Sud, scontro Renzi-Emiliano. Boccia: il piano del governo è la via maestra, il governatore dica cosa non va

Sud, scontro Renzi-Emiliano. Boccia: il piano del governo è la via maestra, il governatore dica cosa non va
di Francesco G. GIOFFREDI
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Martedì 26 Aprile 2016, 17:22 - Ultimo aggiornamento: 17:25
Francesco Boccia, deputato Pd e presidente della Commissione Bilancio della Camera: Renzi ha ricordato che la Puglia è ancora lontana dal chiudere l’accordo col governo per il Masterplan per il Mezzogiorno. Ennesimo capitolo della guerra con Emiliano o c'è qualche reale intoppo?
«A differenza di altre Regioni evidentemente non c’è un’istruttoria in fase avanzata. Penso che Renzi l'abbia detto non per caso. Ora la cosa migliore sarebbe colmare questo ritardo».
Colpe distribuite tra entrambe le parti?
«Non è questo il punto. In questi giorni stanno emergendo i dati sulla spesa dei fondi europei del ciclo 2007-13, dati ufficiosi anche perché entro il 30 aprile il governo dovrà fornire al Parlamento la relazione finale. Detto che utilizzare tutte le risorse non significa farlo sempre bene, dovremmo stare ben oltre il 92%, e la Puglia è tra le Regioni del Sud che sul Fesr ha speso quasi tutto, mentre sul Fse - come altre al Sud - sconterà una perdita e bisognerà capirne perché, magari aprendo una discussione seria sul tema formazione».
Il Masterplan punta a essere uno strumento di raccordo. Ma non replica i Programmi operativi 2014-2020 delle Regioni?
«L’idea di raccordo delle politiche per il Sud è partita dalla consapevolezza che per il periodo 2014-2020, come per i precedenti, si è scontato un certo ritardo iniziale: le Regioni e il governo tendono a perdere i primi due anni in confronti estenuanti. E poi 60 programmi regionali sono tanti, non è tollerabile. Ogni Regione frammenta il più possibile gli investimenti pubblici, perdendo così grandi occasioni: 25 anni fa, quando sono partiti i cicli di programmazione europea, il Sud aveva un ritardo più accettabile rispetto alla Germania Est, oggi invece ci sono regioni con un ritardo clamoroso rispetto a quell’area tedesca».
Qualche motivo dovrà pur esserci. Solo un problema di governance?
«Due fattori, e su entrambi governo e Regioni dovrebbero parlarsi. Primo: le Regioni hanno sostituito le risorse ordinarie raccolte dalla fiscalità territoriale con quelle europee».
È successo perché da Roma si sono ridotti i trasferimenti.
«Sì, ma se alzi le tasse locali per coprire la spesa corrente dovuta a disavanzi dovuti a inutili aziende regionali, consulenze o mancata ottimizzazione della spesa sanitaria... C’è sempre stata la tendenza a usare le risorse proprie per spese ordinarie, e i fondi Ue per investimenti pubblici».
L’altro problema?
«La frammentazione. Non è possibile vedere la bandiera europea su cantieri per campi di calcetto, piscine o palazzine: paghiamo già le tasse per quei servizi. Peraltro questo utilizzo dei fondi Ue vìola le regole base della convergenza economica: ogni euro da Bruxelles dovrebbe stimolare investimenti privati, non contribuire a realizzare impianti fognari. L’economia endogena nasce quando gli investimenti pubblici ne stimolano di privati: solo così aumenta il Pil».
La Puglia contesta innanzitutto il metodo del masterplan.
«Renzi ha tentato di cambiare il paradigma della programmazione. Non più frammentazione e un messaggio ai governatori: su una quota di risorse vostre o di competenza centrale diteci quali sono le priorità, le definiamo e spendete».
Non sono risorse aggiuntive, ma solo riallocate.
«E infatti non possono esserci risorse nuove, ma occorre spendere quello che c’è. Non facciamo demagogia sul tema risorse nuove, anche perché queste si programmano sul triennio e si sommano ai programmi regionali. È quanto fatto con la Legge di stabilità».
La Regione ha il suo strumento: il Programma operativo 2014-2020. Come si fa a ignorarlo?
«È iper frammentato. Le faccio un esempio: in Puglia abbiamo più centri di formazione che formati. Quella programmazione si può anche ridiscutere, alla luce di questo maggior coordinamento che porterà a una accelerazione nella spesa».
In Regione però s’accenna anche al classico “scippo di fondi”.
«Non è il caso di appassionarsi su chi gestisce gli appalti. Anzi: io abolirei l’appalto, e semplicemente prevederei un automatismo in base al quale chi ha diritto a quei fondi deve poterne godere, senza i filtri di politica e burocrazia, che dovrebbero concentrarsi su funzioni di indirizzo e regolazione».
Invitalia accentrerà tutto?
«Dipende dai progetti e magari da Regione a Regione. Ovviamente, se i maggiori investimenti riguardano strade o ferrovie, è chiaro che subentreranno anche altri soggetti. Ma è sempre necessario, come ora sarà, mettere tutto all’interno di una cornice organica e unica. Quello che è ritenuto “accentramento” è la reazione alla forte frammentazione».
Ma il governo ha una sua idea di Sud? Ed Emiliano cosa deve fare?
«È un’idea che deve essere figlia anche del tenersi per mano dei governatori. Con una aggravante: siamo tutti del Pd, dunque non possiamo più nasconderci. Emiliano dica eventualmente cosa farà, se non firma il Patto. E faccia capire quali sono i motivi del dissenso: vorrei saperlo per poter dare una mano. E mi auguro che Emiliano utilizzi le dinamiche della Regione solo per accelerare i progetti d’investimento in Puglia: se non si condivide qualcosa sotto l’aspetto politico, le sedi sono altre e sono nel Pd. Le istituzioni che serviamo non sono nella nostra disponibilità».
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