Bari, in dieci anni chiusi più di 700 negozi: soffre il commercio di vicinato e cresce l'on-line

Bari, in dieci anni chiusi più di 700 negozi: soffre il commercio di vicinato e cresce l'on-line
di Elga MONTANI
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Martedì 28 Febbraio 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 06:34

La città di Bari ha perso in dieci anni 723 attività commerciali. Nello specifico, dal 2012 al giugno del 2022, stando ai dati forniti da Confcommercio, si è passati da 3.557 attività di commercio al dettaglio presenti su tutto il territorio a 2.976, e le attività nel centro storico sono passate da 659 a 517. Centro storico dove hanno chiuso ben 50 attività commerciali dal 2019 ad oggi. I negozi di alimentari sono passati da 647 a 603; i negozi di prodotti per uso domestico da 407 a 284; le attività relative ad articoli culturali e ricreativi in esercizi specializzati hanno visto i numeri passare da 301 a 211; il commercio al dettaglio ambulante ha visto un decremento dalle 735 attività presenti sul territorio di Bari nel 2012 alle 544 del giugno 2022. 

Tutte le categorie in flessione


Dai dati si evince che tutte o quasi le categorie sono in flessione, in percentuale gli alimentari hanno visto una variazione pari a -2,6%, il settore computer e telefonia -1,3%, prodotti tessili ed elettrodomestici addirittura -34,5% così come articoli culturali che hanno visto una flessione del -29,1% (che vuol dire aver perso un terzo dei negozi in questi due ambiti in circa dieci anni); abbigliamento e calzature registra un -19% e il commercio ambulante -27,1%.

In controtendenza restano solo l’online, con l’e-commerce che vede un incremento pari all’82,1%, e il settore del turismo dove si è registrato un +14,6%. 

Cresce l'on-line


Per quanto riguarda l’online si è passati da 145 attività presenti sul territorio di Bari a 264, mentre per quanto attiene alle diverse attività che rientrano nell’ambito del turismo (alberghi, bar, ristorazione) vediamo che dalle 1.383 attività commerciali del 2012 si è arrivati, nel giugno 2022, a 1.585. In quest’ultimo caso, da sottolineare come siano aumentati sia i servizi di alloggio (con un maggiore incremento delle altre forme di alloggio come b&b e case vacanze rispetto agli alberghi) che i ristoranti. Nel dettaglio è possibile notare anche che il commercio tradizionale, se così è possibile definirlo, è quello che soffre di più di questa situazione, mentre sono aumentati i servizi, come le farmacie, e i negozi specializzati nella vendita di apparecchiature informatiche e per le telecomunicazioni. 

Un quadro desolante, come sottolinea il direttore dell’Ufficio Studi Confcommercio sulla demografia d’impresa, Mariano Bella: «La doppia crisi pandemica ed energetica sembra avere enfatizzato i trend di riduzione della densità commerciale già presenti prima di tali shock». E soprattutto: «L’entità del fenomeno non può che destare preoccupazione», aggiunge Bella. Dai dati del territorio nazionale, è possibile evincere che, negli ultimi 10 anni, la densità commerciale è passata da 9 a 7,3 negozi per mille abitanti (un calo di quasi il 20%). Il rischio che corrono le città è quello di una desertificazione, con tutte le conseguenze del caso. Da considerare che i negozi di vicinato non sono solo ed esclusivamente attività commerciali, ma sono un presidio di sicurezza e legalità, le loro luci illuminano le vie delle città e con la loro vitalità contribuiscono a dare l’immagine di una città in cui è possibile circolare tranquillamente anche di notte. Un negozio che chiude è una luce che si spegne. Bari dopo dieci anni si riscopre più buia, con troppe saracinesche che hanno chiuso per sempre. Soluzioni a questa complicata situazione ci sono, e passano, come sottolineano da Confcommercio, dal «puntare su efficienza e produttività, anche attraverso una maggiore innovazione e una ridefinizione dell’offerta. E rimane fondamentale l’omnicanalità, cioè l’utilizzo anche del canale online».

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