Voti comprati nel 2019: 19 a processo. Alla sbarra Ferri e Canonico, l’ex consigliera e suo marito prosciolti dalle accuse riferite al caso Bari

Voti comprati nel 2019: 19 a processo. Alla sbarra Ferri e Canonico, l’ex consigliera e suo marito prosciolti dalle accuse riferite al caso Bari
di Nicola MICCIONE
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Sabato 15 Luglio 2023, 05:00

Saranno processati assieme ad altre 17 persone, tra cui l’imprenditore Nicola Canonico, ma per adesso Francesca Ferri e Filippo Dentamaro incassano un “non luogo a procedere”. L’udienza preliminare si è chiusa con il rinvio a giudizio per 19 persone coinvolte nello scandalo della compravendita di voti fra Valenzano e Bari in due distinte tornate elettorali risalenti al 2019.

La sentenza 

La sentenza pronunciata ieri dal giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Bari, Anna Perrelli, fa però calare il sipario, seppur in maniera parziale, su una delle vicende più chiacchierate degli ultimi anni, e che vedeva coinvolti, assieme ad altre 41 persone, l’ex consigliera comunale di Bari, difesa dagli avvocati Massimo Lubelli e Enzo Operamolla, e suo marito, assistito dagli avvocati Mario Malcangi e Carmelo Stefanelli.

A far da «mediatore, garante, regista e coordinatore», dell’organizzazione sarebbe stato Nicola Canonico, anche lui rinviato a giudizio.

Il non luogo a procedere


Per i due, per i quali era stato richiesto il rinvio a giudizio, «in ordine al reato di cui al capo 79», lo scambio elettorale politico-mafioso, «con riferimento alle sole amministrative del consiglio comunale di Bari e al capo 81», l’associazione a delinquere, il gup ha dichiarato il non luogo a procedere «perché il fatto non sussiste» in riferimento solo alle Comunali di Bari. Resta in piedi, però, nell’indagine della Dda, coordinata dai pubblici ministeri Fabio Buquicchio e Michele Ruggiero, l’ipotesi di reato per le successive elezioni di Valenzano. All’ormai ex capogruppo di Italia Popolare, sospesa dopo l’arresto, è contestata l’associazione per delinquere finalizzata alla corruzione elettorale e allo scambio elettorale politico mafioso: secondo gli inquirenti «in previsione ed occasione delle elezioni amministrative di Valenzano», Dentamaro, sostenitore della campagna elettorale di alcuni candidati a supporto del candidato sindaco Giampaolo Romanazzi (fra di loro, Maddalena Carlizzi e Claudio Montefusco, «consapevoli del supporto di Dentamaro, ma ignari del patto di quest’ultimo con Buscemi»), avrebbe accettato da Salvatore Buscemi, figlio di Giuseppe e boss di Valenzano affiliato al clan Parisi, «la promessa di procurare voti “mafiosi” in favore di candidati legati e riferibili al duo Dentamaro-Ferri, in cambio della promessa (fatta da Dentamaro con la piena adesione di Ferri) di erogazione di varie utilità e, comunque, della disponibilità a soddisfare gli interessi o le esigenze del gruppo mafioso di Buscemi», fra cui la modifica del piano regolatore comunale per rendere alcuni terreni agricoli del boss, edificabili. 

Gli accordi con i portatori di voto 


Secondo gli inquirenti, sarebbe stata proprio la Ferri «a gestire gli accordi con i portatori di voto, occupandosi finanche personalmente dei controlli sulle liste, delegando viceversa a Dentamaro la fase più rischiosa del pagamento di denaro in favore degli stessi in acconto o a saldo del loro operato, quale parziale corrispettivo degli stessi elettori corrotti». E fra questi «portatori di voti» - ogni voto costava dai 35 ai 50 euro - ci sarebbero stati, fra gli altri, anche Michele D’Atri, sindaco di Grumo Appula dal 2010 al 2019, e Vito Caggianelli, candidato nella stessa lista della Ferri, oltre a Giovanni e Vito Michele Zaccaro, Lorenzo Dentamaro, Carmine Pastore, Gaetano Muscatelli, Luciano Marinelli, Francesco Zizza e Luigi Ressa, «tutti partecipi del sodalizio criminoso aventi il ruolo di “portatori di voto”, ossia quello di individuare, contattare e reclutare il maggior numero possibile di elettori» da cui, infine, avrebbero «comprato i voti verso il pagamento di corrispettivo in denaro». Dall’inchiesta, inoltre, escono di scena anche Carlo Barresi, accusato di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, «per non aver commesso il fatto», oltre a Luciano Marinelli e Carmine Pastore - il primo accusato di associazione a delinquere e corruzione elettorale, il secondo solo di corruzione elettorale - «per non aver commesso il fatto». Il deposito della sentenza avverrà entro 30 giorni. 

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