La paura non ferma la voglia di ballare: assembramenti in pista e niente mascherine

La paura non ferma la voglia di ballare: assembramenti in pista e niente mascherine
di Francesco SOZZO
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Domenica 21 Giugno 2020, 09:38 - Ultimo aggiornamento: 10:59
Vieni a ballare in Puglia. Senza il problema dell'assembramento. In pista tutto è concesso. Persino l'assembramento. E un venerdì che ha registrato due fatti di cronaca poco edificanti per il popolo della notte: una rissa a Gallipoli e una a Lecce.
Si torna dunque a ballare con buona pace del popolo della notte lontano dal tanto sbandierato distanziamento sociale, la misura più efficace - a detta degli esperti - nella lotta alla diffusione del Covid-19. Ma in poche ore le foto (e i video) della prima serata di apertura del Praja, discoteca di Gallipoli, fanno scatenare l'ira dei social, dei titolari di altri esercizi commerciali e di ristorazione costretti anche per coscienza civica ad attenersi a regole rigide con tutte le conseguenze che ne derivano: posti a sedere ridotti, clientela decimata, soldi - tanti - spesi per adeguarsi. Vale per bar e ristoranti, ma anche per lidi, centri estetici e parrucchieri. La lista è lunga.

In poche ore le foto della pista della Praja presa d'assalto dai giovani della notte senza mascherine e decisamente vicini (assembrati se più vi piace), fanno discutere. «Mentre i teatri sono chiusi, i concerti sospesi, le feste patronali annullate e noi veri artisti facciamo la fame, le discoteche riaprono», uno dei commenti su social. «C'è più distanziamento in una serata latina», scrive un altro utente difendendo il lavoro di quelle sale da ballo che ancora stentano a trovare una via di uscita. Basti pensare che l'Emilia Romagna - terra di liscio e balere - solo venerdì è riuscita ad incassare la possibilità di tornare a ballare. Ma con delle prescrizioni. Ballo liscio e di coppia concesso ma solo tra congiunti purché all'aperto. Un risultato a metà che si scontra con quello incassato dal popolo delle discoteche.

Fatto salvo l'adeguamento alle misure di sicurezza ai banconi del bar, alla cassa (dipendenti con dispositivi di protezione), di accesso contingentato, i titolari delle discoteche devono tenere conto solo del cosiddetto codice di affollamento, fissato dall'ordinanza della Regione Puglia (N. 259 del 12 giugno 2020) a 0,7 persone per metro quadro rispetto a quello previsto per legge ovvero di 1,2 persone per metro quadro, stringendo di fatto le maglie. E dunque una volta rispettato il numero massimo di accesso, il resto è un liberi tutti. Nessun vincolo obbligato di distanziamento sociale negli spazi dinamici, quindi in pista. Ma solo responsabilità individuale. Sebbene, gli stessi rappresentanti del settore - in un protocollo firmato tra Regione Puglia, Silb-Fipe e Movimento Impresa - parlassero espressamente di distanziamento sociale annunciando anche un sforzo in più: Gli imprenditori si impegnano a garantire anche la distanza tra le persone in pista con gli addetti alla pista, nuova figura professionale che utilizza il personale preposto ai servizi di controllo che, ai sensi del DM 6 ottobre 2009, deve essere iscritto in appositi albi istituiti presso le Prefetture. Quei famosi steward - che in altri contesti si chiamano distanziatori sociali (60mila quelli annunciati) il cui compito è quello di assistenti civici per assicurare il rispetto delle regole anti-contagio anche nella movida.

Ma di quel protocollo, di quell'impegno assunto dalle discoteche, sembra essersi persa ogni memoria. «Tutto superato dall'ordinanza regionale», tengono a sottolineare le piste da ballo. Il punto di partenza tuttavia è un altro: esiste o no il problema del contagio? E se non esiste per le discoteche, perché esiste per ristoranti e pub? Perché nel contenimento del virus è solo un settore a dover fare attenzione a non alimentare il contagio? Lo sdegno arriva da chi rispetta le regole, imprenditori certo, ma anche singoli cittadini che in maniera diligente mettono in atto tutte quelle regole di responsabilità individuale che da mesi ripetono amministratori, epidemiologi, medici e che hanno portato a indignarsi davanti a foto di assembramenti nei centri storici, di aperitivi di massa, di spiagge libere in confezione sardine. Di discoteche. Lo spettro di un nuovo lockdown fa paura. Ma, evidentemente, non a tutti.
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