Il Tfr vince ancora. Troppa prudenza degli iscritti ai Fondi

Solo il 9,2% della platea punta sull’azionario per ottenere una previdenza complementare capace di integrare il primo pilastro

Il Tfr vince ancora. Troppa prudenza degli iscritti ai Fondi
di Marco Barbieri
4 Minuti di Lettura
Mercoledì 6 Settembre 2023, 11:23 - Ultimo aggiornamento: 7 Settembre, 06:00

Meno del 10% degli iscritti ai Fondi pensione riesce a battere il Tfr nel rendimento della sua prestazione di previdenza complementare.

Non per malasorte o per un destino ineluttabile, ma per una scelta, talvolta inconsapevole, spesso dovuta alla scarsa propensione al rischio. Intendiamoci, non si tratta di calcoli relativi all’ultimo anno terribile, il 2022, dove tutte le prestazioni sono state inferiori a quelle garantite dal Tfr, ma in quell’arco temporale che più si adatta alla valutazione della previdenza. E nonostante il piccolo ma significativo rimbalzo registrato nei primi sei mesi del 2023.

APPORTO COVIP

 Nell’ultimo rapporto semestrale di Covip, la Commissione di vigilanza sulla previdenza complementare, si legge che nel periodo 2013-2023 (fino ai primi sei mesi dell’anno), mentre la rivalutazione del Tfr è stata pari al 2,3%, “i rendimenti medi annui composti delle linee a maggiore contenuto azionario si collocano, per tutte le tipologie di forme pensionistiche, tra il 5 e il 5,4%; per le linee bilanciate, i rendimenti medi vanno dal 2% dei Pip di ramo III, al 2,9% dei fondi negoziali e al 3,2% dei fondi aperti.

Viceversa, le linee garantite e quelle obbligazionarie pure mostrano rendimenti medi vicini allo zero o di poco superiori”. Quindi meglio del Tfr vanno solo gli azionari, i bilanciati sono più o meno in media sul Tfr, tutti gli altri fanno peggio. Peccato che solo il 9,2% degli iscritti ai fondi pensione scelga il comparto azionario. Restano prevalenti i profili con una quota azionaria bassa o addirittura nulla; la scelta per le linee garantite si conferma preminente, con il 38% degli iscritti, gli obbligazionari concentrano il 13,1%, mentre nei profili bilanciati si colloca il 39,7% degli iscritti. La previdenza complementare nasce per offrire ai lavoratori l’opportunità di integrare l’assegno di pensione derivante dai contributi obbligatori. E nasce – in Italia anche tardivamente – nella consapevolezza che il primo pilastro non avrebbe potuto mantenere le ricche prestazioni offerte dal sistema retributivo.

LA PARTECIPAZIONE

 Se il metodo contributivo si prefigge di tutelare la sostenibilità del sistema, si affida ai singoli – e alle loro rappresentanze collettive – il compito di migliorare e integrare la prestazione di primo pilastro destinata a dimagrire per mantenere saldo il sistema nel suo complesso. Ma da un lato la previdenza complementare non decolla – solo circa il 30% dei lavoratori aderisce ai Fondi pensione, e una buona quota degli iscritti non versa contributi – anche per gli oneri obbligatori (non si scopre oggi che la contribuzione obbligatoria in Italia è tra le più alte al mondo). Dall’altro lato chi aderisce lo fa con una consapevolezza bassa e con una conoscenza della propensione al rischio decisamente insufficiente. Chi si iscrive ai Fondi pensione con il sistema del silenzio-assenso viene collocato nelle linee garantite: rendimento vicino allo zero, a volte anche inferiore. Quando si esprime una preferenza, i risultati sono quelli indicati: meno del 10% si affida a un profilo di rischio un po’ più forte, cioè a prevalenza azionaria. Negli ultimi anni, il peso dei profili garantiti è tuttavia sceso: rispetto al 2018, esso è diminuito di quasi sei punti percentuali a favore soprattutto dei profili bilanciati (+2,2%) e azionari (+2,8%). Bisogna ribadire che anche i profili bilanciati preferiscono la prudenza se il loro rendimento decennale va dal 2% al 3,2% (al massimo) a fronte della garanzia del 2,3% offerta dal Tfr.

MENO LINEE GARANTITE

 In rapporto alle nuove iscrizioni effettuate nel corso del 2022 emerge una maggiore preferenza per i profili di investimento più rischiosi: il 16,4% ha preferito gli azionari. Il 46% ha scelto profili bilanciati. Le linee garantite sono state preferite dal 28,7%, circa dieci punti in meno rispetto al totale degli iscritti da sempre. Qualcosa sta cambiando nella consapevolezza del rischio? C’è da augurarsi che qualcosa cambi nella percezione che nessuno regala denaro, al massimo lo si sottrae al futuro. Se il sistema contributivo del primo pilastro si prefigge di rendere sostenibile il sistema, bisogna comprendere che al mercato occorre chiedere l’integrazione. E il mercato può essere vigilato, ma non garantito. Torna il tema della educazione finanziaria, che verrà celebrato il prossimo mese di ottobre, con le sue ricadute di conoscenze necessarie sull’educazione previdenziale. Un capitale “garantito” finisce per essere sempre eroso dal tempo, dai costi di gestione e dall’inflazione. Senza rischio non c’è rendimento. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA