La storia della Troglobytes Games, società pugliese nel campo dei videogiochi: così ha conquistato a Barcellona

La storia della Troglobytes Games, società pugliese nel campo dei videogiochi: così ha conquistato a Barcellona
di Michele COTUGNO
3 Minuti di Lettura
Lunedì 8 Aprile 2024, 16:38

Barcellona. Città cosmopolita tra le più importanti della Spagna, meta quotidiana di turisti da ogni dove. Nel suo cuore si nasconde un pezzo di Puglia, la Troglobytes Games, società che, in pochi anni, è riuscita a conquistare un posto di rilievo nel settore dei videogiochi. Nasce ufficialmente nella città catalana nel 2015, ma la sua storia inizia un anno prima tra Bari e Gravina, da dove proviene il team, composto da sei ragazzi pugliesi, più un dipendente spagnolo, stagisti e collaboratori esterni.

La storia

Ragazzi accomunati dalla passione per il medium videoludico, sin da bambini, quando, nella Puglia degli anni ’80, gli unici luoghi per coltivare l’hobby erano le sale giochi. Per gli appassionati di videogame, un’era fa, prima della diffusione di pc e console da gioco, che portarono i videogiochi nelle case.

La scelta di trasferirsi in Spagna è dettata dalla maggior considerazione che, nella penisola iberica, si ha dei videogiochi, spiega Saverio Caporusso, CEO della società videoludica e tra i membri fondatori di Troglobytes, insieme a Luciano Iurino e Matteo Alessandrini, da più di 20 anni attivi nel settore, con collaborazioni per diverse case di produzione: «In Spagna c’è maggiore accettazione verso questa forma di espressione artistica. Perché tale è. Spesso i videogiochi sono stati demonizzati ingiustamente. Ma sono una vera e propria forma d’arte». 

Una forma d’arte che racchiude al suo interno molte altre arti: «Per la loro creazione servono animatori, disegnatori, game designer, scrittori, fumettisti, traduttori, publisher.

Non sono solo strumenti di intrattenimento. Con la loro componente narrativa, potremmo definirli libri interattivi che ci consentono di attivare l’immaginazione ed esplorare mondi fantastici».

«Qui è più facile lavorare. La scena è molto più attiva. Il settore gode di una maggiore considerazione ed è sovvenzionato con fondi europei, nazionali e regionali. Lo stesso avviene in altri paesi, come la Polonia, settimo produttore mondiale nel settore videoludico. Settore che, globalmente, fa più soldi di cinema e musica» aggiunge il game designer, evidenziando come in Italia esista ancora un pregiudizio verso i videogiocatori e i videogame in generale. Negli ultimi anni, l’Italia ha fatto passi avanti, con la nascita di diverse società e l’interessamento delle Film Commission (anche quella pugliese): «Ma siamo indietro di venti anni, rispetto ad altri paesi».

Proprio in questi giorni, uno degli ultimi videogame sviluppati da Troglobytes, “The Kindeman Remedy”, sbarca su tutte le console. Ma, tra i titoli a cui il team è più legato, c’è “HyperParasite”, il loro primo lavoro, totalmente autofinanziato e acclamato come il miglior gioco indipendente del 2020 dalla rivista Forbes. Fu pubblicato ad aprile, a pandemia appena iniziata. Un ottimo tempismo per un gioco che, ispirandosi al film “La Cosa” di Carpenter, ci mette nei panni di un parassita che deve possedere gli umani per conquistare il pianeta.

© RIPRODUZIONE RISERVATA