Raid al cimitero, parla la madre del 18enne: «Chiedo perdono alla città»

Gabriel Banceanu e la mamma
Gabriel Banceanu e la mamma
di Marina Lucchin
4 Minuti di Lettura
Giovedì 8 Aprile 2021, 09:43 - Ultimo aggiornamento: 16:48

PADOVA - «Mio figlio è maggiorenne, se è davvero colpevole, si troverà un lavoro e ripagherà a vita per i danni che ha fatto». È duro e fermo nelle sue posizioni il papà di Gabriel Banceanu, il diciottenne indagato dalla Squadra mobile perché accusato di essere il responsabile, assieme a tre amici minorenni, del raid vandalico al cimitero di Sant'Antonino nella notte tra venerdì e sabato Santo. Mamma Gela assicura di essersi arrabbiata con lui e di non poter far altro che «chiedere perdono alla città se è davvero responsabile», ma il padre, rincara la dose: «A chiedere scusa ci penserà lui, è maggiorenne e si deve prendere le sue responsabilità».
I genitori del ragazzo speravano che le sue turbolente bravate giovanili fossero finite anni fa, quando venne condannato dal tribunale dei minori di Venezia. Non è la prima volta, infatti, che quel loro figliolo la combinava grossa. Tanto che sta ancora scontando ore di lavori socialmente utili proprio in un patronato del quartiere. Era il 2018 quando il ragazzo, all'epoca sedicenne, venne sorpreso dai carabinieri mentre lanciava pietre dal cavalcavia di via Maroncelli sperando di centrare le auto di passaggio assieme ad altri due amici. «Una cosa da ragazzini, è stato condannato perché era con gli altri. Ora sta scontando la sua pena in prova ai servizi sociali. Ma io mi fido di lui». 
«Ho i ricordi confusi, gliel'ho detto ai poliziotti, non pensavo...» ma poi non riesce a dire altro il 18enne, che la sua versione l'ha raccontata agli investigatori della Squadra mobile quando lunedì di Pasquetta hanno suonato al campanello di casa per portarlo in questura e interrogarlo: «Abbiamo cenato assieme, abbiamo bevuto, poi non volevamo stare più in casa e siamo usciti. Quella sera non pensavamo di aver fatto una cosa grave, ci siamo resi conto il giorno dopo vedendo gli articoli sui social». 
LE INDAGINI

I danni ammontano a quasi 200mila euro. E il movente è la noia. I quattro giovani - il 18enne romeno, due 17enni nati in Italia da genitori dell'Est Europa, e un 16enne italiano - erano già volti noti alle forze dell'ordine. Oltre al 18enne, già condannato per l'episodio dei sassi dal cavalcavia, pure gli altri tre erano già stati controllati perchè appartenenti alle compagnie turbolente che si ritrovano in Prato della Valle e poi si spostano nelle piazze e in Duomo. Anche loro in passato si erano macchiati già di atti vandalici, anche se decisamente meno gravi di quello avvenuto al cimitero o quello dei sassi dal ponte. 
Prima i quattro si sono ritrovati nella casa di uno dei minorenni, poi dopo aver alzato un po' il gomito se ne sono andati al parco Milkovich. Da lì la follia del raid al cimitero, passando per i campi del patronato dell'Unione sporti va Arcella. 
Che il diciottenne fosse lì quella sera lo confermano le impronte digitali: sono state ritrovate dalla scientifica sia ai campetti che nel cimitero. Ed essendo finito già nei guai, le sue impronte erano già nel data base degli investigatori della Squadra Mobile che presto hanno fatto a trovarlo. Lunedì mattina si sono presentati a casa sua e lo hanno portato in questura. Qui, sotto torchio, il ragazzo ha ammesso le sue responsabilità.
I GENITORI

A mamma e papà, però, ha raccontato ben altro. Lo spiega il padre, che ancora deve leggere «le carte in cui lo denunciano». Scuote la testa e ricorda: «La sera prima mi aveva detto che andava dalla fidanzata. E me l'ha ripetuto anche quando è tornato dalla questura dopo che erano venuti a prelevarlo a casa. Non posso verificare quello che ha combinato. Vedrò dalle indagini cosa emergerà. Voglio vedere le carte che ora non ho. Voglio capire davvero cosa è successo e le prove di quel che ha fatto mio figlio». 
Il papà di Ionut ribadisce la sua fiducia: «L'ho anche lasciato a casa da solo due settimane mentre io ero al funerale di mio padre in Romania. L'avrei fatto se non avessi fiducia in lui? Ha studiato fino alla prima superiore, poi aveva trovato un lavoro come porta pizze ma con questo virus non l'hanno più chiamato. Però è maggiorenne, se ha combinato qualcosa io non pago per lui: va a lavorare (e lo dice mimando il gesto di un agricoltore che zappa, ndr) e ripaga per tutta la vita lui». 
Ma non c'è indulgenza: «Gli hanno anche sequestrato il telefonino - racconta - e io non glielo ricompro. Si deve arrangiare». 
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA