Detenuti coltivano la terra in carcere per donare i frutti al Banco Alimentare

Detenuti coltivano la terra in carcere per donare i frutti al Banco Alimentare
di Lucia J. IAIA
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Martedì 1 Giugno 2021, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 12:01

Andrea a quelle piante ci tiene davvero. E non solo perché le ha seminate con le sue mani e le ha coltivate, aspettando pazientemente di vederne i frutti, ma perché sono un fortissimo simbolo di riscatto. Passa attraverso la terra lo straordinario progetto che, dall’estate del 2019 ad oggi, lega con un filo sottile le storie di alcuni detenuti a quelle di altre persone che hanno bisogno di aiuto. Una rete tra gli “ultimi” che si tendono la mano, sperando di non affogare gli uni nella detenzione e gli altri nella povertà.

Il progetto

Sono 15 i detenuti del carcere Magli in misura alternativa protagonisti del progetto denominato “Fuori dall’orto”, promosso dall’associazione “Noi e Voi” onlus, insieme all’amministrazione penitenziaria di Taranto nell’ambito del bando “Puglia Capitale Sociale 2.0”.  Per mesi, hanno coltivato cipolla, insalata, finocchi, sedano e tanto altro nel terreno che circonda il carcere. E poi sono tornati a studiare, impegnati in lezioni teoriche con professionisti del settore. Il raccolto infine, lo hanno donato al Banco Alimentare, per sostenere chi non ce la fa. 
«È un onore per me sapere che sto aiutando qualcuno - racconta Andrea – mi fa sentire bene. Penso che qualcuno soffre più di me ed è giusto fare qualcosa. Ho imparato tanto e mi piace la natura». Dopo quattro anni di carcere, la voglia di libertà deve essere tanta. «Quando uscirò – assicura Andrea - mi impegnerò per i miei figli, perché tornare dentro sarebbe una delusione mia e di chi mi sta intorno». Un progetto questo, dalle molte rilevanti sfaccettature umane e sociali, nonostante le complicazioni logistiche causate dalla pandemia. 
«Si è trattato di un corso teorico-pratico su come si realizza un orto – spiega il presidente dell’associazione “Noi e Voi” onlus, don Francesco Mitidieri – dalle tecniche di impianto ai sistemi di irrigazione, le stagioni, i tempi di semina e di coltura. Nella parte teorica, che ha coinvolto 4 docenti, sono stati fatti anche piccoli esperimenti nei vasi. Poi quanto imparato è stato riportato alla pratica, proprio sul terreno messo a disposizione dalla direzione penitenziaria. Nonostante la pandemia, siamo riusciti ad arrivare alla fine e siamo contenti che pur essendo stato pensato per una decina di persone, il progetto in realtà sia riuscito ad appassionarne 15, andandosi ad integrare con altre attività, portate avanti già autonomamente dall’istituto penitenziario».
La natura ha mostrato loro quanto sia faticoso e, al contempo, meraviglioso ottenere dei buoni risultati. Le giornate sono state impreziosite dalle lezioni di professionisti, come Marcella Candelli, dottore agronomo che evidenzia il grande interesse mostrato dai partecipanti. «Li ho trovati attenti: prendevano appunti, facevano domande. Pian piano, le distanze si sono accorciate - racconta - ed è stato anche possibile parlare di loro, delle storie personali, del desiderio di ripartire».
Alcuni momenti sono stati davvero significativi. «Abbiamo messo per iscritto piccoli progetti per trasformare un terreno in un orto. Che emozione – sottolinea Candelli - vedere la gioia del primo raccolto nei loro occhi!». Un progetto con una finalità anche solidale: donare il raccolto a chi ne ha bisogno. «Da tempo, abbiamo iniziato una collaborazione con la casa circondariale di Taranto – spiega Luigi Riso, responsabile regionale del Banco Alimentare - perché a tanti venga data la possibilità di reintegrarsi all’interno della società. Il motivo per cui facciamo tutto questo, in luoghi in cui è evidente che non raccoglieremo tonnellate di prodotto, è la cultura del dono e la creazione di una rete di rapporti. Non è il gesto in sé per sé ma sono tutti questi gesti che, se messi in un contesto di società civile, fanno crescere».
Ciliegina sulla torta è infine, l’assegnazione di una borsa lavoro ad uno dei detenuti.

Finanziata dall’ufficio per l’esecuzione penale esterna, gli consentirà di lavorare in agricoltura nella cooperativa omonima “Noi e Voi”. Inoltre, sono state acquistate attrezzature per proseguire l’attività nei campi, anche oltre i tempi dettati dal finanziamento regionale. In qualche maniera, lo stesso progetto rappresenta un seme che, si auspica, possa germogliare anche in terreni difficili.

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