L'ex ministro Claudio Martelli ricorda l'incontro con Berlusconi: «Quella cena con Bettino cambiò tutto»

L'ex ministro Claudio Martelli ricorda l'incontro con Berlusconi: «Quella cena con Bettino cambiò tutto»
di Paola ANCORA
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Giovedì 15 Giugno 2023, 07:41 - Ultimo aggiornamento: 07:42


Ministro della Giustizia con i due Governi Andreotti a cavallo fra i ruggenti Anni Ottanta e l'inizio turbolento dei Novanta, poi deputato, europarlamentare, Claudio Martelli è stato testimone di una delle stagioni più complesse del Paese. Braccio destro di Bettino Craxi, conobbe Silvio Berlusconi quando questi era ancora un imprenditore, dai mille interessi e obiettivi, non tutti ancora realizzati. Ieri sera è stato a Scorrano, in Salento, per la presentazione del suo libro "Vita e persecuzione di Giovanni Falcone".


Martelli ci racconti, quando incontrò Berlusconi per la prima volta?
«Fra la fine degli anni Settanta e gli inizi degli anni Ottanta.

Sotto casa di Bettino Craxi a Milano c'era un ristorante. E una sera Bettino mi invitò a cena dicendomi che mi avrebbe presentato un amico. Era Berlusconi, a quei tempi impegnato nella costruzione di Milano 2 e ai suoi primissimi passi nelle tv private. Ebbi l'impressione di un uomo molto attivo e molto meticoloso nelle cose che diceva e che faceva, animato da una grande voglia di fare. Mi colpì davvero. Parlammo soprattutto di televisione perché io l'anno precedente avevo sollevato il problema del monopolio pubblico delle reti televisive. Lui era rimasto impressionato da quel mio intervento ed è così nato un rapporto di stima fra noi. Mi venne a trovare alla direzione del Partito socialista e ricordo che si sedette e cominciò a dare consigli su tutto».


Per esempio?
«Disse che avevamo luci troppo soffuse e non avrei potuto lavorare con quella penombra. Riteneva necessario che mi procurassi una lampada più moderna e prese un appunto per farmene avere una. Berlusconi era così. Cercava di conquistare gli altri con la gentilezza e l'attenzione, che ritengo fossero le chiavi del segreto del suo successo, del fascino che esercitava sulle persone. Non era privo di qualche difetto, come tutti del resto, ma non aveva mai atteggiamenti disumani, villani o sgradevoli. Aveva i suoi interessi e li tutelava con le unghie e con i denti. All'epoca si rivolgeva al Partito socialista perché i democristiani erano i padroni della Rai e non volevano sentir parlare di emittenti private. Come del resto nemmeno i comunisti».


A proposito di Dc. Rocco Buttiglione ha paragonato Berlusconi ad Aldo Moro, ritenendo che entrambi avessero una profonda spinta riformatrice. Condivide questa analisi?
«Ma Moro non è stato di certo un uomo del fare. Quando fu presidente del Consiglio era impegnato più a frenare che non a incalzare e non è estraneo a questo suo atteggiamento anche l'esaurimento dell'alleanza fra socialisti e democristiani. Lo trovo un paragone fuori luogo. Sono state due persone e due politici diversissimi per cultura, valori e carattere».


Trova invece che ci fossero dei punti di contatto fra Craxi e Berlusconi?
«Sicuramente sì. Erano innanzitutto due sinceri anticomunisti. E già questo basterebbe a escludere dal paragone un uomo come Moro che anticomunista non lo era. Craxi e Berlusconi erano uniti anche da una prepotente vitalità. Amavano la vita in tutte le sue possibilità ed espressioni e in questo loro fare erano entrambi abbastanza incuranti rispetto agli eccessi di manovre, al politicismo, alle formule e formulette. Erano persone che andavano dritto al sodo».


Oggi il Governo approverà la riforma della Giustizia. «Un omaggio» al Cavaliere si è detto in questi giorni. Cosa resta delle battaglie di Berlusconi in tema giudiziario?
«Resta un'onda lunga che, però, non è nata con lui. La lotta per la responsabilità civile dei giudici è cominciata con noi socialisti e con i radicali nel 1986. All'epoca io fui primo firmatario del referendum che vincemmo con oltre l'80% dei voti. Si tratta quindi di una battaglia che ha alle spalle quasi 40 anni di iniziative e che Berlusconi ha fatto propria, con qualche sospetto di interesse personale. Ma sa com'è, gli si perdonava molto o quasi tutto per via della sua intelligenza, bonomia e gentilezza».
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