Condoni e abusivismo: «Ecco le case non sanabili». Dai Comuni sì alle demolizioni

Condoni e abusivismo: «Ecco le case non sanabili». Dai Comuni sì alle demolizioni
di Maddalena MONGIò
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Domenica 17 Novembre 2019, 09:50 - Ultimo aggiornamento: 16 Febbraio, 16:12

Condono edilizio: si prepara la resa dei conti e si avvicina il rischio demolizioni. Dopo il dato choc di 53.016 pratiche di condono edilizio pendenti nel Salento, per un valore di 240 milioni (dati forniti dal Centro studi Sogeea e sottostimati perché non tutte le amministrazioni comunali hanno fornito i numeri del fenomeno), rimane il punto interrogativo sul da farsi. Nei prossimi giorni si insedierà il tavolo tecnico regionale per la lotta all'abusivismo di cui faranno parte Regione, procure pugliesi, 1 componente in rappresentanza dei Comuni pugliesi, designato dal presidente di Anci Puglia.

«Abbiamo istituito un tavolo di collaborazione tra procura e Regione puntualizza l'assessore regionale all'Urbanistica Alfonso Pisicchio rispetto alle vicende dell'abusivismo edilizio. Il tavolo metterà in campo valutazioni in ordine agli abusi che sono stati effettuati e alle azioni da intraprendere. Si insedierà la prossima settimana». Il primo passo sarà la ricognizione complessiva degli immobili oggetto di abuso edilizio e quindi sarà inviata ai sindaci la richiesta di fornire l'elenco degli immobili che possono essere sanati e quello dei fabbricati che non possono essere oggetto di condono alla luce, soprattutto, del Piano paesaggistico regionale che ha posto una stretta sui vincoli, in particolare sulle zone costiere che tra gli anni '70 e '90 del secolo scorso hanno subito un'azione brutale di scempio dei territori. E la parola demolizione risuona senza incertezze.

«Bisognerà fare una valutazione sulla tipologia di abuso spiega Pisicchio ci sono pratiche di natura edilizia e altre urbanistica, che sono differenti come abusi. La legge dava una possibilità, ma non è un automatismo alla sanatoria perché l'ente locale può decidere che quella sanatoria non era congeniale con le caratteristiche del luogo, ad esempio. La materia è molto complessa. Ci faremo indicare dalle amministrazioni comunali gli immobili da demolire perché non sanabili e dovremo reperire le risorse per sostenere i Comuni che dovranno far rispettare le norme».

A Salve stanno prendendo di petto la situazione e sono pronti anche a demolire per i casi in cui non c'è possibilità di condono. «Per il condono dell'85 rende noto Giovanni Lecci, vicesindaco con delega ai Lavori pubblici e all'Urbanistica sono state presentate circa 1.200 pratiche, di cui inevase circa 200. Per quello del '94 sono circa 250 e l'80 per cento è stato evaso, mentre quello del 2004 è quello che presenta più problemi ad evadere la pratica in quanto le maglie erano più stringenti, ma i cittadini hanno pensato di poter condonare tutto. Si tratta di pratiche che non possono avere il parere favorevole. Bisogna completare l'iter delle pratiche rimaste inevase per il primo e secondo condono, quelle del 2004 saranno respinte e se ci saranno gli estremi per la demolizione procederemo chiedendo preventivamente il ripristino dello stato dei luoghi. La nostra amministrazione si sta costituendo parte civile nei processi per abusivismo: prima non era mai stato fatto».

Da Tricase il sindaco Carlo Chiuri esterna i dubbi che travagliano le amministrazioni: «Non è semplice. Per arrivare alla demolizione serve una sentenza definitiva, quindi sino a quando non si arriva in Cassazione è tutto fermo e poi deve partire l'esecuzione. Ci sono anche le autodemolizioni, per evitare il processo penale. C'è anche un problema di risorse da reperire per poter demolire. Le pratiche non sono dormienti, in realtà il proprietario non ha interesse a sollecitare la conclusione dell'iter, i Comuni non hanno le somme necessarie per andare sino in fondo e il problema è tutto qui. A Tricase non abbiamo molti casi, ma intanto aspettiamo di poter abbattere Villa Saluli: la sentenza è attesa l'11 dicembre».

Da Melendugno il sindaco Marco Potì invoca una soluzione a livello regionale: «Nel nostro Comune di pratiche di condono non completate ce ne sono meno di mille. Circa trecento rientrano nei piani di recupero urbanistico, già approvati dalla Regione e dal Comune di Melendugno, ma gli oneri sono rapportati a oneri di urbanizzazione molto elevati e i proprietari non riescono a ritirare i permessi. Ci sono casi non condonabili perché rientrano nella fascia dei 300 dalla costa. A tal riguardo voglio segnalare che negli anni, nei 300 metri, sono stati concessi condoni che ora per case confinanti non possono più essere dati. Secondo me, in sede di revisione del Piano paesaggistico regionale, capire come risolvere queste situazioni».

Da Ugento il sindaco Massimo Lecci lega il problema alla scarsità di risorse: «Delle pratiche relative al primo condono non è rimasto molto, qualcosa è rimasto per quello del 2004.

Ci sono diversi casi di immobili non sanabili e bisognerà procedere con le modalità previste dal condono, innanzitutto restituendo gli oneri versati. Le amministrazioni passate non hanno accantonato quei fondi, ma li hanno utilizzati e quindi oggi si tratta di reperire quelle risorse e poi valutare cosa fare in ordine agli immobili. Per qualcuno di questi potrebbe esserci l'interesse pubblico ad acquisire il bene, ma saranno valutazioni da rimettere al Consiglio comunale».

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