Damilano, minitour in Puglia: «Patria, un concetto plurale»

Damilano, minitour in Puglia: «Patria, un concetto plurale»
di Nemola ZECCA
4 Minuti di Lettura
Sabato 20 Gennaio 2024, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 22 Febbraio, 19:46

Oggi e domani Marco Damilano sarà protagonista di vari appuntamenti in giro per la Puglia, promossi da Diffondiamo idee di valore e Conversazioni sul Futuro. 

Prodotto concettuale della storia moderna e ideologia portante del XX secolo, la nazione e, con questa, la patria, rappresentano ancora oggi due fattori caratterizzanti del discorso culturale e politico dominante. Alimentato e rinsaldato, in modo sostanziale, da un accurato sistema comunicativo, il concetto di patria, elaborazione semantica tesa ad indicare il tipo di rapporto che lega un individuo alla terra d’origine e alle sue istituzioni, è in grado, da solo, di raccontare molto della storia di un Paese e della sua identità. Per uno Stato che, come l’Italia, ha conosciuto l’unità in estremo ritardo e che ancora adesso si trova alle prese con progetti di sottaciuta (ma non sempre) ispirazione separatista, a cui fanno da contraccolpo retoriche controverse sul ritrovato orgoglio nazionale, ripercorrere la storia di un’identità-patria rappresenta la necessità di chi, in questo marasma di populismi e memoria corta, intende fare ordine. A questo bisogno, risponde "La mia piccola patria. Storia corale di un paese che esiste" (Rizzoli, 2023), il nuovo libro del giornalista, editorialista e conduttore Marco Damilano. 


Marco Damilano, quando e perché nasce questo libro?
«Questo libro nasce in collaborazione con la casa editrice Rizzoli, che mi contattò per avanzarmi la proposta di un libro fotografico. Si trattava di un lavoro che non avevo mai fatto e che, per questo, mi entusiasmava molto. Ritengo, infatti, la fotografia un supporto davvero interessante per la narrazione degli eventi. Ho iniziato così, tra archivi giornalistici, editoriali e privati, un lavoro di ricerca di foto che fossero in grado di raccontare la storia della Repubblica attraverso delle immagini. E devo dire che la scelta è stata estremamente complicata. Di base, ho cercato di selezionare immagini molto note, che consentissero ad ognuno di riconoscersi, e altre meno popolari (addirittura alcune inedite), scelte per dare a chi legge la possibilità di interrogarsi e scoprirsi altro. Riguardo, infine, al perché di questo libro, è evidente che in un periodo come l’attuale, in cui la parola patria è tornata di moda, indagarne il significato mi è sembrato opportuno e necessario».


Il titolo del libro richiama la frase di una canzone di Giovanni Lindo Ferretti, dove la piccola patria era quella al di dietro della Linea Gotica. Come si lega la scelta di questo titolo al suo contenuto evocativo?
«Il libro prende le mosse dal 1943, anno in cui ragazzi e ragazze si rifugiavano in montagna per combattere il nazifascismo. E la loro, era una scelta frutto di un pensiero autonomo, non tramandato da nessuno ed estremamente etico. Per chi, come loro, ha deciso di stare dietro la Linea Gotica, la patria, possiamo dire, si è configurata come l’idea di scegliere da che parte stare; la stessa che ha poi guidato anche il militare Giorgio Allori, ritratto in copertina (la foto proviene dal suo archivio privato, ed è frutto dello scatto di Laura Lezza), a soffrire due anni nei capi di prigionia nazisti per non aver aderito alla Repubblica di Salò».


E cos’è, per lei, la patria?
«In una Repubblica, quale la nostra, fondata su una Costituzione democratica, la patria non può configurarsi come un’idea singolare; al contrario, la patria è e non può non essere, ad oggi soprattutto, un concetto plurale, frutto di una voce corale, fatta di identità e appartenenze che si pongono al di là di ogni confine».


Nell’Italia di oggi, però, il concetto di patria propagandato, per quanto anacronistico, si configura piuttosto come un sistema strutturale fondato sulla differenza e, dunque, sull’esclusione. Come possiamo uscirne?
«Credo che il primo passo sia parlarne, discuterne, scriverne. La scuola e, con questa, le istituzioni hanno in ciò un ruolo fondamentale. Viviamo in un Paese con spinte di divisione che occorre ricomporre e, per fare questo, è prima di tutto necessario, che la politica in primis sia rispettosa e accogliente nei confronti del dibattito sul tema».


Per chi, come lei, è un giornalista, fare memoria è fondamentale per il futuro di un Paese. A tal riguardo, cosa pensa della sentenza di ieri, emessa dalla Cassazione, a proposito del saluto romano?
«Come mi è già capitato di dire, mi sembra che la sentenza di ieri parli più alla satira che al diritto; accade questo quando si cerca di tradurre in regola lo spessore di un dibattito storico e politico. In Italia, la Costituzione e la legge vietano la rifondazione di partiti e organizzazioni fasciste. Tutto sta nel capire che importanza dare a queste norme, se sostanziale o meramente nominalistica. Fatto sta che, in una Repubblica democratica e antifascista, il saluto romano resta, per me, intollerabile e inammissibile, qualunque siano la sede e le ragioni».

© RIPRODUZIONE RISERVATA