Inquinamento della falda, confermata la condanna a due anni e mezzo per Semeraro

Inquinamento della falda, confermata la condanna a due anni e mezzo per Semeraro
di Erasmo MARINAZZO
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Venerdì 26 Febbraio 2016, 18:50 - Ultimo aggiornamento: 27 Febbraio, 09:11
La conferma della condanna a due anni e mezzo di reclusione per l’ex presidente dell’Us Lecce, Giovanni Semeraro è arrivata nella tarda serata di ieri. Il sostituto procuratore generale Ennio Cillo ha concluso l’arringa in prima serata davanti ai giudice della Corte d’Appello di Lecce (presidente Vincenzo Scardia), richiamando la sentenza del 28 novembre del 2013 del giudice monocratico Silvia Minerva sull’inquinamento della falda acquifera nella zona di via Taranto, causato dagli sversamenti di idrocarburi dell’ex deposito Apisem.
Avvelenamento colposo, l’accusa sulla quale in tarda serata la Corte d’Appello si è pronunciata confermando la condanna. Il pg Cillo, che ha rappresentato l’accusa anche nel processo di primo grado come magistrato titolare dell’inchiesta condotta con i carabinieri del Noe (Nucleo operativo ecologico), ha sottolineato che la zona non sia stata mai bonificata nonostante l’annuncio delle istituzioni di adottare misure per tutelare la salute dei residenti. Fra questi anche Sergio Fiorentino, costituitosi parte civile con gli avvocati Giuseppe e Michele Bonsegna, dopo essere stato costretto a  convivere per oltre dieci anni con le esalazioni degli idrocarburi e l’acqua del pozzo inquinata e marrone come il gasolio. A questo proposito il giudice Minerva aveva marcato le responsabilità degli enti pubblici, nella sentenza di primo grado: “La condotta dell’imputato elusiva degli obblighi di messa in sicurezza, caratterizzazione e bonifica, è stata adottata dallo stesso, evidentemente, anche con la complicità delle pubbliche amministrazioni interessate”, ha sostenuto il giudice Minerva. Che poi ha aggiunto nel verdetto: «Che tutte, nessuna esclusa, hanno omesso di esercitare attivamente i poteri di impulso, vigilanza e controllo, nonché i poteri sostitutivi previsti dalla legge.
Tali condotte dei pubblici amministratori, per come emerse dal dibattimento svolto, assumono rilevanza penale ed impongono di disporre la trasmissione degli atti alla Procura per le eventuali determinazioni di competenza. Invero, dette condotte omissive, possono configurare i reati, procedibili d’ufficio, di omissione di atti di ufficio e di concorso nel reato di avvelenamento colposo di acque in forma omissiva. Addebitabile in virtù del principio di equivalenza di cause, secondo cui non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo».
A difendere Semeraro l’avvocato Andrea Sambati che al termine dell’arringa aveva chiesto l’assoluzione.
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