Omicidi di mafia, Morleo con il rosario in mano: «Non sono il mandante dei delitti»

Omicidi di mafia, Morleo con il rosario in mano: «Non sono il mandante dei delitti»
Omicidi di mafia, Morleo con il rosario in mano: «Non sono il mandante dei delitti»
di Erasmo MARINAZZO
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Mercoledì 13 Dicembre 2023, 21:00 - Ultimo aggiornamento: 21:05

Il rosario tenuto fra le mani durante le tre ore di interrogatorio nell’aula Metrangolo del Tribunale di Brindisi per difendersi dall’accusa di essere stato il mandante delle esecuzioni degli imprenditori Salvatore Cairo (ucciso e fatto a pezzi a 36 anni il 6 maggio del 2000) e Sergio Spada (ammazzato a 46 anni il 19 novembre del 2001). Cosimo Morleo, 58 anni, di Brindisi, è stato ascoltato dai giudici della Corte d’Assise (presidente Maurizio Saso, a latere Simone Orazio e la giuria popolare) al termine delle sei ore di esame del fratello Enrico che risponde invece di essere stato l’esecutore materiale di quei delitti. Per entrambi c’è l’aggravante del metodo mafioso.

Difeso dagli avvocati Luca Leoci ed Elvia Belmonte (sostituita in questa udienza dalla collega Chiara Capodieci) ha raccontato di non stare bene in salute, di avere perso diversi chili e di godere del sostegno di un compagno di cella con un credo religioso forte. È recluso da marzo dell’anno scorso con il blitz dei poliziotti della Squadra mobile dell’inchiesta ora a processo.

Le accuse

Quanto al merito delle accuse, rispondendo alle domande del pubblico ministero della Direzione distrettuale antimafia, Milto De Nozza, e degli avvocati difensori, Cosimo Morleo ha sostenuto di essere stato in buoni rapporti sia con Spada che con Cairo.

Nessuna concorrenza con il primo, ha riferito l’imputato, poiché se Spada si occupava della vendita al dettaglio di articoli per la casa e di batterie di pentole in particolare, lui era sì nello stesso settore ma si dedicava alla grande distribuzione. Con Cairo erano stati soci - circostanza già emersa nel corso del processo - e la società si sarebbe sciolta per la volontà di Cairo di dedicarsi anche lui al porta a porta.

Dove si trovava quella mattina del 6 maggio del 2000 quando l’ex socio fu ammazzato, fatto a pezzi e bruciato? In Sicilia per l’inaugurazione di un locale, la risposta di Cosimo Morleo rispondendo alle domande dell’avvocatessa Capodieci. E continuando a parlare dell’ex socio, ha sostenuto di non avere mai saputo del delitto commesso nella sua azienda. E di non spiegarsi perché Enrico avesse agito in quel modo indicato nella stessa giornata di martedì scorso in Assise: ha raccontato, Enrico Morleo (difeso dall’avvocato Giacinto Epifani), di avere trovato il corpo senza vita di Cairo nel ripostiglio della legnaia accanto alla Mc Europe specializzata nella vendita di articoli per la casa. Senza vita, con evidenti segni di coltellate, in un mare di sangue e un coltello accanto. Convinto di finire in galera se avesse chiesto l’intervento delle forze dell’ordine, avrebbe preso la decisione di sbarazzarsi di quel corpo. Bruciandolo, dopo averlo fatto a pezzi con una motosega, in una campagna e gettandolo in un pozzo.
Perché l’altro fratello Massimiliano a settembre del 2021 riferì al pm De Nozza di volere collaborare con la giustizia ed indicò Cosimo ed Enrico il mandante e l’esecutore degli omicidi di Spada e di Cairo? Perché - la spiegazione di Cosimo - Massimiliano è pazzo e geloso. Ci andava d’accordo da ragazzo, poi i rapporti si ruppero con la gestione di un bar.

Si torna in aula mercoledì prossimo ma per raggiungere la campagna dove Enrico Morleo ha detto di essersi sbarazzato dei resti di Cairo. Parteciperanno anche gli avvocati Emanuela Sborgia, Oreste Nastari, Giuseppe Guastella, Karin Pantaleo e Vincenzo Farina legali di parte civile dei familiari delle vittime.

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