Buon anno. Ma lo sarà solo se daremo risposte globali a problemi complessi come la pandemia

di Stefano de FALCO
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Mercoledì 29 Dicembre 2021, 05:00

Ci sono alcuni momenti che sebbene convenzionali risultano carichi di significato emotivo collettivo. Uno di questi è sicuramente il passaggio da un anno che si conclude a quello che inizia. A nulla serve ricordare che si tratta di una transizione legata a un codice di numerazione convenzionale, perché in fondo anche nei più razionali si annida il bisogno della ricerca di qualcosa di nuovo che avvenga in un preciso momento. Questa esigenza da due anni non riesce ad essere soddisfatta e nonostante tutte le armi che la scienza ha messo prodigiosamente in campo, siamo ancora emotivamente nel guado da attraversare. Sembra quasi prendere forma in modo più o meno consapevole l’idea di base giansenista che sia un destino scritto dal quale è difficile sottrarsi quello a cui siamo andati incontro. Un tema che questa pandemia ha attualizzato, ma in realtà da sempre presente. La annosa disputa tra caso e necessità, come recita il titolo dell’opera di Jacques Monod, premio Nobel per la medicina.

Le malattie trasmissibili

Eppure, come spesso evidenziato in questo periodo quasi a modi conforto, si sono susseguite diverse pandemie negli ultimi 100 anni. Un breve ma inesauribile elenco di focolai di malattie trasmissibili include la grande peste, la peste di Giustiniano, la peste nera, l’influenza spagnola, l’Hiv/Aids, la Sars e l’Ebola. La potenza di ciascuno di questi focolai è stata diversa dagli altri. Di conseguenza, le loro implicazioni economiche hanno avuto tratti differenti. Ad esempio, l’epidemia di Ebola del 2013-2016 ha creato un impatto socio-economico per un importo di 53 miliardi di dollari in tutta l’Africa occidentale, ha fatto crollare il Pil della Sierra Leone nel 2015 del 20% e quello della Liberia dell’8% tra il 2013 e il 2014, nonostante il calo dei tassi di mortalità nello stesso arco di tempo.

La pandemia globale

Il mondo in cui viviamo ora differisce però significativamente da quelli dei periodi precedenti. Diversi fattori differenziano l’attuale crisi socio-economica del Covid-19 dalle precedenti, il che significa che sono impossibili confronti diretti e semplici con le passate pandemie globali. Alcuni dei fattori di differenziazione includono il fatto che Covid-19 è una pandemia globale e sta creando effetti a catena su tutte le catene di approvvigionamento dato che il mondo è diventato molto più integrato a causa della globalizzazione e dei progressi tecnologici. Inoltre, il mondo ha assistito a progressi nella scienza, nella medicina e nell’ingegneria. Il modesto numero di viaggiatori aerei durante le passate pandemie ha ritardato la diffusione globale del virus, a differenza del periodo attuale in cui i viaggi globali sono aumentati enormemente. Dal punto di vista dell’impatto economico, i tassi di interesse sono ai minimi storici e si ravvisa un grande squilibrio tra domanda e offerta di materie prime. Altro elemento, ancora più importante di quelli sottolineati, è che molti dei paesi duramente colpiti dall’attuale pandemia non sono esclusivamente i soliti paesi a reddito medio-basso, ma quelli al vertice della piramide della produzione e delle catene di approvvigionamento globali. È istruttivo, infatti, notare che i paesi che rappresentano il 65% della produzione e delle esportazioni globali (cioè Cina, Stati Uniti, Corea, Giappone, Francia, Italia e Regno Unito) siano stati tra i più colpiti dal Covid-19.
Quale sarà dunque l’anno che verrà? E soprattutto quale sarà il mondo che verrà? 

La scala di azione mondiale

I dati rimangono in movimento, le politiche governative oscillano e il virus killer filtra attraverso le nazioni, influenzando la produzione, interrompendo le catene di approvvigionamento e sconvolgendo i mercati finanziari. Le evidenze indicano che siamo, quindi, in un momento più consequenziale della storia in cui un ripensamento dei percorsi sostenibili per il pianeta è diventato pertinente. La scala geografica delle nostre azioni ormai deve essere, nel rispetto dell’identità locale, quella mondiale senza distinzioni tra paesi con stadi di sviluppo differente. Solo a quel livello sarà possibile risolvere problemi complessi. Occorre necessariamente pensare a un modello economico industriale che soddisfi i molteplici ruoli di disaccoppiamento della crescita economica dal consumo di risorse, dalla gestione dei rifiuti e dalla creazione di ricchezza. Quando ciò avverrà potremo finalmente dire buon anno nuovo!
 

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