La testimonianza choc di Morleo: «L'ho fatto a pezzi, ma non l'ho ucciso io»

Disposto l'ispezione della campagna e del pozzo dove Enrico Morleo ha detto di avere gettato i resti del corpo di Salvatore Cairo

Enrico Morleo durante la testimonianza in aula
Enrico Morleo durante la testimonianza in aula
di Erasmo Marinazzo
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Mercoledì 13 Dicembre 2023, 07:50 - Ultimo aggiornamento: 14 Dicembre, 10:43

Ha ammesso di avere fatto a pezzi, bruciato e buttato in un pozzo di campagna il corpo di Salvatore Cairo, scomparso a 36 anni il 6 maggio del 2000. Ed ha aggiunto di essere pronto ad accompagnare la polizia in quella campagna per indicare il punto esatto, quel pozzo, dove si sarebbe sbarazzato dei resti del cadavere carbonizzato. Lo ha riferito Enrico Morleo, 57 anni, di Brindisi, alla Corte d’Assise nel processo in corso nell’aula Metrangolo del Tribunale che lo vede imputato con l’accusa di essere stato l’esecutore materiale di quel delitto e dell’omicidio di Sergio Spada (ammazzato a 46 anni la sera del 19 novembre del 2001) con il fratello Cosimo nel ruolo di mandante. Enrico Morleo ha inoltre respinto la contestazione di avere ammazzato i due imprenditori del settore della vendita porta a porta di prodotti per la casa ed in particolare di batterie di pentole: «Cairo l’ho trovato morto nel casolare della legnaia, con i miei precedenti penali se avessi avvertito le forze dell’ordine mi avrebbero arrestato subito. Ho pensato di sbarazzarmi del cadavere, un incubo che ancora mi porto dietro, ho fatto una cosa di cui mi vergogno ancora adesso. Non sono un serial killer. Se fosse vero che ammazzai Cairo avrei ucciso anche il testimone. Spada nemmeno lo conoscevo».

Il coltello in mano

Quel testimone che per chiarezza espositiva chiameremo con un nome di fantasia, Adriano, in aula aveva raccontato di avere visto Enrico Morleo smembrare il corpo di Cairo con la motosega, è stato indicato dallo stesso imputato complice nelle operazioni di cancellazione delle tracce del delitto: «Gli chiesi aiuto, diversamente, gli dissi - sarebbe diventato complice dell’omicidio. Fu lui a ripulire il sangue dal pavimento». Circostanza di cui Adriano non fece cenno nella sua testimonianza in aula del 17 maggio scorso: «Vedo lì Enrico con la tuta bianca e il coltello in mano. E mi dice: se parli ti ammazzo. Ormai sei mio complice». Se la strategia dell’imputato sia stata quella di inficiare la credibilità del testimone oculare lo stabilirà la Corte d’Assise (presidente Maurizio Saso, a latere il giudice togato Simone Orazio ed i giudici popolari), come anche valuterà le sue parole sul principale accusatore: il collaboratore di giustizia Massimiliano Morleo, fratello degli imputati. «Mi odiava, mi scartava, come anche gli altri fratelli.

Forse perché da ragazzo, a 14-15 anni, ero stato fidanzato con la ragazza diventata poi sua moglie». «Massimiliano era lì quella mattina, come sempre», ancora la ricostruzione di Enrico Morleo rispondendo alle prime domande del pubblico ministero della Direzione distrettuale antimafia, Milto De Nozza. «Andai a fare due consegne di legna ad un forno e ad una pizzeria, ritornai alla legnaia (nella azienda della zona industriale di vendita e distribuzione di prodotti per la casa gestita dal fratello Cosimo, ndr). Mi servivano delle attrezzature e mi diressi verso il gabbiotto. Una volta aperta la porta vidi una scena che non ho mai dimenticato: Cairo a terra morto. Ancora oggi non chiudo occhio. Controllai il polso, anche se era evidente che fosse morto. Poi ho afferrato il coltello perché volevo capire perché c’era questo coltello affianco a Salvatore. E in quel momento è entrato Adriano».

I molti “non so”

Quale altra persona si sarebbe presa la briga di fare quello che ha raccontato di avere fatto, se non fosse stato l’assassino? La domanda è una di quelle rivolte dal presidente Saso, dopo che Enrico Morleo ha riferito di avere trasportato il cadavere fatto a pezzi per una mezz’ora, nel bidone sul cassone dell’Ape, per raggiungere la campagna, per bruciarlo lì e tornare il giorno seguente per buttare i resti nel pozzo. Perché ha afferrato il coltello? Perché non ha avvisato le forze dell’ordine? Perché non ha informato il fratello Cosimo del delitto avvenuto nella sua azienda? Le risposte hanno ricondotto tutto al timore di essere arrestato, alla circostanza di avere assunto stupefacenti. Molti non so, le repliche alla raffica di richiesta di chiarimenti del pm Milto De Nozza alle intercettazioni eseguite dai poliziotti della Squadra mobile a gennaio del 2022, con le nuove indagini in corso. Come quella del 28 gennaio 2022, quando Enrico Morleo parlò con la moglie dalle 19 alle 5 del mattino del giorno delle notizie riportate dagli organi di informazione: nessun chiarimento alle affermazioni “mi sa che stanno facendo a scarica barile”, “non ti sta aiutando nessuno”, “questi hanno già preparato il piatto”. 

L'ispezione dei luoghi

Al termine dell'udienza durataa oltre nove ore, il presidente Saso ha disposto per mercoledì 20 dicembre l'ispezione della campagna e del pozzo dove Enrico Morleo sostiene di avere gettato i resti del corpo do Cairo. Parteciperanno i poliziotti della Squadra mobile ed i vigili del fuoco, con tutte le parti del processo. Cosimo Morleo ha rinunciato a prendere parte.

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