Mancata messa in sicurezza di un ex lido: sei mesi al sindaco di Fasano Zaccaria. Lo sfogo: «Vicenda paradossale»

Mancata messa in sicurezza di un ex lido: sei mesi al sindaco di Fasano Zaccaria. Lo sfogo: «Vicenda paradossale»
di Erasmo MARINAZZO
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Martedì 30 Gennaio 2024, 14:45

Per non avere adottato una ordinanza di messa in sicurezza dell’ex Lido Pipoli di Torre Canne, il sindaco di Fasano è stato condannato a sei mesi di reclusione. Francesco Zaccaria, 52 anni è stato ritenuto responsabile dell’ipotesi di reato di omissione di atti di ufficio, nel processo di primo grado conclusosi ieri mattina davanti ai giudici della prima sezione penale del Tribunale di Brindisi. Nel dispositivo della sentenza del presidente Valerio Fracassi (appena entrato a fare parte della sezione penale dopo avere guidato la sezione gip/gup), Zaccaria è stato dichiarato interdetto dai pubblici uffici per un anno. Pene sospese e non menzione nel casellario giudiziario. In altre parole è stata accolta la tesi del pubblico ministero della Procura di Brindisi, Raffaele Casto, titolare dell’inchiesta condotta con la polizia Locale di Fasano: a conclusione della requisitoria, il magistrato ha chiesto la condanna ad otto mesi di reclusione del sindaco di Fasano.

La difesa

Con la richiesta di assoluzione perché il fatto non sussiste o perché il fatto non costituisce reato, si è conclusa l’arringa dell’avvocato Fabiano Amati. Tanto perché - ha sostenuto il difensore - la messa in sicurezza dell’ex Lido Pipoli sarebbe stata una competenza in capo agli uffici amministrativi e non al sindaco. Ed in particolare dell’Ufficio Tecnico. Non è stato questo l’orientamento del collegio giudicante, per le ragioni che verranno indicate nelle motivazioni della sentenza attese nei prossimi due mesi e che potranno essere impugnate in appello. Vige intanto la presunzione di non colpevolezza fino al pronunciamento dell’ultimo grado di giudizio. Il procedimento penale arrivato ieri alla sentenza di primo grado trae origine dalla richiesta di mettere in sicurezza l’ex Lido Pipoli, protocollata in Comune il 30 gennaio 2017. Secondo l’impostazione accusatoria che ha trovato riscontro nel vaglio del dibattimento in aula con la difesa, il sindaco avrebbe dovuto emettere una ordinanza contingibile ed urgente. Senza ritardo, per ragioni di sicurezza pubblica. Anche perché l’obiettivo sarebbe stato quello di rendere l’area inaccessibile perché ritenuta a rischio di crollo.

A novembre di quello stesso anno, peraltro, le forti mareggiate fecero crollare il muro di cinta di quel vecchio stabilimento balneare, innescando un dibattito su chi avesse la competenza per abbattere il rudere e spazzare via il degrado. E quell’ex lido fu uno dei temi della nota inviata ad aprile del 2018 al presidente del consiglio comunale, Vittorio Saponaro, da Antonio Scianaro (Circoli Nuova Fasano), Maria Rosaria Olive (Direzione Italia) e Raffaele Trisciuzzi (Movimento 5 Stelle): chiesero lumi sul piano dell’erosione costiera e sul piano della costa, anche alla luce dei crolli all’ex Lido Pipoli. Il sindaco di Fasano ha ritenuto da sempre che non fosse di sua competenza emettere quell’ordinanza, tanto da opporsi al decreto penale di condanna disposto dal giudice su richiesta del pubblico ministero con applicazione di una pena pecuniaria in sostituzione di una pena detentiva.

La decisione

Da qui il decreto di giudizio immediato disposto il 30 aprile 2019 dalla giudice per l’udienza preliminare Stefania De Angelis. Dunque, sono trascorsi quasi cinque anni per arrivare alla sentenza di primo grado che non fa di questo processo certamente un modello virtuoso di efficienza. La prescrizione è dietro l’angolo e per questo c’è il rischio di non avere un giudizio definitivo sulla competenza in materia di ordinanza urgente per il pericolo di crollo. Che interessa il sindaco di Fasano in prima persona nelle vesti di imputato ma anche tutti gli altri amministratori comunali.

Il commento

A margine della sentenza il commento del sindaco di Fasano: «Nel 2017 - scrive Zaccaria - le mareggiate fecero collassare la piattaforma di cemento davanti al Lido: in seguito al sopralluogo degli agenti di Polizia locale, venne notificata al dirigente del Settore Lavori pubblici e al sottoscritto la necessità di demolirla. Feci immediatamente notare che, in virtù della competenza e delle prerogative amministrative, il provvedimento doveva essere adottato dal dirigente. Anche alcuni testimoni al processo lo hanno sottolineato, raccontando delle riunioni nelle quali fu acclarata la competenza appannaggio del dirigente. Tuttavia, sono stato ritenuto responsabile. Se avessi firmato, qualcuno avrebbe potuto anche accusarmi di abuso di ufficio, oggi paradossalmente rispondo di rifiuto di atto d’ufficio: è il duro mestiere di ogni sindaco, che deve decidere e operare scelte, anche se stretto fra un guaio o l'altro».

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