamente, parliamo di contratti di mille euro, però, d'altro canto, parliamo di contratti che devono godere di tutti gli aspetti di legalità. Non voglio nemmeno considerare tutto ciò che è fuori dalle logiche di legittimità e legalità. Quello va combattuto a prescindere».

Rivolta al presidente di Confartigianato Imprese Lecce, Luigi Derniolo, la stessa domanda ne genera subito un'altra. E con una risposta quasi scontata: «Nei nostri bar il bicchiere d'acqua si paga? E in quelli di Milano? Vedete - afferma l'imprenditore - è tutta qui la differenza. Rispetto al Nord, il Sud, la Puglia e il Salento sono un altro mondo, con altri mercati, altre spese e altri costi che maturano anche sulla base di un consolidato assetto culturale che difficilmente muta. Qui, i dipendenti guadagnano in media mille euro perché le imprese sostengono dei costi che le imprese di altri territori non sostengono perché godono anche di flussi di clientela più sostenuti e assortiti. I nostri flussi di clientela rendono spesso insostenibile o semplicemente non necessario l'impiego full time delle persone».

Ecco quindi spiegato secondo Derniolo il massiccio ricorso al part time: «Per il mio settore, quello della pasticceria - aggiunge - la differenza con il Nord è abissale. Noi vendiamo i migliori cioccolatini a 30-35 euro al chilo. A Milano, quel prezzo è il punto di partenza. Eppure il costo delle materie prime è identico, lo detta il mercato. È chiaro che, in questa situazione, io ci guadagno molto meno. Perché non vendo anch'io i cioccolatini da un prezzo di partenza di 35 euro al chilo? Perché andrei fuori mercato, nessuno li comprerebbe».

Derniolo sostiene che le differenze in ambito regionali siano lievi e che, rispetto al Nord, al Sud manca, in realtà, una cultura del rispetto del lavoro altrui. «Finchè questo elemento non sarà invertito - conclude - le cose resteranno invariate con buona pace di chi è costretto ad accontentarsi di mille euro al mese.
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