Gli amori di Hijiriko e il naufragio di Dylan Dog

Gli amori di Hijiriko e il naufragio di Dylan Dog
di Luca BANDIRALI e Stefano CRISTANTE
4 Minuti di Lettura
Sabato 22 Luglio 2023, 20:50 - Ultimo aggiornamento: 20:51

Il fumetto d'estate è evasione non da sé ma dentro di sé: ce ne danno prova un classico sentimentale di Kamimura Kazuo e un omaggio di Dylan Dog a "L'invenzione di Morel", uno dei racconti più perturbanti del 900.

Kamimura Kazuo (disegni), Nakajima Sadao (sceneggiatura), "Love", Coconino Press - Fandango.

In un mondo orientale che corre veloce sulla strada dell'accelerazione industriale e che sembra ormai lontano dai traumi della guerra e della bomba, a disposizione dei giovani nipponici ci sono diverse scelte valoriali: il lavoro, lo studio, la famiglia, ma anche la libertà, il cambiamento, la trasgressione. I processi sociali sono frenetici, e i manga per adulti (gekiga) li registrano e in parte li anticipano. Nel 1973, quando esce "Love", Kamimura Kazuo è un mangaka già noto per aver realizzato diverse storie che hanno colpito i giovani adulti giapponesi. Un anno prima ha pubblicato un gekiga intitolato "L'età della convivenza", dove la nuova pratica esistenziale di coppia è rappresentata senza moralismi (non dimentichiamo che siamo a poche stagioni dal 1968, scossa generazionale forte anche in Giappone). In "Love", realizzato in collaborazione con il regista Nakajima Sadao, i percorsi degli amori giovanili imboccano un sentiero estremo, assolutizzandosi.

Per la giovane Hijiriko, studentessa e cameriera in un bar, l'amore totale che fa coincidere gli esseri sembra l'unica aspirazione. D'altronde nella sua vita non ci sono legami familiari o amicali che la trattengano dal praticare il suo sogno: Hijiriko viene ritratta da Kamimura sola e autosufficiente nella metropoli dove è giunta dopo aver lasciato il suo paese. Decide lei se andare a scuola o no, se accettare un amante nel suo letto o se scacciarlo. Ne ha già avuti un certo numero, ma nessuno le ha mai dato davvero l'impressione di essere il predestinato, colui per il quale varrà la pena vivere, entrando in una simbiosi che solo l'amore fisico può in qualche modo rappresentare. Un giorno però il desiderio si avvera: nel bar dove lavora Hijiriko compare un giovane elegante, Oikawa. La fa ridere, e si comporta come lei avrebbe voluto. Anche lui sembra coinvolto nella ricerca dell'amore che ossessiona lei, ma non sembra che questa forma simbiotica possa vivere nel mondo che li contiene. Appena non sono più soli come una fuga campestre poteva far sperare, il loro amore comincia a confrontarsi con il male e con l'abiezione, il cui riflesso è fatto anche di violenza fisica e sessuale. Hijiriko si sentirà sola e tradita nella sua aspirazione platonica al ricongiungimento esistenziale.

Eros e Thanatos sostituiranno le metà platoniche in un epilogo avvertito dal lettore come atteso, ma ugualmente struggente. L'opera di Kamimura e Nakajima viene ripresentata per la prima volta in volume a 50 anni dalla sua prima pubblicazione su rivista, grazie a un accurato lavoro della Coconino sui materiali originali.

Davide La Rosa (storia), Franco Saudelli (disegni), "L'isola dai due soli", Dylan Dog n.442 bis.

I Bonelli "bis" sono gli albi di luglio che raddoppiano la numerazione degli albi ordinari: storie aggiuntive che l'editore pubblica in estate, quando il pubblico del fumetto aumenta, complice la spiaggia. Non fa eccezione la testata "Dylan Dog", che licenzia un albo estivo e filosofico insieme, intitolato "L'isola dai due soli". Si tratta di un adattamento esplicito di un classico della fantascienza filosofica, il racconto "L'invenzione di Morel" di Adolfo Bioy Casares, pubblicato nel 1940 e trasformato in film prima nel 1967 da Jean-Claude Bonnardot in Francia, e poi nel 1974 da Emidio Greco in Italia. La sceneggiatura di Davide La Rosa, all'esordio nella serie regolare di Dylan Dog, è debitrice (fin dal titolo) anche nei confronti di uno dei romanzi più ambiziosi e sottovalutati di Umberto Eco, "L'isola del giorno prima" del 1994; e non mancano riferimenti a "La tempesta" di Shakespeare, senza contare che la prima tavola, con Dylan che annaspa tra i flutti splendidamente tratteggiati da Franco Saudelli, sembra proprio un omaggio a "La ballata del mare salato" di Hugo Pratt, l'esordio di Corto Maltese.

In estrema sintesi, Dylan Dog è alla ricerca di una persona scomparsa e fa naufragio su un'isola che non è sulle carte nautiche; qui si trova a visitare un misterioso edificio in cui il passato si ripete, senza concedere la possibilità di intervenire per modificarne il fatale sviluppo, e anzi conducendo l'individuo alla morte. Riflessione profondamente novecentesca sull'insensatezza dell'azione e sulla tecnica come destino piuttosto gramo, "L'invenzione di Morel" è stato adattato conformandolo allo spirito dell'epoca, alla fine degli anni '60, quando la contestazione della storia occidentale portò alla svolta postmodernista. Le preoccupazioni di Bioy Casares erano tanto universali che, in fondo, si adattano perfettamente a un presente caratterizzato dalla paura dell'intelligenza artificiale e delle sue produzioni autonome: in fondo, la macchina di Morel non è altro che il monolito di Kubrick, un oggetto schermico su cui proiettiamo ciò di cui abbiamo timore.

© RIPRODUZIONE RISERVATA