Basterebbe uno di quei file per descrivere l’orrore estremo. Lui - nickname Daddyloveprincesses sulle chat Kik Messenger - sui suoi computer ne aveva più di diecimila: un’intera biblioteca di immagini e filmati pedopornografici che metteva a disposizione di una comunità mondiale di più di mille orchi telematici, 600 dei quali - uno dei risvolti più inquietanti dell’indagine condotta dal pm Giovanni Tarzia e dalla polizia postale - italiani.
Dalla Nuova Zelanda agli Stati uniti al Canada, gli alert si sono accesi sui terminali di forze dell’ordine ed enti che si occupano di contrasto della pedopornografia on line. Un filo telematico che ha portato fino ad un anonimo appartamento di Sesto San Giovanni. Da dove Alessandro B., 33 anni, caricava sui server foto e filmati agghiaccianti con protagonisti minori tra i sei mesi e i 15 anni: «Immagini e filmati violenti - si legge sull’ordinanza firmata dal gip Guido Salvini - raffiguranti minori legati e sottoposti a varie forme di costrizione e abusi sessuali su neonati». «Materiale pedopornografico anche estremo» perfino «immagini di minori in atti sessuali con animali». Il gip Salvini ha dispoto l’arresto di Alessandro B., ravvisando il pericolo di inquinamento probatorio e di reiterazione del reato. Per lui «il consumo di materiale pedopornografico», che poi metteva a disposizione di altre persone - tra cui quei 600 italiani su cui ora la polizia postale sta indagando - era diventato «un’allarmante dipendenza». «L’indagato è stabilmente inserito in un circuito finalizzato alla diffusione di materiale pedopornografico e in tale contesto non ha assunto la veste di passivo fruitore, ma ha lui stesso incrementato il circuito, attraverso la diffusione di materiale» scrive Salvini.
L’inchiesta è partita dalla segnalazione effettuata dall’organo statunitense Ncmec CyberTipline, un ente senza scopo di lucro che dal 1984 si occupa di bambini scomparsi e sfrutatti, che ha riferito al Servizio centrale della polizia postale italiana di aver ricevuto un alert da Google su un loro utente che aveva caricato sul loro servizio di archiviazione 254 immagini di carattere pedopornografico.