L'intervista/ Rossi: «Vent'anni da dimenticare, spazio a chi ascolta la gente»

Riccardo Rossi (foto Max Frigione)
Riccardo Rossi (foto Max Frigione)
di Massimiliano IAIA
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Martedì 5 Giugno 2018, 06:25 - Ultimo aggiornamento: 6 Giugno, 13:05
BRINDISI - L’appuntamento è sul lungomare. Tra le opzioni scelte dal candidato sindaco del centrosinistra Riccardo Rossi, c’era anche quella di realizzare l’intervista-passeggiata nei pressi della zona industriale, o ancora all’altezza di Cerano, visto che la questione ambientale rappresenta indubbiamente uno dei punti-chiave del suo programma elettorale. La concomitanza con altri appuntamenti in agenda ha reso però difficile spostarsi nella mattinata dal cuore della città. «Ma anche questo luogo ha una simbologia ben precisa», sottolinea Rossi, che parla affiancando le imbarcazioni che si preparano per la regata Brindisi-Corfù al via domani, mentre sullo sfondo si notano gli stand del Vinibus Terrae che si conclude oggi, e proprio mentre stanno per sbarcare - come ogni lunedì - centinaia di turisti. Uno scenario suggestivo, che ogni anno si ripropone nei primi giorni di giugno.
Rossi, sono in tanti a sognare una Brindisi così tutto l’anno.
«La scelta di questa location non è casuale, in fondo. Vogliamo costruire una città che viva davvero anche di tutto questo, valorizzando il porto interno, con la nautica da diporto, con le crociere. Vogliamo scrivere un nuovo progetto di sviluppo. Altre realtà circostanti, dalla Valle d’Itria al Salento, hanno fatto passi da gigante nel settore turistico, noi non possiamo restare a guardare. Ma è chiaro che in questo, come per tutto il resto, occorra una seria programmazione».
Quando accenna a tutto il resto, si riferisce anche all’ambito industriale, soprattutto quando si tratta di sbrogliare l’ingarbugliata matassa tra salute e insediamenti industriali?
«Quando si parla di realtà industriali, ci preme fare chiarezza. Abbiamo proposto una serie di incontri con le parti interessate, perché la nostra idea è quella di sottoscrivere un patto di sviluppo del territorio, finalizzato alla trasparenza per le aziende, un vero e proprio protocollo in cui le multinazionali spiegano i propri piani di sviluppo e gli investimenti da attuare. Così le imprese locali saranno messe al corrente delle attività presenti nel territorio, e verrà fissata una quota per la manodopera locale. Sì, perché le aziende locali si sentono trascurate. Mi risulta, solo per fare un esempio, che in alcune piccole aziende la manutenzione dell’aria condizionata venga commissionata in Veneto, anziché qui».
Come spiega questa tendenza a subire una “colonizzazione” anche in termini produttivi?
«La classe dirigente degli ultimi vent’anni si è preoccupata esclusivamente dei propri interessi, e non di quelli della città. Altro che programmi di sviluppo. E i risultati sono questi».
Tornando all’emergenza ambientale, quale sarà il vostro approccio con le urgenze maggiori?
«Beh, per quanto riguarda Cerano, vogliamo sapere cosa ci sarà una volta esaurita la fase del carbone. Sulle bonifiche occorrono accordi di programma, perché chi vorrà investire dovrà bonificare. E nessuno può pensare di mettere in secondo piano la questione occupazionale».
Che rimane l’emergenza maggiormente segnalata dai brindisini, non è così?
«Non è la sola. I cittadini chiedono decoro e servizi efficienti».
Per esempio?
«Anche le sole fermate degli autobus. Diciamo spesso che manca la cultura dell’utilizzo del mezzo pubblico, ma io ritengo che ciò dipenda anche dall’assenza di chiarezza sulle fermate, mancano i pannelli o le applicazioni per cellulari che indicano i tempi di attesa, come avviene in molte altre città. Ecco, noi vorremmo che Brindisi diventi una città “normale”».
A proposito di mobilità, cosa pensa del nuovo Piano della sosta?
