Porto e identità violate: è il “sacco” di Brindisi. Li chiamano accorpamenti: così il capoluogo perde i vertici dirigenziali

Porto e identità violate: è il “sacco” di Brindisi. Li chiamano accorpamenti: così il capoluogo perde i vertici dirigenziali
di Tea Sisto
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Giovedì 31 Dicembre 2015, 09:35
Correva l’anno 1660, dicono gli storici. Su ordine del Vicerè di Napoli conte di Castrillo, firmato l’anno precedente, i rocchi di una delle due colonne romane che dominavano il porto di Brindisi, furono trasportati a Lecce per erigere un’altra colonna in onore di Sant’Oronzo. Un regalo, si disse. Del resto quei rocchi erano seminati a terra da più di un secolo, dopo un crollo ancora avvolto nel mistero. Poi si scoprì che quell’omaggio era stato un po’ forzato. Insomma non fu del tutto spontaneo e sentito. Ecco, quello fu il primo clamoroso scippo significativo nella storia della città. I brindisini non lo dimenticano. E chissà quanti altri ce ne sono stati nel corso dei secoli. Ma la memoria fa brutti scherzi. Spesso si auto-altera per celare buchi neri nei quali non si vuole più sprofondare. L’inconscio, anche collettivo, può subire processi di rimozione dei ricordi.

Nulla di drammatico, per carità, nulla a che vedere con il negazionismo delle grandi tragedie della storia, bensì la scarsa propensione a ricordare il continuo e progressivo smantellamento di un luogo da sempre in cerca di identità e invece condannato a conservare solo i difetti tipici di un agglomerato urbano che molto spesso è apparso, ai suoi stessi abitanti, come poco più di un paesone e poco meno di una vera città. Sarà anche per quello stillicidio continuo che costringe tutti a fare battaglie di retroguardia, non per conquistare il nuovo, ma solo per tentare di conservare quel poco che si possiede, per difendere persino qualche tonnellata di granelli di sabbia che qualcuno vorrebbe nel Leccese per far stendere lì i villeggianti che hanno il sacrosanto diritto alla tintarella poggiando la loro schiena su superfici morbide.

Complice la scarsa memoria, facciamo un balzo di qualche secolo. Ecco che scompare un altro pezzo di Brindisi. Nel 2007 si decide di smantellare la sede locale della Banca d’Italia, splendido edificio del 1930, anche questo con affaccio suggestivo sul porto, vista mare. Brindisi non fu l’unica città ad essere penalizzata. Ma fu la prima in Puglia. Sempre per la solita logica che questa è una piccola provincia. L’immaginiamo ancora splendida al suo interno, cerchiamo di ricordare la sontuosità di quei marmi, il disegno pulito e raffinato della sua architettura.

Restando sul mare, se oggi è stato ormai deciso che Brindisi perderà la sua Autorità portuale, i turisti in transito ormai attempati e i brindisini non più giovanissimi non dimenticano la scomparsa già dai primi anni Novanta delle belle navi della storica compagnia di navigazione Adriatica alla quale seguirono negli anni le sparizioni di quasi tutti i traghetti delle compagnie di navigazione greche e con loro molte agenzie marittime. Viaggiare con l’Adriatica significava pagare un po’ di più per il trasbordo, ma coccolarsi, vivere una nottata pensando in essere su una nave da crociera e ritrovarsi comodamente il giorno dopo sulla costa della Grecia. Splendida e di prestigio la sede dell’Adriatica, sul lungomare Regina Margherita. Un prestigio che volle prendere in affitto anche la British Gas nella sua, pur lunga ma alla fine inutile, avventura brindisina.

Sul fronte militare, Brindisi ha perso negli anni la Base Usaf, sulla strada di San Vito dei Normanni. Il grande orecchio installato negli anni Sessanta per intercettare il “nemico”. Non servì più agli States dopo la caduta del muro di Berlino, salvo un breve periodo di riattivazione durante la crisi dei Balcani. Poco male, diranno i pacifisti. Sì, non ci piange il cuore. Ma quella cittadella americana, dove il sabato sera scorrevano fiumi di birra e si ballava con la musica del “Ballo del qua qua”, dava lavoro a centinaia di italiani tra impiegati diretti e piccoli imprenditori di un indotto che andava dalle pompe di benzina ai primi pub degli anni Novanta.

