Il preside è donna, in quasi tutte le scuole. E allora, d’ora in poi, la preferenza verrà data agli uomini. La forte presenza femminile a capo degli istituti è pari a circa 8 donne su 10 dirigenti, ma potrebbe ridimensionarsi: nei prossimi concorsi per dirigenti scolastici, infatti, si punterà a riportare negli uffici di presidenza un maggior numero di uomini. Un intervento che, sulla carta, riuscirà a ripristinare l’equilibrio di genere che ad oggi appare decisamente lontano da raggiungere: su 700mila docenti di ruolo in cattedra, infatti, ben 580mila sono donne.
In che modo si proverà ad accorciare le distanze? Dando ai candidati maschi la precedenza, a parità di merito, rispetto ad una candidata donna. Per i sindacati si tratta di una falsa parità ma il ministero dell’istruzione e del merito ha spiegato da dove deriva questa norma: arriva dall’applicazione del decreto di giugno scorso, che regola l’accesso agli impieghi in tutte le pubbliche amministrazioni. E in questo caso, dunque per il mondo della scuola, si parte dalla dirigenza per la quale il concorso deve uscire a breve: «all’esito della procedura concorsuale - si legge nella bozza di regolamento - a parità di punteggio complessivo, considerate le percentuali di rappresentatività di genere di ciascuna regione, il titolo di preferenza sia in favore del genere maschile».
Graduatorie
Il procedimento è chiaro: nei bandi di concorso delle pubbliche amministrazioni deve essere indicata la percentuale di rappresentatività dei generi, calcolata al 31 dicembre dell’anno precedente. Si va così a vedere che differenza c’è tra la presenza di donne e uomini e, qualora fosse superiore al 30%, si applicherà la preferenza per il genere meno presente. In questo modo, al momento di scorrere la graduatoria per le assunzioni, a parità di titoli e merito viene assunto il candidato che appartiene al genere meno presente. Quindi l’uomo: in quasi tutte le regioni, infatti, il differenziale del 30% sul personale in servizio vede la prevalenza del genere femminile. Resta fuori solo la Sardegna, dove il differenziale è al di sotto del 30%, e in quel caso il titolo di preferenza non verrà applicato.
La prevalenza delle donne è comunque un trend ben noto, che va avanti da vent’anni se non oltre.
Geografia rosa
La differenza si fa sentire, non solo tra scuola elementare e superiore, ma anche a livello geografico: la regione che ha il più alto tasso di donne è il Lazio con l’85% di docenti donne, seguita dalla Liguria con l’84,6% e dalla Lombardia con l’84,2%. In generale, le regioni del Centro Italia hanno il più elevato tasso femminile con l’84,2%, mentre le Isole registrano il tasso più basso. Secondo le rilevazioni Eurostat, l’Italia è in Europa fra i Paesi con più insegnanti di sesso femminile e arriva dopo soltanto Lettonia, Lituania, Bulgaria, Repubblica Ceca e Slovacca, Romania, Ungheria, Islanda e Slovenia. Anche l’Unione europea, nel giugno 2021, ha approvato una risoluzione per la “promozione della parità tra donne e uomini in materia di istruzione e occupazione nel campo della scienza, della tecnologia, dell’ingegneria e della matematica”. Alla base di questa forte differenza di presenza tra donne e uomini potrebbe esserci, come sottolineato anche dall’Ocse, un vecchio stereotipo di genere che vede nell’insegnamento un lavoro di cura e quindi destinato alle donne.
Ma oltre allo stereotipo, decisamente da scardinare, c’è anche la necessità di rendere più attrattivo l’insegnamento per entrambi i generi, anche a livello economico: alzando gli stipendi. Intanto l’introduzione del titolo di preferenza non è stato ben accolto dai sindacati: «E’ un passo indietro - ha commentato Giuseppe D’Aprile, il segretario della Uil Scuola, una volta resa nota la bozza del bando di concorso - introduce meccanismi di falsa uguaglianza perché non tiene in nessun conto l’esperienza, la capacità e le attitudini. Pensare di creare una perequazione al contrario, indicando il genere maschile come da preferire, introduce nella scuola una diversificazione di genere della quale non si sente assolutamente il bisogno».