Ex Ilva, le ditte dell'indotto siderurgico tarantino: niente stipendi e tredicesime

Il parco minerali dell'ex Ilva
Il parco minerali dell'ex Ilva
di Domenico PALMIOTTI
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Giovedì 14 Dicembre 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 15 Dicembre, 13:52

“Ci vediamo costretti, nostro malgrado, a comunicare l’impossibilità per le nostre imprese metalmeccaniche di far fronte nel mese corrente al pagamento degli oneri fiscali e previdenziali e, purtroppo, alla erogazione di stipendi e della tredicesima mensilità ai nostri collaboratori. Nonostante gli appelli lanciati più volte, le numerose richieste di incontro inviate al management della società, al presidente del Consiglio dei ministri e ai ministri Urso e Fitto, al fine di addivenire ad una soluzione ai fini di una ripresa della produzione in chiave ecocompatibile, sono rimaste lettera morta”. 
È il passaggio cruciale della lettera che ieri l’Aigi di Taranto (l’associazione delle imprese dell’indotto ex Ilva e metalmeccanico) ha inviato ai vertici nazionali (Roberto Benaglia, Michele De Palma e Rocco Palombella) e tarantini (Biagio Prisciano, Francesco Brigati e Davide Sperti) dei sindacati Fim, Fiom e Uilm. Stessa lettera anche a Franco Rizzo di Usb nazionale.

Le fatture

Non pagate, o pagate con molto ritardo, da Acciaierie d’Italia per i lavori eseguiti nella fabbrica e fatturati, le imprese lanciano l’allarme.

Un primo segnale Aigi lo aveva manifestato già nei giorni scorsi, in altre lettere ad Acciaierie e al prefetto di Taranto, evidenziando che l’esposizione delle imprese associate era intorno ai 90 milioni e che questo, in mancanza di soluzioni, rischiava di provocare altre conseguenze a breve, a partire da stipendi e tredicesime ai dipendenti. E così ora rischia di essere. É un effetto della crisi di liquidità che assedia da mesi Acciaierie. Che, non avendo soldi in cassa, circolante, credito dalle banche e sostegno dall’azionista di maggioranza Mittal, cerca di stringere ovunque possibile: dall’acquisto delle materie prime per la produzione al pagamento dei fornitori. 

L'allarme


“Chiediamo da mesi di poter rientrare dello scaduto alla luce dello stallo decisionale a cui si è giunti da parte degli attori interessati - Governo e parte privata - con conseguente riduzione totale delle commesse ed addirittura il blocco di quelle che avevamo acquisito sulle quali abbiamo anche investito ingenti risorse economico-finanziarie” evidenzia l’Aigi. “Non intravediamo spiragli di programmazione - evidenzia l’associazione presieduta da Fabio Greco -. Al prossimo 31 dicembre non si registrano ordini, non c’è un programma lavorativo. Per questo ci ritroviamo nella drammatica condizione di non poter far fronte al pagamento degli stipendi e delle tredicesime oltre alle previste scadenze fiscali e finanziarie”. “Non possiamo più tollerare il ritardo di 180/210 giorni sui pagamenti - afferma l’Aigi -. Ritardi che finora abbiamo tollerato e che abbiamo gestito facendo grossi sacrifici e dando fondo a tutte le nostre risorse ma ora, con il pericolo concreto che incombe sullo stabilimento, non siamo più nelle condizioni di rispettare gli impegni che abbiamo assunto sulla base di certezze che sono venute a mancare”. L’attesa è ora per l’assemblea di Acciaierie del 22 dicembre. Riusciranno i due soci (il privato Mittal che è maggioranza e la società pubblica Invitalia, che è partner di minoranza) a trovare un accordo e ad assicurare la sopravvivenza, soprattutto finanziaria, dell’ex Ilva evitando che sprofondi? 

La convocazione


Il Governo ha intanto convocato i sindacati il 20 a Palazzo Chigi per un punto di situazione. Incontro per il quale l’Aigi ha protestato chiedendo di essere invitata dal Governo. L’esclusione dal confronto è, per l’associazione, che si rivolge al premier Meloni e al ministro Urso, “una notizia che ci sconcerta e ci delude profondamente, considerato che ad un tavolo così importante vengano invitati, per l’ennesima volta, solo i rappresentanti dei lavoratori e venga escluso il mondo delle imprese, quelle imprese che hanno sofferto e continuano a soffrire per il bene dello stabilimento, per la salvaguardia della produzione e il risanamento della fabbrica”. 

La risposta dei sindacati e della politica


Tornando invece agli stipendi e alle tredicesime in bilico, Davide Sperti e Mimmo Amatomaggi della Uilm Taranto dicono a Quotidiano che “appare davvero singolare, per non dire altro, che adesso le imprese protestino per i tempi dei pagamenti da parte di Acciaierie a 180-210 giorni. Dimenticano che questi stessi tempi sono stati loro a concordarli con l’azienda pur sapendo che questo dilazionamento li avrebbe travolti e sarebbe ricaduto sulle spalle dei lavoratori. Come si spiega che questi imprenditori il 28 settembre, a Taranto, erano ad applaudire la governance di AdI e ora la contestano? Pensano forse di fare pressioni, usando i lavoratori e i sindacati, affinché il Governo eroghi altri soldi al buio ad Acciaierie?” “Quanto comunicato ai sindacati dalle imprese metalmeccaniche dell’indotto dell’ex Ilva è la prova definitiva della completa incapacità dell’esecutivo Meloni di gestire la crisi in corso - dichiara Ubaldo Pagano, deputato Pd -. In più di un anno di legislatura, a Taranto si sono fatti soltanto passi indietro: ci sono più dipendenti in cassa integrazione e il miliardo del Pnrr per la decarbonizzazione è scomparso, mentre si continuavano a versare soldi pubblici nelle casse di un socio privato assolutamente disinteressato alle sorti dell’acciaieria”. 

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