“Effetto Autonomia” sui trasporti. «Divari profondi da recuperare»

“Effetto Autonomia” sui trasporti. «Divari profondi da recuperare»
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Sabato 27 Gennaio 2024, 05:00

Con l’autonomia differenziata che nei giorni scorsi ha incassato il via libera al Senato e potrebbe diventare legge, dopo l’approvazione della Camera, tra meno di due mesi, crescono nelle regioni del Sud i timori che il gap con in Nord, già ampio in alcuni settori, possa ulteriormente allargarsi. Dubbi e perplessità sono particolarmente forti in materia di infrastrutture e trasporti, perché su questo fronte la distanza in termini di capillarità e qualità dei servizi è già abbondantemente ampia. Qualche esempio: per quel che riguarda la rete ferroviaria, al Sud quella non elettrificata è ancora al 43% (mentre è al 23-24% al Nord), quella a binario semplice è pari al 70% (contro il 52% del Nord e il 45% del Centro) e le linee ad Alta Velocità sono solo il 3% del totale.

Cosa cambia


Nella nuova cornice normativa, le Regioni potranno chiedere di gestire autonomamente una, più o tutte le 23 materie, tra cui settori vitali come scuola, sanità e trasporti. E una volta che Lombardia, Emilia Romagna e Veneto - le tre regioni più ricche d’Italia, ma anche quelle già pronte allo switch in base a pre-accordi che risalgono al 2018 - reclameranno le loro entrate fiscali legate all’erogazione di questi servizi, va da sé che lo Stato avrà maggiori difficoltà a reperire le risorse necessarie per colmare i divari esistenti tra le regioni. Secondo un calcolo effettuato dallo Svimez, la perdita sarebbe pari a 9 miliardi di euro tra Irpef e Iva che sarebbero sottratte dalle sole tre regioni del Nord: il 30% del gettito nazionale. Naturale che questa prospettiva faccia tremare le ginocchia a sindaci e assessori degli enti locali del Sud, che ogni giorno si trovano a dover fare i conti tra bilanci, fondi sempre carenti e necessità di assicurare ai cittadini servizi sempre più al passo i tempi e con le legittime aspettative.
Non tutto è chiaro, a partire da quando effettivamente la riforma entrerà in vigore.

E molto ruota attorno ai Lep, i livelli minimi dei servizi che devono essere garantiti in modo uniforme sull’intero territorio nazionale e che il Governo si impegna a finanziare. Ma come e con quali soldi? Secondo il ministro Roberto Calderoli, di cui il disegno di legge porta il nome, la riforma sarà gratuita - a “costo zero”, come si legge nel testo - ma così non sarà se le regioni, mantenendo il proprio gettito fiscale, andranno a inficiare le entrare dello Stato.

Gli amministratori locali


Proprio su questo ragiona il sindaco di Monopoli, Angelo Annese, eletto a capo di una lista civica di centrodestra: «Si tratta di capire quando entrerà in vigore la nuova norma e come funzionerà. Come in tutte le cose nuove - spiega - i timori ci sono, inutile negarlo. Sarà uno svantaggio per il Sud a meno che non ci diano la possibilità di partire tutti alla pari. Se le regole e le possibilità di partenza saranno uguali per tutti anche grazie ai Lep, sono certo che la mia città e la Puglia intera sapranno giocarsi le loro opportunità nel migliore dei modi».
Da Lecce, anche l’assessore alla Mobilità sostenibile, Marco De Matteis, si dice attendista perché ancora troppo poco si conosce non tanto della ratio della riforma, quanto dei modi per renderla concretamente operativa. A partire dai Lep. «Il sistema del trasporto pubblico locale - dice De Matteis - è già fortemente orientato a una governance territoriale, attraverso le regioni e gli enti locali. Da questo punto di vista l’incognita oggi riguarda i criteri di determinazione dei Lep in questo specifico settore. Sarà da lì che comprenderemo se e quanta differenza con il passato ci sarà rispetto alla dotazione finanziaria attuale, che è determinata con il criterio della spesa storica. Io mi auguro che si comprenda fino in fondo che quando si parla di trasporto pubblico locale si parla di un diritto, quello alla mobilità, che lo Stato deve garantire in maniera omogenea su tutto il territorio nazionale. È una questione di equità e di uguaglianza tra i cittadini oltre che di riduzione dei divari».

Le critiche


Intanto, sul ddl piovono critiche: «Il risultato di questa riforma ci consegnerebbe un’Italia a due velocità, dove nelle regioni del Nord si potenzieranno servizi e prestazioni, aumentando le diseguaglianze nell'offerta dei servizi con le regioni del Sud. Un danno per i cittadini, soprattutto per quelli del Mezzogiorno. Insomma, per Italia Viva - dice Massimiliano Stellato, consigliere regionale e presidente pugliese di Italia Viva - la secessione mascherata della riforma è un “attacco” alla Costituzione. Dal Pd, Adalisa Campanelli, componente del direttivo nazionale, se la prende con Ventola, che ha attribuito a Massimo D’Alema la colpa di aver avviato il progetto di autonomia differenziata. «Sono i cittadini pugliesi i primi ad essere stati traditi da chi oggi, deputati e senatori di maggioranza eletti in Puglia e al Sud, sta svendendo la propria terra a favore degli interessi del Nord. Questa scellerata riforma che dividerà il Paese, metterà in gioco diritti fondamentali e aumenterà le disuguaglianze e i divari». Infine per Anna Grazia Maraschio, assessore regionale all’Ambiente, la riforma avrà gravi conseguenze proprio sulle risorse naturali che «non hanno confini amministrativi e non possono avere norme e gestioni diverse, anzi dovrebbero essere tutelati in modo omogeneo e coerente su tutto il territorio nazionale. Faremo tutto ciò che è in nostro potere per fermare questa misura».

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