Il commento
"Da questo punto di vista - si legge nel report diffuso appena pochi giorni fa - il territorio rappresenta una variabile fondamentale nella determinazione di quello che possiamo definire come "valore del lavoro", ossia il valore di mercato di una determinata professione. Di conseguenza, in termini aggregati, è evidente che la dinamicità del mercato del lavoro, ossia la competizione tra le aziende e la disponibilità dei profili ricercati, determini differenziali anche molto elevati, in particolare tra il Nord e il Sud del nostro paese, dove in media supera il 14%".
In sintesi, la mappa dei guadagni evidenzia come alcuni territori, tra cui tutte le province pugliesi, avrebbero bisogno di interventi strutturali che vadano a definire e migliorare non solo l'occupazione ma anche la qualità della stessa. Il calo dei disoccupati e la ripresa economica post-covid rischiano così di tradursi in una enorme bolla di sapone. Il lavoro, evidenzia Istat nei propri rapporti, è sempre più spesso precario, anche se l'occupazione aumenta. E soprattutto c'è un problema di guadagni. La media di uno stipendio a Taranto se considerata al netto delle imposte è inferiore a 2mila euro. A ciò bisogna aggiungere i divari territoriali anche nell'occupazione femminile, che al Sud resta un problema più che sentito. E il gioco è fatto. Sarà anche per questo che da qui arriva con più forza la richiesta del salario minimo. Ma lo scontro continua, il governo pensa a una riforma di natura diversa, i sindacati preparano l'autunno caldo, il Pd e il Movimento 5 Stelle sono pronti a scendere in piazza. Ma il lavoro resta povero, almeno al Sud.