Hostess dell'Alitalia e il flash mob al Campidoglio, quei corpi utilizzati per dire: «Ascoltateci»

Hostess dell'Alitalia e il flash mob al Campidoglio, quei corpi utilizzati per dire: «Ascoltateci»

di Maria Latella
3 Minuti di Lettura
Giovedì 21 Ottobre 2021, 00:05 - Ultimo aggiornamento: 22 Ottobre, 00:56

L’immagine colpisce. Coglie nel segno, raggiunge l’obiettivo, fa discutere. Forse, perfino, commuove, e nonostante tutto quel che si è detto dei cosiddetti privilegi della categoria. Perché nessuno può permettersi di sottovalutare il dramma di chi resta senza lavoro, magari non avendo più trent’anni e neppure quaranta.
Ma c’è un “ma”. Le hostess dell’Alitalia che ieri, davanti al Campidoglio, sono rimaste in sottoveste, hanno sì raggiunto l’obiettivo ma l’hanno fatto attraverso un messaggio vecchio e, se è consentito a una giornalista dirlo, ancora una volta applicato al corpo delle donne.


TENTARE VIE NUOVE
Funziona sempre? Certo, per ora funziona e infatti siamo qua a scriverne. Sarebbe ora di tentare vie nuove? Sì. Sarebbe ora.
Scindiamo il contenuto, la ovvia legittimità della protesta e la necessità di comunicarne le ragioni. Scindiamoci dalle modalità scelte. Se a spogliarsi fossero stati piloti e steward, il messaggio sarebbe stato diretto: «Siamo rimasti in mutande». Invece a svestirsi delle divise, ordinatamente riposte a terra secondo una regia piuttosto accurata, sono state le hostess. Il messaggio è lo stesso, trasmette l’umiliazione di chi si sente ormai senza protezione. Seminuda, appunto. Eppure, proprio perché questa esibita e sia pur pudica nudità viene dalle donne, alcune anche mature, viene da chiedersi, e da chiedere, perché. Perché pure voi?


LA TELEVISIONE
Il corpo delle donne in questi ultimi decenni è stato martoriato da ogni genere di esibizione. La tv un tempo per famiglie ci ha imposto prima ragazze e poi perfino “Milf” seminude pure al pomeriggio. Siamo, da anni, perseguitati da attrici e starlette e ora influencer di scarsa fama che fingono di far cadere una spallina per mostrare il seno o accavallano le gambe “per sbaglio” sentendosi per un attimo Sharon Stone solo perché non hanno le mutande. Il corpo delle donne sbattuto sotto gli occhi di tutti, piccoli, anziani, online, ovunque. E ancora, forse per convenzione o forse per pigrizia, noi dei media fingiamo che faccia notizia. Che sia “trasgressione”.


Le “Femen” le attiviste che dal 2008 manifestano a colpi di seno nudo, ormai notizia non fanno più.

Il film “Full Monty” che suscitò le simpatie di mezzo mondo attorno al gruppo di disoccupati britannici convertiti allo spogliarello per tirar su qualche sterlina, risale addirittura al 1997.


LA “TRASGRESSIONE”
Nel frattempo su TikTok le tredicenni misurano la loro popolarità tra coetanei ballando praticamente nude. Anche loro convinte che l’esibizione del corpo sia “trasgressione”: le abbiamo fatte crescere così. 
Sono certa che le hostess in sottoveste davanti al Campidoglio siano giunte alla decisione di protestare svestendosi perché è difficile far passare, in questo momento, le ragioni della protesta. 


Qualcuna, tra loro, piangeva. Certo nessuna si è divertita. Dev’essere stata una decisione sofferta o comunque non presa alla leggera. È stato come dire «Eccoci, ci avete tolto anche la dignità del lavoro». Un gesto forte che purtroppo va a confondersi con la quotidiana nudità sbandierata ovunque e da chiunque. Davvero non c’era un altro modo per dire «Ascoltateci»?

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