Gli studenti e l'incertezza sulle lezioni: «Sì, è imprudente rischiare. Ma così non è vera scuola»

Gli studenti e l'incertezza sulle lezioni: «Sì, è imprudente rischiare. Ma così non è vera scuola»
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Lunedì 4 Gennaio 2021, 18:33 - Ultimo aggiornamento: 19:22

In presenza o a distanza? Questo è il dilemma. Gli studenti pugliesi si dividono, tra chi preferisce attendere una pur minima flessione della curva pandemica prima di rimettere piede in classe e chi, invece, vorrebbe tornare per stare insieme ai compagni e anche per imparare meglio. Perché, che la didattica a distanza non sia vera scuola, è il commento pressoché unanime di tutti gli intervistati da Lecce a Brindisi, passando per Taranto. Ma la paura del contagio c'è e il dito è puntato principalmente contro gli autobus strapieni, che a settembre non hanno permesso il richiesto distanziamento né a bordo, né alle fermate.

Eppure, le videolezioni sono ancora un ostacolo per molti studenti: non tutte le famiglie dispongono di un pc per ciascun figlio o di una connessione stabile. E il peso di tutta questa situazione, alla fine, la pagano i ragazzi, proprio loro che avrebbero diritto a emanciparsi attraverso la scuola da ogni differenza socio-economica. L'ascensore sociale per eccellenza, l'istruzione, si è bloccato tra un piano e l'altro, perché non è alimentato da una connessione internet. E sì che è vero che molti istituti hanno distribuito pc, tablet e schede sim ai propri alunni, ma non basta. Perché manca il rapporto diretto col prof, quello che ti fa entrare in testa, e nel cuore, la curva di Gauss, la terza declinazione, la Seconda guerra mondiale.

E così, il paradosso per Enrico Bove, referente dell'Unione degli studenti di Lecce, è il dover dichiarare come rappresentante studentesco che è meglio per ora fare la dad, ma, da quindicenne liceale al Classico, che preferirebbe tornare in classe, perché per lui seguire le lezioni a distanza è una tortura: abita in campagna e la connessione va e viene. Se l'anno scorso prendeva 8 e 9 in latino e greco, quest'anno si è fermato a 6 e 7. «Mia madre è diplomata in ragioneria e mio padre è parrucchiere, perciò non possono aiutarmi, come accade ai miei compagni di classe con i loro genitori. In vita mia, non ho mai fatto lezioni private e anche se adesso ne avrei bisogno, non è comunque possibile. Per ora tirerò avanti come posso, ma spero che questa situazione finisca presto: se dopo il 15 gennaio la curva pandemica scenderà e i trasporti saranno stati potenziati, si potrebbe tornare in classe. Certo, è altamente imprudente rischiare adesso, dobbiamo capire cosa emerge dal tasso di contagi derivanti dai comportamenti durante le vacanze e se ci sarà le terza ondata», conclude Enrico.
A tutta dad anche per il presidente provinciale di Lecce di Azione studentesca, Andrea Gaetani: «Non ci sono le condizioni per un rientro in sicurezza e in presenza. Peccato che la Regione sembra aver fatto molto poco: c'è stata tutta l'estate per rimodulare i trasporti, ma la ripartenza a settembre è stata disastrosa. E che peccato istituire i doppi turni che stravolgono la vita degli studenti: si sarebbero potuti coinvolgere i privati, per aumentare le corse disponibili. Si legifera per emergenza, ma ormai noi sappiamo di cosa si tratta: perché non si garantiscono test rapidi e termoscanner? Siamo davvero arrabbiati».

«Sono molto combattuto, mi piacerebbe tornare a frequentare le lezioni in presenza afferma Antonio Campana, alunno dell'Istituto tecnico Carnaro di Brindisi vivo a Mesagne e per raggiungere la scuola dovrei prendere il pullman, che puntualmente è sempre pieno». «A scuola non tornerò almeno fino a quando l'emergenza non sarà passata aggiunge Marco Barletta, studente dell'istituto alberghiero Pertini .

Non si può stare in classe con la mascherina per tante ore, non si riesce a respirare».

La scuola per i ragazzi è un luogo sicuro. Il problema sono gli ingressi e le uscite e i mezzi di trasporto. Autobus affollati, assembramenti, tempi di attesa lunghi e impossibilità di mantenere il distanziamento sociale. Il trasporto pubblico versa nella stessa situazione critica precedente al lockdown, con la differenza che ora è in corso una pandemia globale. «Sono anni che viaggiamo stipati come sardine a bordo di autobus fatiscenti sostiene Francesca Saponaro, studentessa dell'istituto per i servizi sociali Morvillo-Falcone e non è certo colpa delle scuole. Voglio tornare tra i banchi e riprendere le mie abitudini, stare a contatto con i compagni e i professori. La dad è solo un ripiego, non chiamatela scuola». Arcangelo Cellie, rappresentante d'istituto dell'istituto tecnico e delle scienze applicate Majorana, parla dopo aver ascoltato la compagine studentesca. «Il 90% degli alunni che frequentano il nostro istituto spiega preferisce rimanere in dad per i prossimi quindici giorni. Siamo a conoscenza dei tavoli tecnici che ci sono stati nel periodo precedente alle vacanze con le società di trasporto pubblico, ma ancora non ci è ben chiaro come saranno gestite le corse per evitare assembramenti a bordo. Nell'incertezza generale è meglio aspettare, in virtù del fatto che nel capoluogo si registra una nuova impennata dei contagi».

«Non si possono usare i ragazzi come banco di prova» commenta Nicola Coppola, presidente dell'associazione studentesca Collettivo 080, che fa capo agli studenti medi di Martina Franca, una tra le più grandi in provincia. Coppola rimprovera alla Regione una mancanza di assunzione di responsabilità: «Non si può scaricare tutto sui presidi. Sarei curioso di sapere quanto tempo serve ancora per comprendere se le classi sono o meno luoghi davvero sicuri e nessuno sembra volersi assumere la responsabilità di dirlo ufficialmente. È solo una questione di responsabilità e di chi ha intenzione di prendersela. Lasciare la palla ai presidi, che devono decidere scuola per scuola, come è avvenuto a settembre, non va bene. La Regione si assuma una responsabilità politica». Di diverso parere Vito Angiulli, responsabile provinciale dell'associazione Sbam e coordinatore della consulta studentesca provinciale e coordinatore regionale: «Sappiamo per certo che la data di possibile ritorno in presenza è slittata al 15 gennaio, è una decisione di ieri dell'Ufficio scolastico regionale (ndr, sabato). Non sono pronti nemmeno i trasporti. È giusto che la Regione lasci la libertà di scelta alle famiglie. Personalmente sono per il ritorno a scuola, anche perché stare in classe non è solo apprendimento ma anche socialità, come ho detto alla ministra Azzolina. Spero che il Governo non faccia pressing sulla Regione per l'apertura in presenza. È un paradosso aprire le scuole e non permettere alle attività di ripartire. Come si fa a stare in classe e non prendere nemmeno un caffè al bar?».

(Serena Costa, Maria Chiara Criscuolo, Massimiliano Martucci)
 

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