Nel 1993 Brindisi ha visto scomparire l’eroico 32° Stormo del’Aeronautica militare ed ancora, evento più grave il Sar. Gli angeli del cielo, che in 33 anni erano stati protagonisti di tanti soccorsi, che tante vite avevano salvato, nel 2012 volarono definitivamente verso Gioia del Colle. E i brindisini si sentirono subito più vulnerabili e continuarono a piangere gli otto avieri morti durante un’esercitazione con un elicottero in Francia. La tragedia era avvenuta quattro anni prima.

Brindisi continua nel tempo ad essere depauperata sia sul piano degli enti pubblici che dell’industria e quindi del lavoro. L’Inail, Istituto nazionale infortuni sul lavoro, che resta come sede, perde la direzione che ancora oggi viene retta da Lecce. L’Acquedotto pugliese perde anch’esso la direzione autonoma che viene affidata a Taranto. Via anche importanti figure del laboratorio. Sì, perché Brindisi è piccola. E oggi, oltre all’Authority del porto, scompare come gestione complessiva e come direzione anche la Camera di commercio che si aggrega sempre a Taranto. E’ storia di questi giorni. Così come viene ridotta a lumicino la Provincia che gestirà da domani solo le strade, le scuole, l’ambiente.

Tutto il resto? Sì, Ancora per un po’, ma senza paracadute, cioè senza neanche un euro. Brindisi è una piccola provincia. E c’è chi già certo che, tempo pochi anni, perderemo la nostra Prefettura e la nostra Questura. Brindisi sarà allora una dependance a pieno titolo di altre province pugliesi.

E passiamo all’industria. La crisi del Petrolchimico aveva già portato ad una frammentazione di società, anche multinazionali, che sono durate il tempo di poche stagioni e lasciano disoccupazione. L’industria aeronautica, fiore all’occhiello della città perché nata sulla sua storia, perde pezzi in tema di lavorazioni e di manutenzioni, come nel caso di Agusta che si affaccia persino in Polonia. Perdono tutto le Officine aeronavali, piccolo gioiello di professionalità quasi artigiane azzerate nel 2010. Gli hangar vengono chiusi a doppia mandata per poi essere consegnati all’Onu che non li usa preferendo altri siti per i suoi depositi. I dipendenti vengono trasferiti in massa all’Alenia di Grottaglie. Nel frattempo le imprese che lavorano su commissione e appalti arrancano da anni. Due anni dopo, e siamo al 2012, l’accorpamento della Cisl a Taranto, sindacato

Poiché non si vive di solo pane, ci sono altri rischi di perdite che nessuno è pronto a metabolizzare. Mentre c’è chi piange l’evacuazione incomprensibile e forzata della vecchia sede storica del commerciale Marconi, rimasta inutilizzata (ma quella fu una scelta tutta brindisina), via alle battaglie con le unghie e con i denti per difendere la Biblioteca e il Museo che rischiano di affondare assieme alla Provincia. E destabilizza i giovani e le loro famiglie la precarietà e la fragilità della sede brindisina dell’Università, divisa tra le gestioni leccese e barese. Grandi accordi e protocolli d’intesa, ultimo quello per Farmacia. Proclami prima e conti che non tornano poi. Così Brindisi ha perso una delle facoltà più seguite e di prestigio, quella di Scienze politiche, sociali e del territorio, traslocata definitivamente dalla Cittadella della Ricerca a Lecce.

Di certo qualcosa sfugge in questo elenco, perché la memoria, si sa, può essere imperfetta o non aver metabolizzato tutte le perdite. Ma è già abbastanza. Brindisi vuole tutto sotto casa e nel proprio giardino pubblico o privato che sia? No, non tutto. Ma di certo qualcosa per potersi ancora definire una città capoluogo al pari di tutte le altre.
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