«Morte in Messico del bancario leccese: «Simone Renda fu torturato»

I giudici della Corte d'Assise di lecce, Francesca Mariano e Roberto Tanisi
I giudici della Corte d'Assise di lecce, Francesca Mariano e Roberto Tanisi
di Erasmo Marinazzo
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Lunedì 16 Gennaio 2017, 20:11 - Ultimo aggiornamento: 6 Dicembre, 11:45

«Un cittadino straniero, in procinto di lasciare il Paese estero, è stato illegittimamente arrestato e lasciato morire in cella senza acqua né cibo, in stato di abbandono, con il tratttamento disumano costituente tortura». Dicono questo le motivazioni della sentenza che il 15 dicembre scorso ha condannato a 138 anni di reclusione i vertici del carcere ed un giudice della cittadina turistica messicana Playa Del Carmen, per la morte del bancario leccese Simone Renda. Rispondono nella sentenza del processo di primo grado, di omicidio volontario e della violazione della convenzione Onu contro la tortura ed altre pene, o trattamenti crudeli, disumani e degradanti.

Una vicenda di cui si è occupato negli anni anche il Governo italiano, anche per sollecitare risposte ferme e credibili sul perché fu riservato quel trattamento disumano ad un turista italiano.
Risposte non ne sono mai arrivate dal Messico. La verità processuale è nelle 61 pagine  a firma del presidente del giudice a latere della Corte d'Assise di Lecce, Roberto Tanisi e Francesca Mariano, individuate le condotte e le responsabilità sulla morte prematura, aveva 34 anni, di Renda in Messico il 3 marzo del 2007, quando accusò un malore in albergo mentre era in procinto di raggiungere l'aeroporto per rientrare in Italia: il turista italiano fu torturato, ha detto la sentenza.

Finì in carcere, Renda, per aver offeso il decoro pubblico, perché fu visto in cannottiera e mutande dal personale dell'albergo sul letto della sua stanza, in preda ad un malore. Accusa - quella dell'offesa al decoro - poi dimostratasi infondata dal processo celebratosi a Lecce, grazie a quella norma del codice di procedura penale italiano sui reati subiti o commessi all'estero da cittadini italiani.
E restò in carcere oltre il termine delle 36 ore previsto dalla legislazione messicana, Renda. Senza cure e senza nemmeno un bicchiere d'acqua, nonostante il medico avesse prescritto controlli urgenti, fra i quali un elettrocardiogramma poiché i sintomi rilevati facevano temere l'insorgere di un infarto. «Ma ammesso per assurdo che Renda fosse stato legittimamente tratto in arresto perché avesse offeso il decoro pubblico con un abbigliamento scoperto, secondo la legislazione messicana si sarebbe stati comunque in presenza di una sanzione amministrativa che consentiva il fermo dell'arrestato per non più di 36 ore», le osservazioni della Corte d'Assise di Lecce che sollevano un dubbio inquietante su cosa accadde a Simone Renda nel tragitto fra l'albergo ed il carcere: distano una decina di minuti di macchina, ma il bancario leccese ci arrivò dopo un'ora con i due poliziotti che lo avevano prelevato dall'albergo: «I due poliziotti non hanno avuto il decoro di fornire alcuina spiegazione plausibile ai lividi trovati sul corpo del giovane ed al suo stato di progressivo peggioramento, oltre che all'assenza degli effetti personali».

Non meno gravi sono stati ritenuti i comportamenti contestati al giudice qualificatore Hermilla Valero Gonzales: «Non indagò in alcun modo sulle condizioni fisiche dell'arrestato, non dispose che fosse visitato nuovamente da un medico o tradotto nell'infermeria o in una struttura ospedaliera. E questo è inqualificabile perché, quand'anche l'imputata avesse ritenuto che Renda versasse in quello stato a causa di assunzione di alcol e droga, era suo dovere provvedere. Era suo dovere assumere qualsiasi provvedimento nei suoi riguardi. Di qualunque natura esso fosse».
Venticinque anni sono stati inflitti a Arcero Parra Cano (capo del servizio di permanenza in carcere), Pedro May Balam (vicedirettore del carcere municipale) ed alla giudice Hermilla Valero Gonzales. Ventuno anni la pena per Luis Alberto Arcos Landeros (guardia carceraria), Gomez Gomez Cruz (responsabile dell'ufficio di ricezione del carcere) e Najera Enrique Sanchez (guardia carceraria).
Alla madre ed allo zio di Simone Renda, Cecilia Greco e Getano Renda costituitisi parte civile con gli avvocati Paquale Corleto, Fabio Valenti e Giuseppe Corleto, sono stati riconosciute provvisionali rispettivamente per 150mila e 100mila euro.

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