Euroapi vende lo stabilimento, rebus Jindal e dopo il P9T di Basell il polo chimico si sta spegnendo

Lo stabilimento Jindal di Brindisi
Lo stabilimento Jindal di Brindisi
di Francesco RIBEZZO PICCININ
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Sabato 2 Marzo 2024, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 06:48

Mentre tutti guardavano con preoccupazione a quello che sarebbe successo con il phase out dal carbone, al quale mancano quasi due anni, a mettere in ginocchio oggi l’industria brindisina è la chimica. Di base e ora anche farmaceutica.

I primi cedimenti

Tutto è cominciato con la crisi di Basell, che ha chiuso uno degli impianti presenti nello stabilimento brindisino, il P9T, perché non più redditizio, costringendo 46 persone alla cassa integrazione e ad una scelta drastica: rinunciare al lavoro o trasferirsi a Ferrara. Nelle scorse ore, poi, anche se non del tutto inaspettata, è esplosa la crisi Euroapi, che da qualche anno è subentrata a Sanofi nella gestione dello stabilimento brindisino. Mercoledì, infatti, è arrivato l’annuncio a sorpresa, prima ai sindacati e mezz’ora dopo ai lavoratori: il sito produttivo di Brindisi (come nel caso di Basell) non è considerato redditizio e, di conseguenza, la società intende venderlo. Come accadrà anche per quello di Haverhill, nel Regno Unito. La società che aveva sostituito Sanofi con l’intenzione di aggiornare ed ammodernare lo stabilimento di Brindisi, dunque, lascia l’Italia. Tra le polemiche dei sindacati, preoccupati per il futuro dei 250 lavoratori diretti dell’impianto brindisino. Non è dato sapere, infatti, almeno per il momento, se allo stato esiste già un compratore e cosa ne sarà dei dipendenti in attesa della (eventuale) vendita. 

I timori di un effetto domino

A queste vertenze, senza contare il possibile effetto domino della chiusura del P9T sul resto dello stabilimento Basell e sul resto delle aziende del petrolchimico, si aggiunge un altro allarme, lanciato nelle scorse ore dal sindacalista e consigliere comunale della Lega Ercole Saponaro che, chiedendo al governo un tavolo di crisi per Brindisi, per evitare «che il nostro territorio viva nuovamente un periodo di emergenza sociale durissimo», parla di «voci di possibile vendita dello stabilimento di Jindal». L’azienda indiana ha rilevato, nell’ottobre del 2013, dagli americani di Exxon Mobil l'impianto di Brindisi che produce film destinati a imballaggi flessibili, biscotti, panetteria, confezioni di cioccolato, merendine, tabacchi, profumi ed etichette. Del resto, solo pochi giorni fa era stato il segretario della Uiltec Uil di Brindisi Carlo Perrucci ad annunciare che «sono sempre più insistenti le voci su una possibile vendita. È un’azienda che nel recente passato ha fatto ricorso ad incentivi pubblici regionali e che a maggior ragione occorre monitorare». Timori che, tuttavia, sembrerebbero infondati in quanto l’azienda non sarebbe intenzionata a disimpegnarsi dallo stabilimento di Brindisi e, anzi, sarebbe pronta ad ulteriori investimenti. Almeno questa produzione, dunque, rimarrebbe immune dall’effetto domino sulla chimica della vertenza Basell. Ma i timori dei sindacati restano per tutto il comparto. A Brindisi e, per la verità, non solo. Anche se nelle scorse settimane il presidente di Confindustria Gabriele Menotti Lippolis ha ridimensionato il rischio che la crisi di Basell possa espandersi a macchia d’olio perfino nel resto d’Italia.

La decarbonizzazione in arrivo

Tutto questo accade oggi, con all’orizzonte un’altra grande crisi possibile: quella legata alla decarbonizzazione ed alla conseguente chiusura della centrale Enel “Federico II” di Cerano, con i suoi lavoratori diretti e indiretti. Tra crisi della chimica di base, della chimica farmaceutica e della produzione energetica, dunque, in questi due anni Brindisi rischia di essere travolta dalle vertenze occupazionali, perdendo centinaia e centinaia di posti di lavoro. I governi, tuttavia, fino ad ora hanno fatto poco o nulla, come ha evidenziato nei giorni scorsi il presidente dell’Autorità di sistema portuale del mare Adriatico meridionale Ugo Patroni Griffi, per il quale il phase out «va gestito in maniera tale che le conseguenze di una cosa buona, probabilmente, qual è la decarbonizzazione, che è buona per l'ambiente, per la salute, non crei quelle che gli economisti chiamano esternalità negative, cioè non ricadano in un contesto sociale, non vadano a creare difficoltà agli operatori, non vadano a creare difficoltà ai lavoratori. Questa attività non si è fatta. Però era annunciata. Noi lo sapevamo e non abbiamo fatto niente». Martedì prossimo, intanto, si terrà a Roma proprio il tavolo ministeriale sulla decarbonizzazione, che dovrà coordinare gli interventi per “ammortizzare” o meglio ancora annullare gli effetti del phase out dal carbone, che a Brindisi si cominciano a vedere con la vertenza Sir.