«Ci sono indubbi vantaggi, come l’utilizzo dell’area-parcheggio di via Spalato. Ma trovo che sia eccessivo prolungare la fascia oraria a pagamento nella serata del sabato. Ora è fino a mezzanotte, sarebbe meglio fermarsi alle 21 come negli altri giorni. E bisognerebbe ritornare al parcheggio gratuito dalle 14 alle 16, visto che in quella fascia oraria non ci sono navette».
Sulla chiusura dei corsi quali sono le sue idee?
«Il problema riguarda quasi esclusivamente corso Garibaldi, sulle cui decisioni bisognerebbe fare una distinzione a seconda dei periodi dell’anno: da ottobre a metà aprile si potrebbe tenere la zona aperta al traffico, chiudendola il sabato pomeriggio e la domenica, nei mesi primaverili ed estivi invece si potrebbe rendere l’area interdetta alle auto tutti i pomeriggi a partire dalle 17».
Dal canto i commercianti del Centro richiedono attenzione per la loro categoria, in una zona della città da tempo in crisi.
«Noi siamo anzitutto favorevoli al Distretto urbano del Commercio, ma per ravvivare il cuore della città credo vi sia bisogno di due-tre attrattori. Recentemente, per esempio, è stato aperto in periferia un noto store di elettronica. Ecco, se invece la stessa apertura fosse stata disposta in Centro, sicuramente quel marchio avrebbe fatto da richiamo per venire a fare shopping sui corsi».
E le periferie? Quali zone necessitano di maggiori interventi?
«Non si tratta di fare graduatorie: noi crediamo nella Rigenerazione urbana, che non è solo l’allestimento di piazze ma anche forniture di servizi e attenzione alla qualità dei progetti. Si pensi ai cinque milioni di euro destinati al Paradiso, uno stanziamento che ha coinvolto anche i residenti nelle attività di ascolto. Io stesso ho promosso spesso iniziative di questo tipo».
Cosa emerge da quegli incontri?
«Ahimè, un grave senso di sfiducia nei confronti della politica. C’è gente che sostiene di aver avanzato continue richieste a chi ha amministrato, richieste che sono state sempre disattese. A noi piacerebbe riproporre i comitati di quartiere, un luogo pubblico per permettere al cittadino di avere gli interlocutori giusti per esporre le problematiche del proprio rione».
Le vecchie circoscrizioni.
«Sì, ma quelle a un certo punto erano diventate contenitori di voti, noi vorremmo renderle più operative».
A differenza dei suoi avversari, per lei non è la prima candidatura a sindaco. Come trova questa campagna elettorale?
«Mi limito a considerare che siamo di fronte a un passaggio fondamentale, a un bivio tra passato e futuro. Ci siamo noi che puntiamo a un rinnovamento della classe politica, come si vede dai tanti giovani che compongono le nostre liste. E poi ci sono gli altri, che ripropongono ogni volta nuovi candidati sindaco, ma dietro ci sono sempre le stesse facce. Su tutti, credo che l’avversario che rappresenti più degli altri il passato sia Cavalera».
Tutti le riconoscono impegno politico e capacità di battersi per i suoi ideali da consigliere comunale di minoranza. Ma oggi dicono: anche Rossi, pur di avere maggiori possibilità di essere eletto, è sceso a patti con Pd e con le altre forze della sinistra.
«Figuriamoci. La verità è che abbiamo messo in piedi una coalizione seria, basta leggere i nostri programmi, non subiamo diktat, lo abbiamo già dimostrato sulla questione Tap, esprimendo le nostre idee per Brindisi anche quando diverse da quelle emerse dal governo regionale».
Tra le tante richieste che vi vengono fatte in queste ore, su quale pensate di poter dare una risposta concreti in tempi relativamente brevi?
«Da tempo sosteniamo la realizzazione di una Cittadella della Salute all’ex Di Summa, un Pta, un Presidio territoriale di assistenza, con ambulatori e analisi, con l’obiettivo di diminuire le liste d’attesa. Ce lo chiede la gente, perché la differenza tra noi e gli altri è questa: noi ascoltiamo i brindisini. Gliel’ho detto: la partecipazione non è uno slogan».
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