Lupara bianca a Brindisi, dopo 33 anni boss della Scu condannato a 30 anni

L'aula bunker di Lecce
L'aula bunker di Lecce
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Giovedì 19 Ottobre 2023, 21:41

Dopo 33 anni è arrivata la sentenza per il caso di lupara bianca di Giuseppe Pagano, il giovane di Copertino ritenuto vittima della guerra di mala della Scu e scomparso il 2 giugno del 1990 nelle campagne di Tuturano - frazione di Brindisi - nella masseria di Buccarella - sostiene l’accusa - dove non fu mai trovato.
La giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Lecce, Simona Panzera ha inflitto 30 anni di reclusione all’ergastolano boss della Scu del clan di Campi Salentina-Lecce, Giovanni De Tommasi, di 63 anni, di Campi, accusato di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, dai motivi abietti e futili, nonché dal metodo mafioso. È difeso dall’avvocatessa Francesca Conte.

Tre assoluzioni

Assolti gli altri tre imputati con la formula “per non aver commesso il fatto”: Claudio Conte, di 53 anni, di Copertino (avvocatessa Elvia Belmonte); Antonio Pulli, di 69, di Veglie (avvocato Andrea Starace); e Antonio De Nicola, di 71, brindisino (avvocatessa Fiorendina De Carlo), ritenuto invece dagli inquirenti l’esecutore materiale del delitto insieme ad un complice frattanto deceduto.

Richieste: ergastolo per tutti

Nell’aula bunker del carcere di Borgo San Nicola due anni fa il procuratore aggiunto e coordinatore della Direzione distrettuale antimafia (Dda), Guglielmo Cataldi (nella foto), aveva chiesto l’ergastolo per tutti e quattro gli imputati.
Il processo sull’omicidio e la scomparsa di Giuseppe Pagano prese le mosse nel 2019 dall’opposizione all’istanza di archiviazione presentata dall’aggiunto Cataldi, presentata dalla sorella della vittima con l’avvocato Roberto Rella . 
L’allora giudice per le indagini preliminari, Carlo Cazzella, la accolse disponendo l’imputazione coatta per i quattro imputati .

Insubordinazione

Da alcune intercettazioni in carcere e dalle dichiarazioni dei collaboratori è emersa una ricostruzione ritenuta veritiera dagli inquirenti.

Secondo quanto appurato Pagano, nel pieno di una guerra di mala, era stato autore di alcuni atti di insubordinazione agli equilibri e ai dettami della Scu. Sarebbe stato colpito da alcuni spari alla testa, dopo aver tolto il casco. Era solito indossare un giubbino antiproiettile proprio per il timore che aveva sulla propria incolumità. Il cadavere sarebbe stato seppellito nei pressi della masseria di Buccarella, proprio a Tuturano, ma non è mai stato trovato.

Il figlio del pentito

Il processo ha segnato poi dalla testimonianza del figlio di un collaboratore di giustizia che aveva scritto alla Dda per sostenere l’estraneità degli imputati: Dottore buonasera ...,il figlio di... e di.... ho letto la notizia che mandate a giudizio per l’ omicidio di Giuseppe Pagano di Copertino,gente che di quel omicidio non c’entra nulla. Sia come esecutore materiale sia come mandanti, l’ omicidio di Pagano e stato commissionato dai fratelli». Una ricostruzione che non ha trovato riscontro nel processo.
 

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