Concorsi pubblici scuola, troppi presidi donna: nelle nuove graduatorie la priorità agli uomini

A parità di merito, nelle graduatorie ci sarà una corsia preferenziale per i candidati maschi. L’insegnamento è diventato per oltre l’80% appannaggio delle lavoratrici

Concorsi pubblici scuola, troppi presidi donna: con i nuovi bandi la priorità agli uomini
Concorsi pubblici scuola, troppi presidi donna: con i nuovi bandi la priorità agli uomini
di Lorena Loiacono
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Lunedì 13 Novembre 2023, 08:02 - Ultimo aggiornamento: 08:11

Il preside è donna, in quasi tutte le scuole. E allora, d’ora in poi, la preferenza verrà data agli uomini. La forte presenza femminile a capo degli istituti è pari a circa 8 donne su 10 dirigenti, ma potrebbe ridimensionarsi: nei prossimi concorsi per dirigenti scolastici, infatti, si punterà a riportare negli uffici di presidenza un maggior numero di uomini. Un intervento che, sulla carta, riuscirà a ripristinare l’equilibrio di genere che ad oggi appare decisamente lontano da raggiungere: su 700mila docenti di ruolo in cattedra, infatti, ben 580mila sono donne. 
In che modo si proverà ad accorciare le distanze? Dando ai candidati maschi la precedenza, a parità di merito, rispetto ad una candidata donna. Per i sindacati si tratta di una falsa parità ma il ministero dell’istruzione e del merito ha spiegato da dove deriva questa norma: arriva dall’applicazione del decreto di giugno scorso, che regola l’accesso agli impieghi in tutte le pubbliche amministrazioni. E in questo caso, dunque per il mondo della scuola, si parte dalla dirigenza per la quale il concorso deve uscire a breve: «all’esito della procedura concorsuale - si legge nella bozza di regolamento - a parità di punteggio complessivo, considerate le percentuali di rappresentatività di genere di ciascuna regione, il titolo di preferenza sia in favore del genere maschile».

Graduatorie

Il procedimento è chiaro: nei bandi di concorso delle pubbliche amministrazioni deve essere indicata la percentuale di rappresentatività dei generi, calcolata al 31 dicembre dell’anno precedente. Si va così a vedere che differenza c’è tra la presenza di donne e uomini e, qualora fosse superiore al 30%, si applicherà la preferenza per il genere meno presente. In questo modo, al momento di scorrere la graduatoria per le assunzioni, a parità di titoli e merito viene assunto il candidato che appartiene al genere meno presente. Quindi l’uomo: in quasi tutte le regioni, infatti, il differenziale del 30% sul personale in servizio vede la prevalenza del genere femminile. Resta fuori solo la Sardegna, dove il differenziale è al di sotto del 30%, e in quel caso il titolo di preferenza non verrà applicato. 
La prevalenza delle donne è comunque un trend ben noto, che va avanti da vent’anni se non oltre.

Secondo i dati pubblicati da Tuttoscuola, il portale specialistico per il mondo della scuola, le insegnanti donne sono l’83% del totale e nel 2001 erano il 78%. Nel 2021-2022, quindi, si è raggiunta la quota maggiore di donne nel mondo della scuola. Sono quindi aumentate costantemente ma già 22 anni fa la presenza maschile era ben al di sotto del 30%. Alle scuole dell’infanzia e alle elementari i docenti sono per la quasi totalità donne: sopra il 99% nelle prime e oltre il 96% nelle seconde. Alle medie e alle superiori il numero dei professori maschi è sempre stato più alto, rispetto agli altri gradi di istruzione, ma anche in questo caso gli uomini stanno diminuendo: la presenza delle professoresse donne alle medie supera il 78% del corpo docenti mentre nel 2001 era al 75%. Alle superiori è arrivata al 67%, quindi in cattedra ci sono 2 donne su 3, contro il 59% registrato nel 2001.

Geografia rosa

La differenza si fa sentire, non solo tra scuola elementare e superiore, ma anche a livello geografico: la regione che ha il più alto tasso di donne è il Lazio con l’85% di docenti donne, seguita dalla Liguria con l’84,6% e dalla Lombardia con l’84,2%. In generale, le regioni del Centro Italia hanno il più elevato tasso femminile con l’84,2%, mentre le Isole registrano il tasso più basso. Secondo le rilevazioni Eurostat, l’Italia è in Europa fra i Paesi con più insegnanti di sesso femminile e arriva dopo soltanto Lettonia, Lituania, Bulgaria, Repubblica Ceca e Slovacca, Romania, Ungheria, Islanda e Slovenia. Anche l’Unione europea, nel giugno 2021, ha approvato una risoluzione per la “promozione della parità tra donne e uomini in materia di istruzione e occupazione nel campo della scienza, della tecnologia, dell’ingegneria e della matematica”. Alla base di questa forte differenza di presenza tra donne e uomini potrebbe esserci, come sottolineato anche dall’Ocse, un vecchio stereotipo di genere che vede nell’insegnamento un lavoro di cura e quindi destinato alle donne. 
Ma oltre allo stereotipo, decisamente da scardinare, c’è anche la necessità di rendere più attrattivo l’insegnamento per entrambi i generi, anche a livello economico: alzando gli stipendi. Intanto l’introduzione del titolo di preferenza non è stato ben accolto dai sindacati: «E’ un passo indietro - ha commentato Giuseppe D’Aprile, il segretario della Uil Scuola, una volta resa nota la bozza del bando di concorso - introduce meccanismi di falsa uguaglianza perché non tiene in nessun conto l’esperienza, la capacità e le attitudini. Pensare di creare una perequazione al contrario, indicando il genere maschile come da preferire, introduce nella scuola una diversificazione di genere della quale non si sente assolutamente il bisogno». 

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