Morte nel cantiere, in quattro a giudizio. Coinvolto Ferrarese: "Noi del tutto estranei"

Morte nel cantiere, in quattro a giudizio. Coinvolto Ferrarese: "Noi del tutto estranei"
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Giovedì 21 Dicembre 2023, 19:29

Figura anche l'imprenditore Massimo Ferrarese, 61 anni, presidente del Comitato per i Giochi del Mediterraneo e già presidente di Provincia di Brindisi e New Basket Brindisi, tra i quattro imputati nel processo a seguito della morte del 49enne Franco Mastrovito. L'operaio edile perse la vita il 26 gennaio 2021 a causa del crollo del nuovo capannone di una concessionaria in contrada Ajeni a San Michele Salentino.


Le ipotesi di reato sono di omicidio colposo e lesioni personali colpose. I rinvii a giudizio sono stati decisi oggi (giovedì 21 dicembre) dalla gup del Tribunale di Brindisi Stefania De Angelis, come richiesto dal pubblico ministero Alfredo Manca. A giudizio anche una società, la Padula Service Srl, ritenuta sprovvista di un modello organizzativo idoneo a prevenire l'incidente. La famiglia di Mastrovito, assistita dall'avvocato Donato Musa, si è costituita parte civile.


Oltre a Ferrarese, saranno chiamati a difendersi Domenico Padula, francavillese di 50 anni, Stefano Barletta, 59enne di San Michele Salentino, e Giuseppe Mazzotta, 60enne di Novoli (Lecce).

L'incidente


Quel giorno era in corso un getto calcestruzzo con un'autopompa e nel cantiere vi erano diversi operai dipendenti della Padula Service Srl. Mastrovito era l'addetto al comando dell'autopompa con un radiocomando jotysick, quando durante i lavori cedette un'area di 112 metri quadri, la quarta impalcatura crollò sulla terza e man mano si verificò un effetto domino fino al pianterreno dov'erano presenti Mastrovito e altri quattro lavoratori (tra i quali anche Padula, titolare della Padula Service Srl). Per Mastrovito non ci fu nulla da fare, mentre i colleghi rimasero feriti.
Si contesta agli indagati, tra le altre cose e a vario titolo, la mancata realizzazione di un "collarino di collegamento tra il pilastro posto in angolo sul prospetto est, in adiacenza al corpo di fabbrica già esistente e operante della ditta 'Autopro' (la concessionaria, ndr), e il plinto sottostante, così come previsto in maniera specifica e chiara nei grafici progettuali, rendendo di fatto il pilastro scollegato dalla fondazione e appoggiato solo per gravità sulla stessa, quindi totalmente instabile".


Non sarebbero state adottate, poi, "durante la costruzione di opere sporgenti dai muri e nella specie delle caldane armate di completamento dei solai in tegoli prefabbricati, le precauzioni necessarie a impedirne la caduta". Infine: non sarebbero state realizzate "le armature provvisorie per la esecuzione delle 'caldane armate' di completamento dei solai in tegoli prefabbricati, in modo tale da assicurare, in ogni fase lavorativa, la necessaria solidità con modalità tali da consentire, a getto di calcestruzzo ultimato, la successiva opera di disarmo".
Mazzotta (calcolatore e direttore dei lavori strutturali), per l'accusa avrebbe omesso la "doverosa vigilanza" durante l'esecuzione delle opere da parte della Padula Service.

Barletta (coordinatore della sicurezza in fase di progettazione ed esecuzione dei lavori) non avrebbe predisposto il "piano di sicurezza e coordinamento" e non avrebbe organizzato tra i datori di lavoro delle varie imprese, comprese le imprese individuali, la cooperazione e il coordinamento delle varie attività lavorative. Ferrarese, amministratore unico della Prefabbricati Pugliesi srl, non avrebbe accertato l'idoneità delle opere eseguite dal committente o da terzi, in particolare la mancata realizzazione del "collarino".


Il "collarino" in questione è invece ritenuto del tutto estraneo alle cause del precedente crollo dai professori universitari di Bari, ingegneri Amedeo e Antonio Vitone, e di Lecce, ingegner Francesco Micelli (perizia pro veritate da parte sua). Oggi dopo tre anni quell'opera è stata ricostruita dalle stesse imprese dell'epoca, è sprovvista a tutt'oggi di "collarino" e non si sono verificati cedimenti di alcun tipo.
Interpellato, l'ex presidente della Provincia, dichiara: "Non avrei mai immaginato un rinvio a giudizio per una questione del genere, considerata la mia totale estraneità ai fatti anche perché quando si è verificata la tragedia noi avevamo già finito il lavoro e consegnato tutto due mesi prima. La mia azienda ha cantieri in tutto il Mezzogiorno d'Italia e sicuramente non avrei né il ruolo né il tempo di andare a controllare personalmente i collarini né nei miei cantieri né i collarini, come in questo caso, non realizzati da altre imprese. Inoltre, ho centinaia di collaboratori e quelli con mansioni di responsabilità hanno deleghe notarili per svolgere ruoli di capi cantieri e per effettuare controlli di questo tipo. Ed anche in questo caso hanno svolto egregiamente il loro compito, in quanto quel collarino, che comunque non avrebbe dovuto realizzare la mia azienda, non c'entra nulla in termini di stabilità strutturale, ma serve solo a proteggere i ferri d'armatura del pilastro da eventuali infiltrazioni. Non qualcosa che crei problemi nel breve termine, ma se mai realizzato dopo decine e decine di anni. Lo dimostreremo inconfutabilmente a processo". I legali di Ferrarese sono Roberto Palmisano e Luca Perrone.

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