Storia di Pasquale, licenziato nelle ore del vertice romano

Storia di Pasquale, licenziato nelle ore del vertice romano
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Venerdì 8 Novembre 2019, 08:35 - Ultimo aggiornamento: 16:07
Qualcuno, con una punta di feroce ironia, ha calcolato che gli esuberi ArcelorMittal, adesso, non sarebbero più cinquemila, ma quattromilanovecentonovantanove. Una battuta per sdrammatizzare, per provare a buttare giù un boccone amaro. Lui è Pasquale Maggi, da ieri mattina ex operaio del siderurgico di Taranto. Il destino, crudele e beffardo, ha voluto che Pasquale ricevesse la lettera di licenziamento proprio il giorno dopo il vertice di Roma, dove Mittal ha messo sul piatto di una possibile  trattativa col governo migliaia di lavoratori da tagliare. Si tratta solo di una casualità, perché la storia di Maggi comincia ben prima, trovando però l'epilogo in questa fase caldissima. «Mi hanno licenziato oggi - racconta davanti ai cancelli - per una somma di contestazioni disciplinari: mi contestano una recidiva, per tutta l'estate mi hanno riempito di raccomandate e adesso mi hanno messo fuori». Lunedì scorso, spiega, al termine del turno di lavoro stava lasciando la fabbrica, ma gli è stato ritirato il badge «con la scusa che non funzionava. Il varco non era autorizzato quindi la vigilanza me l'ha tolto e mi ha avvisato che l'indomani sarei entrato con il documento di riconoscimento. Non riuscivo ad uscire paradossalmente». Lo stesso lunedì è partita la lettera di licenziamento, ma è riuscito a ritirarla soltanto ieri, perché era in giacenza. Sulla lettera di ArcelorMittal si legge che il licenziamento è per giusta causa, e che «la condotta contestata è di tale gravità da non consentire la prosecuzione anche solo temporanea del rapporto di lavoro». Ma qual è la condotta grave di cui è accusato? «Mi sono permesso di ricordare a Mittal e al medico di fabbrica cosa prevede la legge sulle attività in presenza di amianto e sulla sorveglianza sanitaria». Maggi è un elettricista e ha lavorato nell'ex Ilva per diciannove anni. «Ho denunciato l'assenza di apparecchi salvavita, oltre che la presenza di amianto nei reparti». Collabora con l'osservatorio nazionale sull'amianto, un tema che sente molto, e che purtroppo lo sta toccando da vicino. Da dentro. «Sto facendo degli accertamenti, sto avendo problemi di salute, sembra che io abbia una asbestosi lieve: il medico qui mi aveva sospeso dal lavoro per inidoneità». L'ex operaio ora prepara il ricorso. «Ma se Mittal va via - si chiede - e mi dovessero reintegrare, significa che dovrò andare in fabbrica in India?». Secondo il lavoratore, che non perde il gusto della boutade, nonostante tutto, «va a finire che mi scaleranno i soldi dalla liquidazione: almeno ho la soddisfazione di non entrare più qui dentro, mi sento preso in giro».
N.Sam.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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