Il Lecce torna in serie A: la città si colora di giallorosso

Il Lecce torna in serie A: la città si colora di giallorosso
di Francesco BUJA
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Sabato 11 Maggio 2019, 17:53 - Ultimo aggiornamento: 13 Maggio, 12:21

LECCE -  Festa. Al triplice fischio dell'arbitro scoppia la gioia incontenibile del Via del Mare: il Lecce è tornato in serie A. Inaspettatamente. Il club riconquista il palcoscenico dove era abituato a gravitare, la città ottiene il suo riscatto. Il festeggiamento comincia già intorno al 70' minuto della sfida con lo Spezia, quando la curva Nord ha intona: «Dài, ragazzi, non molliamo!» e il resto dello stadio ritma l'incitamento con le mani. Subito la platea è accarezzata dalla ola, come ai vecchi tempi. E per pochi centimetri non suggella cotanto entusiasmo l'incornata di La Mantia, che su cross di Falco dalla sinistra spedisce la palla oltre il legno orizzontale difeso da Lamanna. Il gol dei liguri non scalfisce negli impazienti spettatori la convinzione di farcela, e i sei minuti di recupero sortiscono l'effetto di un coperchio su una pentola a vapore: quando l'arbitro, che pareva avesse smarrito il fischietto, ferma definitivamente il gioco, sboccia l'esultanza liberatoria. Ma ancora non esplosiva, come quella di chi ancora non crede ai propri occhi.
Il podio tricolore, preparato per la premiazione della squadra, conferma che la realtà è pari al sogno. Vi salgono, uno a uno, il presidente del club, Saverio Sticchi Damiani, gli altri dirigenti, il medico sociale, i calciatori. La squadra riceve il trofeo, il turbinio dei coriandoli, sale la canzone We are the champions. Lo stadio canta. Poi i giocatori trottano fino alla curva Nord, le cui ugole si sonop prodigate per tutto il tempo della partita: ringraziano il pubblico e da questo sono ringraziati. La liturgia della vittoria. Mano nella mano gli atleti corrono verso la tribuna Est, saltellano, cantano anche loro; poi l'omaggio alla curva Sud, dove spiccano, fra gli altri vessilli, tre bandieroni calanti dalla balaustra. E il saluto alla tribuna Ovest. Sventolano le bandiere, il clamore degli oltre venticinquemila spettatori è contaminato da sporadiche vuvuzela. Alcuni tifosi si sono dipinti in volto il giallo e il rosso. La folla sciama composta dallo stadio. E le parole all'uscita dallo stadio confermano il motivo del diffuso stato di calma apparente: «Mi sento in trance, ancora non mi rendo conto che siamo tornati in serie A».


Sventolano le bandiere dalle auto. La strada verso il centro cittadino offre un crescendo di strombazzamenti. E qui lo stato di trance è dissolto. La villa comunale è chiusa, per motivi di sicurezza, ma se i pietrosi busti lì collocati fossero dotati di braccia, sicuramente si tapperebbero le orecchie. Gremita piazza Sant'Oronzo, sfilano le bandiere e le magliette giallorosse di differenti annate. Anfiteatro romano circondato da transenne, come previsto, per evitare che si festeggi lì. Un piccolo striscione portato a spasso nei paraggi: «Solo tu fin da bambino». E su un altro: «Né vodka né sangria ubriachi di La Mantia». Un giovane canta a squarciagola in quartetto e, chissà per quale prodigioso processo scientifico, assume vagamente le sembianze di Chevanton. Un tizio gira in bicicletta avvolto in una sorta di tunica giallorossa, in testa una mitra di cartone recante una A.
La fontana di piazza Mazzini è rimasta a secco, per prudenza, ma non manca l'attrattiva: è una utilitaria su cui un giovane ispira e dirige i cori degli astanti. Segue un'altra piccola auto, questa reca sulle fiancate strisce giallorosse. Un fumogeno. Arriva il pullman, scoperto, a bordo in cima ci sono i giocatori. Tra loro c'è il presidente. L'acclamazione. Altri tifosi lo attendono in prossimità di piazza Sant'Oronzo. La gente attende in via XXV Luglio, trepidante, quasi fosse alla messa della notte che precede la Pasqua, ma anche qui si celebra una resurrezione. Prima però transita il pullman che trasporta le mogli dei calciatori. Poi finalmente arrivano loro, alcuni dei quali sventolano una bandiera, un altro porta in braccio una tridimensionale lettera A. Il presidente esibisce il piatto della vittoria conferito dalla Lega calcio di serie B.
Si canta. Ma qualcuno se la gode in silenzio. Si rilassa, infatti, Vito Abatianni, di San Cesario, abitante a Lecce. Spiega: «Dopo aver lavorato di notte, sono arrivato da Foggia intorno alle 13. E da lì sono andato subito allo stadio, perché non volevo mancare a questa festa. Questi ragazzi sono stati strepitosi, leggendari». Il pullman avanza, lentamente, fotografato, rincorso. Si ferma ancora, nelle prima e dopo la svolta per via Fazzi. E su piazza Sant'Oronzo si levano i fuochi d'artificio. Alti, come il sogno appena realizzato.
 


 

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