Mentre sempre più voci si alzano per chiedere un tavolo generale di crisi per Brindisi, per far fronte anche ai problemi che già oggi sta evidenziando il settore della chimica.

Le prime reazioni

Non mancano, naturalmente, le reazioni - politiche e sindacali - all'annuncio di Euroapi. «Nel silenzio generale EuroApi, il gruppo che ha acquistato lo stabilimento Sanofi di Brindisi, ha annunciato che non c’è futuro - all’interno del gruppo - per lo stabilimento brindisino. Un fatto gravissimo che determinerà conseguenze inimmaginabili per l’economia del nostro territorio, soprattutto se si va a sommare questa notizia alla chiusura della centrale termoelettrica di Cerano ed alle dismissioni annunciate in altri comparti produttivi», sottolinea il consigliere comunale Pasquale Luperti, che invita il sindaco Giuseppe Marchionna a «farsi promotore di una conferenza dei capigruppo durante la quale elaborare decisioni immediate ed unitarie sullo stato comatoso dell’industria brindisina».

L'uso dei fondi pubblici

È davvero singolare, per il segretario cittadino e capogruppo del Pd Francesco Cannalire, «che da quando la multinazionale Sanofi ha riconvertito la compagine societaria dello stabilimento brindisino in Euroapi srl mantenendo, almeno all’inizio a quanto risaputo, il pieno controllo della stessa società neocostituita, le condizioni siano rapidamente peggiorate. All’epoca della riorganizzazione societaria, è evidente, fu concessa eccessiva fiducia nelle prospettive annunciate e nelle promesse di rilancio dello stabilimento di Brindisi. Forse, ancora una volta i vertici di Sanofi/Euroapi, pensano di irretire l’opinione pubblica con comunicati finalizzati ad indorare la pillola nascondendo scenari più cupi e drammatici. Non ci stiamo». Cannalire, poi, ricorda che lo stabilimento «è tra gli opifici maggiormente finanziati dalla Regione Puglia e da Puglia Sviluppo, e quindi con soldi pubblici, tramite accordi di programma e contratti di sviluppo finalizzati a potenziare la produzione. Perciò Sanofi seppur schermata da Euroapi ha l’obbligo, non solo morale, di investire le risorse necessarie a rilanciare la produzione a Brindisi». Da qui la richiesta alla Regione Puglia di un intervento a tutela dello stabilimento brindisino, «affinché vengano mantenuti gli impegni assunti a fronte di cospicui finanziamenti regionali ricevuti negli scorsi anni». Per le grandi imprese, incalza il consigliere regionale Pd Maurizio Bruno, «Brindisi continua essere solo questo: una città da spremere e poi abbandonare quando non serve più». Anche Bruno, poi, dopo avere annunciato di avere già coinvolto l’assessore regionale allo Sviluppo economico Alessandro Delli Noci, ricorda che Euroapi ha «ricevuto in questi anni importanti sovvenzioni da parte della Regione Puglia. Soldi che servivano proprio a garantire prosperità all’azienda e quindi stabilità ai lavoratori».

Strategie per contrastare la crisi

Il gruppo consiliare di Impegno per Brindisi, poi, «chiede che venga repentinamente aperto un tavolo di crisi per tutelare i lavoratori di Euroapi e che, al tempo stesso, si possano individuare delle soluzioni che garantiscano la sopravvivenza dello stabilimento stesso. Il tutto, anche attraverso un impegno diretto del governo nazionale che non può continuare ad ignorare le istanze di Brindisi». Sul fronte sindacale, per il segretario della Cisl di Brindisi e Taranto Gianfranco Solazzo quanto sta accadendo «conferma quanto la Cisl denuncia da tempo, ovvero l’inesorabile depauperamento industriale del territorio di Brindisi». La Cisl insieme alle federazioni di categoria si dice pronta «a mettere in campo ogni utile strategia tesa a ribaltare il processo di desertificazione in atto a Brindisi». I sindacati di categoria Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil, scrivendo al presidente della Regione Michele Emiliano, «facendo seguito al tavolo sulla crisi della chimica di base già attivato su nostra stessa richiesta circa un mese fa», chiedono «una pronta convocazione di un incontro specifico, con la partecipazione dei livelli decisionali della società e dei ministeri competenti».

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