Ex Ilva di Taranto: scoppia il "giallo" della cassa integrazione

Una protesta dei lavoratori ex Ilva di Taranto
Una protesta dei lavoratori ex Ilva di Taranto
di Domenico PALMIOTTI
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Mercoledì 12 Luglio 2023, 06:00 - Ultimo aggiornamento: 13 Luglio, 21:45

La nuova cassa integrazione all’ex Ilva di Taranto c’è, non c’è, ci sarà? Forse è esagerato parlare di giallo, ma è comunque sorto un piccolo caso attorno alla cig. 
Qualche giorno si è diffusa la notizia che il ministero del Lavoro, a valle del recente decreto legge sulla Pubblica amministrazione, aveva autorizzato la cassa dal 19 giugno sino a fine anno per 2.500 dipendenti del siderurgico. Questo almeno, riferiscono i sindacati, è ciò che l’azienda aveva fatto intendere. E invece c’è per ora un dietrofront. Ieri mattina, nella riunione in video call con la task force Lavoro della Regione Puglia, Virginia Piccirilli, direttore delle Risorse umane del gruppo, ha dichiarato (lo riferiscono di nuovo i sindacati) che nero su bianco ancora non c’è. Il provvedimento della direzione generale Ammortizzatori sociali non è giunto. Arriverà certo, non ci sono dubbi, tanto più che la nuova cassa è agganciata ad un decreto legge, ma intanto la procedura che a fine giugno l’azienda aveva aperto con la task force per un percorso alternativo di cassa, ieri non è stata chiusa come si pensava di fare. Ci sarà una nuova riunione nei prossimi giorni, probabilmente tra una settimana.

La norma

La nuova cassa in autorizzazione è disciplinata dall’articolo 42 del dl.  Questo consente alle aziende ritenute strategiche, e con più di 1.000 addetti, di proseguire gli ammortizzatori sociali sino a fine anno se non sono riuscite a completare la ristrutturazione in corso. Quella che prima del dl ha chiesto AdI fa riferimento alla legge di Bilancio 2022 che, in tema di ammortizzatori sociali, ha variato alcuni articoli del Jobs Act del 2015 (comma 11 ter, articolo 44). A fronte del mancato accordo sindacale sulla cassa il 13 e il 15 giugno scorso al ministero del Lavoro, è stata la Regione a lanciare un’alternativa. Che consiste nella possibilità per alcune categorie di datori di lavoro di ottenere un ulteriore trattamento straordinario di integrazione salariale, di durata massima pari a 52 settimane, per fronteggiare nel biennio 2022-2023 processi di riorganizzazione e situazioni di particolare difficoltà economica. Sono stanziati al riguardo 150 milioni di euro per i 2 anni in questione. Ma l’arrivo del decreto ha poi mutato il quadro di riferimento. E ora la nuova cassa scatta su richiesta dell’azienda e senza bisogno di consultazione e di accordo con i sindacati.

I sindacati

«Siccome l’autorizzazione formale alla cassa ancora non c’è, oggi, giorno in cui verranno accreditati gli stipendi di giugno ai dipendenti, vogliamo verificare come AdI si è comportata verso coloro che ha messo in cassa integrazione dal 19 giugno in poi - commenta a Quotidiano Davide Sperti, segretario Uilm -. Acciaierie d’Italia, con una precedente nota, ha comunicato che avrebbe comunque sospeso dal lavoro il personale pagandolo con la decurtazione. In pratica, come se la cassa fosse stata già concessa. Ma questo non lo può fare in assenza di autorizzazione formale, glielo abbiamo già contestato, e oggi vedremo cosa l’azienda ha fatto». «È singolare poi - prosegue Sperti - che il ministro del Lavoro, dopo l’approvazione del decreto legge, abbia parlato di gesto di vicinanza ai lavoratori di Taranto. Per noi i dati che contano sono altri, ovvero che è passato un mese dalle riunioni al ministero del Lavoro senza accordo sindacale e nulla è accaduto. Inoltre, il Governo concede la cassa ad AdI, e per giunta a richiesta aziendale e senza alcuna discussione preventiva con noi, ma non muove un dito per la situazione di un gruppo alla deriva».
«Chiediamo ai responsabili aziendali di richiamare tutti i lavoratori in fabbrica e provvedere a retribuirli secondo le leggi vigenti. Abbiamo superato ogni limite e bisogna ripristinare la legalità», evidenzia Guglielmo Gambardella della Uilm nazionale. 
Alessandro Dipino, segretario Ugl metalmeccanici, afferma che «sembra di assistere al gioco dell’oca. Si pensa di aver fatto un passo in avanti per poi scoprire di averne fatti tre indietro» poiché all’incontro non partecipa la direzione generale della divisione degli Ammortizzatori sociali cui tocca «fornire risposte concrete». Per l’Ugl la situazione «è rimandata a tale divisione dalla quale non abbiamo ritorni in merito».
Intanto si susseguono le proteste per le disfunzioni all’interno della fabbrica.

La Fim Cisl in una comunicazione all’azienda segnala la sospensione dei servizi cisterna. La conseguenza è che «in tutto lo stabilimento c’è presenza costante di polvere. Tale attività è prevista dalle prescrizioni Aia» sottolinea la Fim, la quale, se l’inadempienza dell’azienda dovesse continuare, paventa il coinvolgimento degli «enti esterni preposti alla prevenzione e sicurezza degli ambienti di lavoro». E sempre la Fim segnala che «il numero degli autobus adibiti al trasporto interno allo stabilimento non è sufficiente a garantire il servizio al personale» e c’è «un non congruo orario delle corse rispetto all’ingresso e all’uscita presso le portinerie». La Fim rileva «gravi disagi ai lavoratori che sono costretti in diversi casi a non riuscire a usufruire dei bus pubblici esterni per ritardo della corsa verso gli spogliatoi di appartenenza» e segnala che tra chi lascia il turno sull’impianto e chi subentra non c’è neppure «il tempo materiale per scambiarsi le consegne».  

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