L'intervista/Emiliano: «Più controlli sulla movida e sui contatti dei positivi. Ripresa, ecco 750 milioni»

L'intervista/Emiliano: «Più controlli sulla movida e sui contatti dei positivi. Ripresa, ecco 750 milioni»
di Francesco G. GIOFFREDI
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Domenica 24 Maggio 2020, 17:08 - Ultimo aggiornamento: 18:09
Presidente Michele Emiliano, domani in Puglia c'è un nuovo scaglione di riaperture. Siamo pronti alla fase 2? Tanto le istituzioni, quanto i cittadini.
«Nelle aree della movida vedo troppa eccitazione e violazione delle regole. Non è possibile assembrarsi sostando in strada, è possibile solo per un numero contenuto di persone e per un tempo breve. Se i locali pensano di proiettare le proprie aree di consumo sulla strada, non possono. Dopo i primi giorni di assestamento, non escludo ulteriori misure, delegando ai sindaci l'interdizione delle strade dove si crea assembramento».
Più in generale, come arriviamo alla prova?
«Con senso di responsabilità. Siamo stati tutti molto attenti e dobbiamo continuare su questa strada. È come un incendio: può essere spento, ma se sposti un tizzone da una parte all'altra, divampa ancora. Il basso numero di contagi non vuol dire che sia stata ineluttabilmente sconfitta l'epidemia. Ma vedo enorme responsabilità: nelle fabbriche, negli uffici pubblici, in posti delicati come gli ospedali. Ci siamo potuti permettere di sospendere la quarantena generale, in Puglia, perché abbiamo rafforzato gli ospedali, i controlli, i Dipartimenti di prevenzione. Il 27 ci sarà una riunione con tutti i Dipartimenti delle Asl e le forze di polizia per aprire una collaborazione in materia di contact tracing, la strategia che ci permette di partire da un caso positivo per ricostruire i contatti stretti».
Il fronte economico è scottante, l'epidemia ha prostrato famiglie e imprese. Ma la manovra economica regionale da 450 milioni è ancora sulla carta.
«Metteremo a disposizione 750 milioni del Por 2014-2020, risorse non impegnate e da riprogrammare o con livello di sviluppo progettuale ancora non completo, grazie al meccanismo previsto dall'accordo con il Governo che ci consente di recuperare con delibera Cipe le risorse temporaneamente destinate alla manovra finanziaria. Il sistema tiene conto di tutti i livelli: fragilità assolute, partite Iva abbandonate e imprese. Nei prossimi giorni saranno pubblicati i bandi. Tra le altre cose, garantiremo 2mila euro a fondo perduto a 60mila autonomi titolari di partite Iva con redditi bassi».
La Puglia non ha dovuto fronteggiare un'ondata violenta di contagi. Ma su tamponi e contenimento dei decessi si poteva forse fare di più. Qual è la sua analisi della fase 1?
«Questa vicenda in tutto il Paese ha avuto una falsa partenza, con un evidente problema tecnico-scientifico. Quando il governo ha dichiarato lo stato di emergenza, determinando le ordinanze delle Regioni che ne sono le autorità attuative, s'è aperto un dibattito scientifico che per 10-15 giorni non ha dato messaggi univoci dal punto di vista epidemiologico. Noi e altre Regioni ci siamo mossi subito, per fortuna l'intuito ha prevalso sulle informazioni. E, dopo l'ordinanza per la quarantena obbligatoria e i 35mila pugliesi che si sono segnalati, abbiamo avviato un sistema che ha funzionato: 118, medici di famiglia, dpi recuperati grazie al ponte con la Cina, visto che lo Stato non è mai riuscito a rifornirci».
La percentuale dei decessi però appare un po' oltre soglia, stando agli indici.
«C'è stato un aumento di mortalità anche per casi non-Covid che corrisponde ad andamenti del tutto normali. Nessun paziente è morto a casa, è avvenuto solo in casi in cui il lasso di tempo tra positività e decesso è stato molto breve. Ma il tasso di mortalità è stato in linea con quello di altre regioni».
I veri focolai sono state le Rsa: problema strutturale sottovalutato e pochi controlli alla radice?
«Le nostre Rsa sono sorvegliatissime. Le prime misure risalgono al 9 marzo, poi dal 26 le misure diventano draconiane, vietando le visite e prevedendo i tamponi obbligatori per chi doveva essere dimesso. Abbiamo avuto episodi in meno di 15 strutture su 700, certo in alcune in modo drammatico: penso a Soleto, dove abbiamo sperimentato il commissariamento».
Finora la Puglia - spiegano alcuni istituti di ricerca - ha eseguito pochi tamponi, quantomeno in rapporto alla popolazione. Perché? Come intendete intensificare i test?
«I test non sono un setaccio, una strategia random. È come per le intercettazioni telefoniche: non si procede certo in ordine alfabetico, ma si mette sotto controllo chi è ritenuto in contatto col reato. Per i tamponi, c'è un nesso stretto col numero di contagiati. E noi rispetto al Veneto abbiamo fatto solo qualche tampone in meno, in tal senso».
