Voti & scandali/ La credibilità offuscata di una stagione ormai sfiorita

L'ultima inchiesta su Bari e il mercimonio delle preferenze: una riflessione dopo gli arresti

Bari, comizio primarie centrosinistra
Bari, comizio primarie centrosinistra
di Rosario TORNESELLO
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Venerdì 5 Aprile 2024, 12:41 - Ultimo aggiornamento: 7 Aprile, 08:50

Sembrano cronache da fine impero. Indignano, ma fino a un certo punto. Perché la sensazione è purtroppo quella di un film già visto, o quanto meno di un finale scontato: non si può perseguire il potere per il potere – magari da eternizzare in tre, quattro o cento mandati – senza che poi, alla lunga, nulla accada. Né predicare la politica delle mani libere senza che – manovra di qua, manovra di là – in qualche trappolone non ci si vada a infilare.

La primavera pugliese finisce nel grigiore di ombre livide che si allungano, sulla politica e sulle istituzioni.

La presunzione d'innocenza è ormai la difesa – estrema e di solo principio – dovuta a un sistema che, per come raccontato dalla Procura e filtrato dal giudice per le indagini preliminari, intesse relazioni indecenti nella compravendita di voti. Un mercimonio che a volte avviene con la partecipazione attiva dei clan mafiosi; altre volte – come in quest'ultimo caso – no. Ma la differenza non irrita, offende e preoccupa meno.

L'elenco dei fatti e degli scandali (alcuni usciti dall'alveo delle indagini per entrare nei pronunciamenti degli organi preposti all'accertamento dei profili penali) si ingrossa con dettagli imbarazzanti. Casi limitati, qualcuno potrebbe dire. Cambierebbe poco o nulla: il malaffare non ha certo una sua quota da mettere in conto e sopportare, quasi fosse fisiologica in ogni ambito. L'omicidio del nipote del boss Capriati ha spostato i riflettori dal gran bailamme intorno all'iter di scioglimento del Consiglio comunale, come un intervallo di sangue nella feroce contrapposizione politica. Ma è durato poco. Così nell'aria riecheggia l'annuncio di altre possibili richieste o iniziative, dalla sospensione delle primarie di centrosinistra a Bari, con strappo nella coalizione, fino al rinvio delle stesse elezioni comunali, giusto per azzerare percorsi democratici di formazione del consenso. A questo punto, nulla è da escludere.

Una baraonda, è evidente. Per ora ci tocca ragionare sul sistema perverso di intese e alleanze raccontato dalle carte, sui risvolti nefasti dell'ennesimo cambio di casacca nella transizione dal centrodestra al centrosinistra: si tratti di singoli individui o di robusti clan familiari, con pacchetto di voti al seguito. La direzione della transumanza da uno schieramento all'altro segue il verso segnato dagli interessi in gioco e dai rapporti di forza: non è il colore politico ad attrarre (in altri tempi e in altri luoghi può girare al contrario), quanto la sete di potere. Le cronache, con gli immancabili addentellati giudiziari, raccontano aneddoti dai risvolti foscamente illuminanti.

La bella stagione del rilancio di città e territori termina così, offuscata dalle inchieste e dai sospetti. Il trasformismo finisce in macerie. La politica, la presenza sul campo, la vicinanza alle persone, l'ascolto dei bisogni, la conoscenza dei problemi, la partecipazione agli affanni quotidiani, l'attenzione alle frequentazioni e ai movimenti: senza sconfinare nel giustizialismo o, peggio ancora, nella cultura del sospetto, tutto avrebbe dovuto suggerire – e anzi imporre – grande cautela e ancor maggiore accortezza. Non è accaduto. E per evidenti ragioni. Il vero fallimento e la colpa primigenia alla base degli eventuali reati stanno in tutto questo. Una rosa è una rosa è una rosa. Finché è poesia, affascina. Ma quando inizia a diventare una rosa (nera) di nomi, fatti e circostanze, inquieta.

Non c'è civismo – ecco la parola magica, l'incantesimo fuorviante degli ultimi tempi – se le liste si moltiplicano e l'affluenza alle urne si dimezza. L'alto senso del dovere di cittadino, cui quel termine come concetto rimanda, segna lo scarto tra rappresentazione iperbolica e realtà fattuale. La contraddizione, fin troppo evidente, svela l'inganno con cui non di rado si è voluto ammantare di raffinata strategia politica solo un malcostume a uso e consumo elettorale (e di basso potere), che dal centro alla periferia, per restare qui in Puglia, ha moltiplicato gli emuli di Fregoli: tutti in fregola di collocazione giusta e nei posti che contano, facendo strame della coerenza e molto più della rispettabilità. 

C'è da scommettere che le ultime vicende, per quanto possano sembrare cronache "marziane", incideranno ancor più sull'affluenza ai seggi nelle competizioni in arrivo, riflesso diretto di scetticismo e disincanto. Ed è un peccato. Perché i primi a pagare pegno saranno le persone di buona volontà, gli amministratori accorti, i politici impegnati, le donne e gli uomini preparati, già in campo o pronti a entrare in lista. Tanti, moltissimi, in qualsiasi luogo, necessari e indispensabili per i meccanismi della democrazia e per i destini di territori e comunità. Non saranno gli scandali a fermare la voglia di esserci e partecipare in prima persona, con i migliori propositi. Almeno si spera. Ma ogni volta è come dover ricominciare da capo per riconquistare fiducia e credibilità, per non disperdere un patrimonio di capacità e conoscenze costruito a fatica e nel tempo. E a ogni giro qualcuno molla e declina altrove, diversamente, il proprio impegno. Per tutti, una perdita secca. Pesantissima. Alla lunga, insostenibile. 
 

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