Ma lei stesso ha spiegato che la Regione ha aumentato la potenza di fuoco: sarà presto possibile arrivare fino a 10mila tamponi al giorno. Il bollettino segnala circa 2mila test quotidiani: a chi saranno destinati allora gli altri 8mila? Sulla base di quale criterio?
«Guardi, ora come ora potremmo effettuarne anche 5mila al giorno, ma sarebbe uno spreco perché sarebbero a casaccio. Quella maggiore capacità verrà sfruttata nell'ambito della sicurezza dei luoghi di lavoro e della medicina del lavoro: vogliamo consentire alle aziende di monitorare con tamponi i propri dipendenti, oltre i limiti dettati dall'Iss, e di farlo a un prezzo ragionevole. Perché magari le regioni che hanno la capacità di garantire tamponi in gran numero possono essere più competitive di altre».
Ma i costi? Per l'utenza, e per la Regione.
«Per il macchinario abbiamo speso 800mila euro, e abbiamo prenotato reagenti per 500mila tamponi: un investimento complessivo di circa 8 milioni. Peraltro il prezzo del macchinario è ragionevole, perché la richiesta è tanta. In questo modo arriveremo a fare tra i 15mila e i 20mila tamponi al giorno, ovviamente mi auguro non a fini epidemiologici e diagnostici. Consentiremo anche ai privati di effettuarli, noi interverremo solo per calmierare lì dove necessario: abbiamo fissato il costo a 80 euro per non fare concorrenza sleale. Ma potremmo anche scendere ulteriormente».
I medici, anche dall'Università di Bari, hanno più volte invocato più tamponi. Almeno negli ospedali.
«Era un'istanza perlopiù istintiva, in una fase in cui gli ospedali erano un luogo pericoloso. Peraltro, un tampone dà una falsa sicurezza, che è pericolosa: la vera sicurezza arriva dai dpi e dalle distanze. Ci sono stati ospedali mai infettati o con episodi del tutto casuali, e altri dove si è verificato qualche pasticcio in più. Ma fa parte dell'inevitabile».
Ma perché le Usca non sono partite? Pochi medici a disposizione?
«Non avevamo i dpi, finché non abbiamo comprato le tute in Cina. Ma i medici di famiglia già effettuavano controlli telefonici e con i saturimetri. Ora, abbiamo tutto l'esercito schierato».
Le mascherine saranno fondamentali, per tutti. In Puglia già 70 aziende sono nelle condizioni di produrle, ma la Regione cosa farà per garantirle in numero adeguato ai pugliesi?
«Innanzitutto abbiamo aiutato quelle 70 aziende, con il Politecnico di Bari, a effettuare i test per avviare la produzione. Ora pubblicheremo un bando per l'acquisto pubblico e per distribuirle a un prezzo politico, i famosi 50 centesimi. Ciò non toglie che i privati possano acquistarle direttamente dai produttori. E garantiremo uno stock di mascherine gratuite per chi non può permettersele, ne abbiamo già distribuite 1,5 milioni».
Il protocollo regionale per la ripartenza è meno rigoroso rispetto non solo alle linee guida Inail, ma anche al manuale elaborato dalle Università pugliesi. Una bella responsabilità, ma assunta consapevolmente?
«Sono regole condivise con tutte le Regioni, diventate in questi mesi il vero governo di prossimità. Lavoriamo di concerto, si sono create relazioni di amicizia e personali al di là dei convincimenti politici. I rapporti che ho con Toti, Fedriga, Zaia, Fontana sono migliori rispetto a quelli di un tempo. E le dico: quando ho sentito quell'attacco violento (di Ricciardi del M5s, ndr) alla sanità lombarda, in una fase in cui alla politica non spetta l'invettiva ma la riflessione, ho pubblicamente sostenuto che non avrei mai detto cose del genere. Questo lavoro di unità nazionale tra governatori è stato il principale sostegno a Conte, e preziosissima è stata la figura del ministro Boccia, anche quando il premier si è trovato nella difficoltà di accettare le linee guida regionali, le uniche in grado di riaprire il Paese».
La mobilità tra regioni come dev'essere gestita, ed eventualmente limitata?
«Va gestita con molta prudenza. In alcune regioni il virus è presente e pericoloso, per questo gli spostamenti da quei territori vanno assoggettati a un regime particolare. In Puglia abbiamo isolato il virus in laboratorio: i nostri due ceppi sono identici a quelli lombardi, abbiamo perciò la prova della connessione tra le due epidemie».
Traducendo: resterà la quarantena per chi entra in Puglia?
«Cercheremo di capire se il prossimo Dpcm possa prevedere questa misura, per chi viene da regioni con indici epidemiologici fuori scala. Ma se dovessi verificare che da alcune regioni con dati pericolosi c'è un traffico ancora troppo elevato, non escludo di adottare ancora la quarantena».
Sarà un nuovo colpo al turismo.
«Sarebbe peggio il riaccendersi di un focolaio, però».
Perché insiste tanto con le elezioni a luglio? C'è chi ritiene che lei voglia andare subito all'incasso, sfruttando il momento.
«Solo a Roma non si può pensare che dal punto di vista del rischio epidemiologico sia la data più sicura. Se si ritiene di fermare elettoralmente qualcuno rinviando il voto, lo si sta facendo mettendo a rischio la salute delle persone».
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